LA NARRATIVA DELL’ESTATE

(Gabriella Maggio)

Comincia oggi la pubblicazione dei racconti di Dante Maffia da

“ LA DONNA CHE PARLAVA AI LIBRI” . Oggi è pubblicata la “Premessa” in cui l’autore si presenta, seguiranno giorno dopo giorno i racconti

PREMESSA DELL’AUTORE

Ho raccontato, in una intervista di alcuni anni addietro, che il mio sogno ricorrente, da ragazzo, era quello di trovarmi in una grande biblioteca del mio paese, Roseto Capo Spulico (dove i libri erano quasi oggetti misteriosi, anche se il Barone Mazzario ne possedeva tantissimi rilegati in marocchino rosso e messi in bella vista in magnifici scaffali di noce in una grande stanza, spesso utilizzati dallo zio anziano per dare fiamma alla legna nel caminetto) e sapere che l’avevo ereditata.
Il sogno era di una chiarezza straordinaria, io sapevo l’ubicazione perfetta della biblioteca, in Via Verdi, nella prima casa a destra uscendo dal paese, i corridoi stracolmi ma ordinati e le opere visibili e suddivise per blocchi linguistici con un’arbitrarietà che rasentava il ridicolo (ma questa è una osservazione postuma) perchè aveva una tinta “politica”, in qualche modo, e infatti gli scrittori cecoslovacchi, quelli ungheresi, bulgari, quelli rumeni e quelli polacchi erano con i russi, e ovviamente gli inglesi stavano con gli americani, i latino-americani e i brasiliani con gli spagnoli e i portoghesi e i cinesi con i giapponesi, gli arabi e gli indiani.
Tanti libri, troppi per una sola persona. Ricordo che pensai più volte, e l’ho già scritto da qualche parte, che per appropriarmi del loro contenuto e della loro bellezza, stavo per dire della loro energia, avevo pensato di bollire le pagine e di berne il sugo per possedere senza sforzi la scienza infusa, il “sapere perfetto”.
Forse è da qui che nascono il mio amore e la mia ossessione per i libri, non solo come bibliofilo addirittura maniacale (mai disfarsi di un doppione, avere varie traduzioni dei classici), ma soprattutto la mia avidità di apprendere, di conoscere, di approfondire.
A occhio e croce di libri ne ho letto circa trentamila e ne ricordo la gran parte. Prova superba ne è quella che i critici ritengono la mia opera di poesia più riuscita: La Biblioteca di Alessandria.
In questi racconti, che si muovono in maniera circolare su scrittori, poeti, libri, librerie e biblioteche, il mio amore per la lettura diventa una componente perfino erotica, oltre che bizzarra ed essenziale alla mia sopravvivenza e alla sopravvivenza umana. E così pagine illuminanti ci raccontano di storie inverosmili ma che hanno tutta l’aria di essere verità assolute alle quali è impossibile disobbidire.
Ognuno di questi racconti è opera compiuta in sé ed è, a un tempo, tassello per il grande romanzo che tesso attorno al libro creando personaggi che hanno a volte la pensosità di Borges (a cui è dedicato un racconto) o la stramberia di Poe (a cui ne è dedicato un altro).
Ma la verità è diversa e sono stato molto indeciso se confessarla. In realtà questi non sono veri e propri racconti, ma una sorta di riassunti, di sinossi o, se volete, di sintesi, di recensioni che ho scritto in sogno per libri che esistono soltanto nella mia anima. Intendiamoci, libri veri e propri, con pagine, copertine, autori. Li ho sintetizzati per affrirli al lettore ed è giunto il momento di dare indicazioni precise sugli autori, i titoli, l’anno di pubblicazione e la città in cui sono stati editi.
A proprio piacimento, ognuno legga la recensione-racconto senza preoccuparsi però di collocarla in un’epoca, anche se per ragioni di correttezza filologica io la indico. Sono tra quelli che credono che un’opera letteraria riuscita non appartiene a nessun secolo, anzi appartiene a tutti i secoli… Ah, dimenticavo di dire che questi libri sono la mia Biblioteca ideale, quella a cui attingo giorno dopo giorno per andare avanti nel mio cammino di uomo e di scrittore, quella che mi illumina, anche se a questa catalogazione è sfuggito Auto da fe’ di Elias Canetti.
E non vi paia strano che avvenimenti come quelli descritti siano soltanto invenzioni: è vero che gli scrittori fanno volare alta la fantasia e ci mettono del loro per condire di infiniti labirinti le pagine, ma vi posso assicurare che -è un luogo comune, lo so, ma i luoghi comuni sono spesso summa di saggezza- che la realtà molte volte ha superato le sfrenatezze della pura creazione fantastica e ha dato prova di una incorruttibile magnificenza allucinatoria. Che, ovviamente, non ha nulla a che fare con la follia.
La follia è scrivere libri brutti, anzi, come diceva Oscar Wilde, quella di scrivere male e senza intaccare la carne e il sangue della parola con il bisturi o con l’accetta.

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