Le ministerialità femminili nelle chiese d’Oriente

Pubblicato in “ La vita in Cristo e nella Chiesa LVIII ( 2009) 39-41

(Valeria Trapani)

Un passato esemplare

Se diamo uno sguardo sommario alla storia delle ministerialità femminili ad Oriente, rimaniamo certamente colpiti dalla ricchezza di testimonianze, e dal valore che alle donne veniva dato presso queste chiese, almeno fino a tutto il primo millennio, ed in qualche caso anche alla prima metà del secondo millennio.

A partire dal III secolo infatti le regioni orientali ci informano attraverso scritti autorevoli dell’esistenza di diaconesse, e questo fatto è particolarmente significativo in un contesto culturale giudaico e semitico in cui le donne avevano certamente poca parte nella vita sociale. Tale opzione è dettata probabilmente dalla necessità della loro presenza nell’assistenza al battesimo di altre donne. Ragioni di pudore allora sembrerebbero stare all’origine dell’esercizio di un ministero che prevedeva tuttavia un servizio in ambito liturgico. Una delle testimonianze più antiche in merito è costituita dalla Didascalia Apostolorum della prima metà del III secolo, dove si dice che le diaconesse devono essere onorate come figura dello Spirito Santo, e il loro compito è la cura delle donne inferme e dell’assistenza al battesimo. Abbiamo a tal proposito anche la testimonianza di rito di ordinazione presso le chiese Caldee e della Persia nel V secolo.[1] Questo ministero diaconale femminile ha un carattere proprio rispetto a quello maschile e non soltanto relativamente ai compiti, ragion per cui ha una diversa preghiera di ordinazione. Interessante anche la testimonianza del Testamentum Domini, dove nello stesso periodo storico si parla di un ministero molto attivo delle vedove, che vengono ordinate con una preghiera di struttura simile a quella del diacono, e svolgono funzioni assistenziali e caritative, di catechesi e di formazione, e di servizio nel battesimo delle donne. Ancora il Concilio di Calcedonia (451) riconosce un’ordinazione di donne diaconesse e stabilisce addirittura al canone 15 che l’età di ordinazione non deve essere inferiore ai quaranta anni. Nei due secoli successivi tale norma subirà delle revisioni, e questo ci dice che fino al VI-VII secolo l’Oriente conosce e riconosce anche con atti pubblici un diaconato ministeriale femminile[2].

Un ultimo accenno va riservato al rito di ordinazione della diaconessa nella Chiesa Bizantina, conservato nell’Eucologio Barberini 336 dell’VIII secolo, da cui è possibile dedurre che per tale chiesa le diaconesse erano un ordine maggiore e non una ministerialità liturgica tra le altre[3]. Il rito si svolgeva nel sacro bema, durante la divina liturgia immediatamente dopo l’anafora. Questo mostra chiaramente che l’ordinazione della diaconessa è in tutto assimilata alle ordinazioni del clero poiché non differisce da quella del diacono negli elementi essenziali e costitutivi (preghiera consacratoria ed imposizione delle mani), e le poche differenze che l’eucologio riporta sono di tipo prevalentemente rubricale. Presso tale chiesa poi le diaconesse erano sotto la giurisdizione del vescovo, ed in virtù della consacrazione dovevano rispettare la regola del nubilato. Si occupavano di rappresentare il vescovo nelle attività caritative, nell’insegnamento catechetico, educavano gli orfani, fungevano da tramite tra le donne ed i chierici e spesso dirigevano case di vergini[4]. Al rito di ordinazione bizantino si ispirerà anche la liturgia della chiesa Armena così come è testimoniata nei Potificali dei secoli XII-XIV contenenti materiale anteriore al IX secolo. Nella preghiera di ordinazione è detta l’uguaglianza tra uomo e donna e la funzione della diaconessa di servire la chiesa santa in ciò che le è necessario. In ultimo un Pontificale georgiano del X secolo, ci testimonia tre orazioni di ordinazione delle diaconesse nelle quali è detto che ad esse è affidato l’annuncio della parola come la profetessa Debora, insieme all’aiuto di chi è bisognoso come fece Febe.

Ciò che possiamo osservare allora è che i compiti di questo genere di ministri erano assai diversificati e non si limitavano al solo servizio liturgico, ma abbracciavano l’ambito del sociale in diverse direzioni.


[1]Nell’Ordo e i Canoni delle Ordinazioni nella santa chiesa è così descritto il rito di ordinazione della diaconessa: “La diaconessa viene introdotta nel diakonicon, e il vescovo prega su di lei. Dopo che le ha fatto prendere posto davanti all’altare e dopo che essa ha inchinato il capo, il vescovo impone la mano sul suo capo, prega su di essa con una preghiera nota, ma che non è per nulla simile alla preghiera propria per l’ordinazione del diacono. La diaconessa infatti non si deve avvicinare all’altare, ma solamente deve ungere per il battesimo: questo è principalmente il suo compito. Cf. P. Sorci, Ministeri liturgici della donna nella chiesa antica, in C. Militello (a cura), Donna e ministero. Un dibattito ecumenico, Roma,1991, 47.

[2] P. Sorci, Donna e diaconato: un’indagine storico-liturgica, in G. Bellia (a cura), Discernere oggi le vie, i problemi, le emergenze, Reggio Emilia, 1998, 101-102.

[3] Cfr. C. Vagaggini, L’ordinazione delle diaconesse nella tradizione greca e bizantina, in Orientalia Christiana Periodica 40 (1974) 145-189.

[4] E. Theodorou, Donna e ministero. Presentazione teologica della tradizione e della prassi esslesiastica bizantina, in C. Militello  (a cura), Donna e ministero. Un dibattito ecumenico, Roma,1991, 99-118.

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