La bambola. Gioco e/o modello di conformazione ideologica.

(Pinella Bongiorno)

Palermo è la città che può vantare il patrimonio di giochi infantili più ricco  rispetto al resto dell’isola. Ben trecentosedici! Questa è la  stima effettuata dal demologo Giuseppe Pitrè, dopo  tredici faticosi anni impiegati alla raccolta di informazioni e descrizioni di quei Giuochi fanciulleschi siciliani che, nel loro insieme, costituiscono il XIII volume della “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”.

Tale raccolta è orientata a rilevare l’attività ludica senza alcuna ingerenza – come asserisce vigorosamente lo studioso – di tipo didattico, pedagogico o teatrale. Il solo e semplice trastullo, ecco l’aspetto che lo interessa soprattutto! Egli dichiara apertamente la propria irritazione quando ravvisa esasperati riferimenti a Froebel, ad opera di certi « maestrucoli ed igienisti » che sogliono trasferire, nel gioco valenze di altro tipo. Così, incalza contro i disavveduti quanto anonimi fautori di « giuochi ed esercizi ginnici»; informando altresì che lo sviluppo fisico dei fanciulli è già risolto « a priori dalla natura, la quale ci mise addosso fuoco, agilità ed energia per saltare, arrampicarci, fare, insomma, tutti quei movimenti che contano per monellerie solo perché non hanno la raccomandazione d’un programma scolastico o d’un libro stampato ».1

Pitrè esalta ed esorta il gioco praticato all’aperto, dove il movimento e la fantasia, già per se stessi, apportano ai bambini un sano e armonico sviluppo fisico nonché una gaia e giovevole manifestazione dello spirito. Questa raccolta è compiuta in un periodo storico particolarmente problematico e gravido di trasformazioni in ogni campo; difatti, proprio le scienze sociali guadagneranno autonomia e dignità epistemologica, fra le quali la Demologia – di cui il Nostro è padre fondatore, per il quale Palermo acquisirà il toponimo di Pitrèburgo – e la Pedagogia che connoterà di sé il XIX secolo.

Il passaggio dalla teoria alla prassi, nel variegato panorama scolastico, conierà per il Novecento il titolo di “secolo del fanciullo”. Con questa espressione, però, si suole ancora permeare in senso maschilista l’ambito d’intervento educativo, nonostante l’Ottocento abbia già avanzate le istanze per l’affermazione dei diritti della donna e, con essa, la trascurata quanto disprezzata fase biologica che la precede. Infatti, fin da bambina le si chiederà il tributo da versare, per tutta l’esistenza, nel quotidiano rapporto con il mondo degli uomini: padri, fratelli, mariti.2


1 Giuseppe Pitrè, Giuochi fanciulleschi siciliani. Con dieci tavole a fototipia, quattro a litografia ed una a stampa, Luigi Pedone Lauriel Editore, Palermo 1883, ristampa a cura del “Giornale di Sicilia”, pp. LXX_LXXI.

2 Cfr. Georges Duby-Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. L’Ottocento, a cura di G. Fraisse e M. Perrot, Laterza, Roma-Bari, 2000 pp. 498-518.


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