Pulcherrima Res

(Lucina Gandolfo)


Se avete voglia di immergervi in un mondo di bellezza ed eleganza, recatevi nella Chiesa di San Francesco Borgia, in via Crociferi 17, a Catania dove, ancora fino al 23 maggio, 500 preziosi reperti appartenenti alle collezioni del Museo Salinas di Palermo vi condurranno in un viaggio ideale attraverso otto millenni di storia, dimostrando come, da sempre, l’uomo abbia amato adornarsi di bellissimi oggetti, che spesso hanno assunto valore simbolico o sono divenuti strumenti per esibire un potere economico o politico.
Già 82.000 anni fa, infatti, in Africa, i nostri antenati cominciarono a lavorare le materie prime di cui disponevano per ricavarne degli oggetti ornamentali e non più soltanto strumenti da utilizzare per soddisfare i bisogni primari della vita, quali nutrirsi o proteggersi dal freddo.
Gran parte degli oggetti esposti sono di provenienza siciliana. Dalle conchiglie lavorate risalenti al mesolitico, risalenti al VII millennio a.C., si passa alle elaborate realizzazioni in bronzo di età protostorica per giungere poi alle testimonianze egiziane, per lo amuleti raffiguranti divinità, animali e simboli divini destinati a prevenire o allontanare il  male, molto diffusi anche nel mondo fenicio e punico.
Nello stesso ambito culturale, accanto ai gioielli d’oro e d’argento, provenienti per la maggior parte dalla necropoli di Palermo, si possono ammirare i pendenti e le collane di vetro colorato, che costituiscono una delle produzioni più caratteristiche dell’artigianato fenicio e punico.
Nel mondo greco, i gioielli d’argento del periodo arcaico (VII-VI sec. a.C.), quali quelli da Megara Hyblaea,  lasciano il passo alle raffinate realizzazioni del periodo ellenistico, dove l’oro e le pietre ornamentali, divenuti più accessibili, furono impiegati largamente in una crescente ricerca di lusso e ostentazione: spiccano, tra esse,  i diademi e le corone di sottilissima lamina, stupefacenti per la fattura.
Anche i Romani, dapprima alieni dal lusso, fecero, in età imperiale, largo uso di gioielli, spesso arricchiti da pietre preziose, cui erano anche attribuiti particolari poteri. Tra queste, una categoria speciale era costituita dalle gemme gnostiche, su cui erano incise immagini sovrumane ed iscrizioni incomprensibili, vere e proprie formule magiche destinate ad esaltare le virtù delle pietre.
Chi non poteva permettersi perle e smeraldi, li imitava adoperando frammenti di madreperla e vetri colorati.
Gli ultimi secoli dell’Impero videro progressivamente affermarsi, nelle raffigurazioni, temi e soggetti cristiani, mentre la crisi economica induceva a nascondere gli oggetti preziosi. Ne è testimonianza una collana d’oro con uno pseudocammeo appartenente ad un ricco corredo trovato in una sepoltura all’interno di una basilichetta nei pressi di Salemi.
Infine, lo sfarzo bizantino rivive nell’anello nuziale aureo da Siracusa, dove Costante II trasferì nel 663 la corte (fino alla sua morte avvenuta nel 668): una raffinatissima tecnica ha consentito, infatti, all’artigiano di raffigurarvi ben sette scene del Nuovo Testamento.
La fine del dominio bizantino in Sicilia è, invece, probabilmente testimoniata da un pesante anello d’oro da sigillo quasi certamente appartenuto al generale traditore Eufemio – di cui reca iscritto sul castone il nome – e dalle collane provenienti dal tesoro trovato nei pressi di  Campobello di Mazara,  e presumibilmente nascosto in occasione della battaglia che nell’827 d.C. diede il via alla conquista araba dell’Isola, combattuta non lontano da lì.
Le analisi gemmologiche hanno individuato, tra gli zaffiri di una delle collane, un calcedonio azzurro non altrimenti identificabile, svelando così, probabilmente, una truffa ante litteram.
Nell’intento di rendere maggiormente comprensibili gli aspetti legati alla produzione del gioiello, un breve filmato illustra alcune delle tecniche di base usate in oreficeria, documentando nel contempo la persistenza dell’uso di tecniche antiche tra gli odierni artigiani palermitani, col cui ausilio è stato realizzato: la straordinaria perizia che sottende alla realizzazione di molti degli oggetti esposti è, infatti, uno degli aspetti più stupefacenti e interessanti della mostra.

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