Fra lo splendore dei marmi mischi davanti un altare settecentesco un duo d’eccezione

(Carmelo Fucarino)


Sabato 30 gennaio su iniziativa dei Lions Club Palermo dei Vespri e Carini, Aldo de Vero e Giuseppe Campisi hanno eseguito con molta perizia tecnica e passione un concerto per pianoforte a quattro mani nel nuovo auditorium annesso alla Chiesa di S. Mamiliano. Non si poteva trovare scenografia migliore del dorato altare ligneo settecentesco per rappresentare  questa piccola storia del genere pianistico che a partire dal gioco di Francis Poulenc e dai quadri impressionistici di Gabriel Fauré, esplodeva nella più classica sonata del seienne W. A. Mozart, che stupiva le corti assieme all’undicenne Nannerl, per tornare ai quadri di Antonín Leopold Dvořák, il musicista del “Nuovo mondo”, e concludere con l’originale e travolgente variazione per pianoforte dalla Italiana in Algeri di Gioacchino Rossini.

La Chiesa, di impianto del XIV sec., fu costruita tra il 1583 e il 1603 su progetto di Giuseppe Giacalone. Era un momento di grande splendore palermitano e della colonizzazione da parte delle città marinare. I mercanti genovesi si erano costruiti vicino al porto il bel S. Giorgio, i pisani eressero la loro chiesa e la dedicarono  a S. Cita di Lucca (fiorentino di Zita, dal persiano “vergine”). Il prospetto fu ultimato solo nel 1781. Il grandioso scrigno di tesori, sopravvissuto a tutti i cataclismi e le guerre per tanti secoli, fu vittima innocente delle bombe alleate, che risparmiarono solo il transetto e parte dell’abside. Ricostruita ad una navata, eliminando le irrecuperabili navate laterali, è stata riaperta al culto nel 1952. Per volontà del cardinale Ruffini fu dedicata a Mamiliano, vescovo di Palermo al tempo del vandalo Genserico (V sec.), che battezzò S. Ninfa e una cui reliquia nella Cappella delle reliquie della Cattedrale di Palermo fu trasferita per volere del papa Alessandro VII nel 1666.
In corrispondenza del sopravvissuto transetto si aprono le cappelle nobiliari, una con la bianchissima tribuna marmorea di Antonello Gagini (1517), altra meraviglia il gruppo della Flagellazione di Gioacchino Vitagliano (1696-1722). Ma il vero gioiello è la cappella di Maria SS. del Rosario (1696-1722) accanto al presbiterio con l’abbagliante decorazione a marmi mischi. È ricoperta di pannelli in marmo ad intaglio con i dieci misteri del rosario, Gaudiosi e Dolorosi, scolpiti da Gioacchino Vitagliano forse su modelli di Serpotta. Coprono la volta i Misteri Gloriosi dipinti da Piero dell’Aquila nel 1692 e chiusi da una cornice di stucco. Bellissimo il paliotto dell’altare, con incrostazioni di pietre semipreziose. Grande effetto decorativo dà l’arco d’ingresso, mentre di rilievo storico sono le lapidi finemente elaborate del pavimento.
Ma abbaglia e commuove la bellezza sconvolgente del gruppo della Pietà, in evidente rapporto compositivo con quella di Michelangelo, la Vergine giovane che regge il Cristo sulle ginocchia. Scomparsa per interramento dell’intera cripta e recentemente portata alla luce, è attribuita a Giorgio da Milano (H.W. Kruft) per le somiglianze con quella della chiesa di Santa Maria di Gesù a Termini Imerese. Era posta sull’altare della cripta della Cappella Lanza e perciò la nuova  collocazione nella chiesa per lo sradicamento dall’originario contesto storico suscita dubbi anche allo stesso don Giuseppe Bucaro, che, da novembre parroco del complesso (assieme a S. Giorgio e agli oratori di S. Cita e Domenico), sta lodevolmente rimodulando le attività delle strutture ecclesiali e riorganizzando la fruibilità di questi tesori unici dell’arte siciliana.
“S’ha memoria della cappella intitolata a questa SS. Immagine nell’antica Chiesa fin dà 16 d’Ottobre del 1506, nel testamento di Blasco Lancia, Giureconsulto catanese, rogato da Notar Matteo Fallera; avendo legato oncie sei per lo ius patronato di essa: e fu poi trasferita nella nuova Chiesa la cappella col suo sepolcro […]. Innanzi la Cappella de SS. Crocifisso, nella Chiesa di S. Zita de’ Padri Domenicani, s’apre sotterranea Cappella, dedicata alla SS. vergine della Pietà, con un simulacro di marmo di bassorilievo, di Nostra signora Addolorata, che tiene in seno il suo dilettissimo Figlio Gesù morto, come l’ebbe sul calvario deposto dalla Croce” (A. Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine, Palermo 1719-1720, Cap. LVIII).
Per chi vuole approfondire, MARIA CONCETTA DI NATALE, La Chiesa di Santa Cita, Ritorno all’antico splendore, Edizioni Centro S. Mamiliano, Confraternita del SS. Rosario in S. Cita, con foto di Enzo Brai; ADRIANA CHIRCO, Palermo la città ritrovata, itinerari entro le mura, Dario Flaccovio Edit.

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