Natale nel mondo: Tradizioni, riti e specialità gastronomiche – seconda parte

(di Gabriella Notarbartolo)

In Messico la settimana di Natale viene celebrata in tutto il Paese con le “posadas”, a ricordo del pellegrinaggio di Giuseppe e Maria in cerca di un posto dove far nascere il bambino. Ad accompagnare questa processione ci sono anche numerosi bambini che bussano di porta in porta per cercare un riparo per Giuseppe e Maria. Alla fine di questa processione vengono organizzati grandi pranzi durante i quali si rompono le “pentolacce” o pinata, fatte di cartapesta e contenenti frutta, canditi e dolci.
Il Natale in Argentina è molto simile a quello italiano. L’ unica differenza e’ che in Argentina a dicembre e’ piena estate. Il giorno più importante e’ il 24 dicembre: la sera le famiglie si riuniscono per mangiare l’asado (carne alla brace). Poi si brinda con panettone e spumante. Naturalmente nelle case si addobba l’albero di Natale, un albero di plastica, perche’ quello vero si seccherebbe subito. Fino a pochi anni fa i regali li portavano i Re Magi a gennaio e i bambini lasciavano fuori della porta una scarpa e un po’ d’acqua e dell’erba per i cammelli. Negli ultimi anni e’ arrivata anche lì la tradizione di scambiare i regali a Natale.
In Canada si usa decorare la casa con addobbi natalizi come corone d’alloro, luci colorate e con l’albero di natale. La settimana prima di natale si scrive la lettera a Santa Claus per dirgli quali regali si desiderano ricevere. I bambini appendono anche delle calze in modo che Babbo Natale le possa riempire con caramelle e cioccolatini. In alcuni paesi esiste ancora la tradizione per i bambini di andare a cantare di casa in casa le canzoni natalizie. Come compenso ricevono qualche moneta, o dei dolcetti o qualcosa di caldo da bere. Il pranzo natalizio tradizionale consiste nel tacchino ripieno con contorno di patate e salsa di mirtilli. In alcune famiglie invece del tacchino si usa cucinare l’anatra arrosto.
In Gran Bretagna Natale per i bambini comincia gia’ a novembre quando iniziano a scrivere la lista dei regali che vogliono ricevere e i negozi addobbano le vetrine con temi natalizi. Da dicembre si iniziano ad aprire le caselle del calendario dell’avvento e due settimane prima di natale si iniziano a decorare la casa e l’albero. La sera della vigilia, i bambini appendono delle calze per Father Christmas e per ringraziarlo dei regali gli lasciano un bicchiere di latte e un dolce (mince pie) e per la renna Rudolph lasciano anche una carota. Il giorno di Natale vengono scartati i regali che ha lasciato Babbo Natale dentro un sacco sotto l’albero. Il giorno di Natale le famiglie si riuniscono per mangiare il tacchino ripieno accompagnato da mirtilli; per dolce viene preparato il famoso Christmas Pudding o Christmas Cake. Alle 3 del pomeriggio in televisione c’e’ sempre il discorso della Regina.
Uno dei segni che contraddistinguono il Natale è stato, ed è, il pane: nel Medio Evo si preparava, in Europa, un pane a forma tonda, per ricordare il sole, con al centro una croce che richiamava, insieme, la Cristianità e le quattro stagioni dell’anno, in Inghilterra si prepara una torta speciale, con pasta intrisa di spezie per ricordare i doni dei Re Magi.
In Italia panettone e pandoro, insieme al torrone, sono i  dolci della nostra tradizione natalizia. L’origine del panettone è lombarda, anzi milanese. Sembra che esistesse già nel ‘200, come un primo pane arricchito di lievito, miele, uva secca e zuccaCi sono varie leggende legate all’alchimia del panettone. Una prima ambientata a fine ‘400, narra di Ughetto figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, che si innamorò della bella e giovane Adalgisa. Per star vicino alla sua amata egli s’improvvisò pasticcere come il padre di lei, tal Toni, creando un pane ricco, aggiungendo alla farina e al lievito, burro, uova, zucchero, cedro e aranci canditi.
Erano i tempi di Ludovico il Moro, e la moglie duchessa Beatrice vista questa grande passione del giovane, aiutata dei padri Domenicani e da Leonardo da Vinci, si impegnò a convincere Giacometto degli Atellani a far sposare il figlio con la popolana. Il dolce frutto di tale amore divenne un successo senza precedenti, e la gente venne da ogni contrada per comprare e gustare il “Pan del Ton”.
Narra una seconda leggenda che per la vigilia di Natale, alla corte del duca Ludovico, era stata predisposta la preparazione di un dolce particolare. Purtroppo durante la cottura questo pane a cupola contenente acini d’uva si bruciò, gettando il cuoco nella disperazione. Fra imprecazioni e urla, si levò la voce di uno sguattero, che si chiamava Toni, il quale consigliò di servire lo stesso il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Quando la ricetta inconsueta venne presentata agli invitati fu accolta da fragorosi applausi, e dopo l’assaggio un coro di lodi si levò da tutta la tavolata, era nato il Pan del Ton.
Il pandoro è una golosità tipica veronese, delicata, soffice, “cresciuta”, che ha trovato un posto d’onore nelle tavole natalizie italiane. La sua storia è ricca di aneddoti e leggende. L’attuale versione del pandoro risale all’ottocento come evoluzione del “nadalin”, il duecentesco dolce della città di Verona. Il suo nome e alcune delle sue peculiarità risalirebbero invece ai tempi della Repubblica Veneziana (prospera nel Rinascimento fino all’esibizionismo grazie al commercio marittimo con l’oriente), dove sembra fra l’offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d’oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato “pan de oro”. Un’altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della corte dei Dogi.

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