La bambola. Gioco e/o modello di conformazione ideologica. (III)

(Pinella Bongiorno)

Per una lettura che pretende essere oggettiva, occorre sottolineare che, nel caso del gioco della bambola, i bambini ne erano esclusi a meno che non partecipavano in parti (padre, compare, prete) ove la connotazione maschile non risultasse compromessa. Una preclusione che, vista alla luce delle odierne scienze dell’educazione, risulta oppositiva allo sviluppo della sfera emozionale e in particolar modo al futuro ruolo paterno. La paternità è, difatti, solo recentemente rivalutata e restituita alla famiglia con modalità più flessibili e partecipazione attiva.

La bambola, però, per la sua dimensione polivalente assume significati che vanno oltre la funzione ludica. I manufatti antropomorfi, per esempio, risalenti alla preistoria – inizialmente ritenuti esemplari raffiguranti la Dea Madre – sono, oggi, ritenuti dagli studiosi anche espressioni di magia simpatica sia come riti di iniziazione sia come ex-voto ad antenati e divinità. « D’altra parte  è forse possibile da questo tipo di rappresentazioni iconiche costituito dalla statuine a figura umana, tenendo conto sia dei loro caratteri intrinseci di realizzazione, sia, per quanto possibile, dei contesti archeologici in cui sono state rinvenute, ricavare una scala approssimativa, o meglio raggruppamenti differenziati indicativi, dall’oggetto di culto al trastullo.»[11] Mircea Eliade insiste sulla predominanza della componente religiosa, e non nutre alcun dubbio circa la possibilità di comprendere appieno le culture arcaiche attraverso le manifestazioni del sacro. Sicché « tutto quanto l’uomo ha adoperato, sentito, incontrato o amato, poté diventare ierofania. Sappiamo, – conclude lo studioso – per esempio, che nel loro complesso i gesti, le danze, i giochi infantili, i giocattoli ecc. hanno origine religiosa: furono in passato oggetti o gesti cultuali. »[12]
Qualunque cosa può, dunque, essere investita di sacralità: pietra, pianta, animale. I gruppi umani di interesse etnologico, indagati e messi a confronto dall’antropologo inglese James G. Frazer, hanno spesso delle analogie cultuali con le culture occidentali. Elementi  comuni sono presenti in alcune cerimonie come la bambola che appare centrale nel processo simbolico della festa della fertilità, celebrata dalle comunità agro-pastorali nel mese di maggio; e come l’albero dal potere benefico di una natura pronta a elargire i suoi frutti per farne dono alla collettività. Nelle cittadine dell’Essex «le bambine vanno di porta in porta cantando una canzone […] recando ghirlande al cui centro, in genere, è collocata una bambola vestita di bianco. […] Il giovedì prima della Pentecoste, i contadini russi vanno nei boschi, cantando e intrecciando ghirlande, per tagliare una giovane betulla che poi rivestono con abiti femminili e adornano di fiocchi e nastri multicolori. »[13]
Nell’opera sono riferiti, oltre a questi, altri casi  che indicano la intima corrispondenza fra lo spirito arboreo e la figura antropomorfa quando non è, a volte, la stessa persona in carne e ossa. In tutti i casi si è di fronte ad un duplice effetto propiziatorio evocato dall’albero e dalla bambola. Altre volte la celebrazione primaverile è affidata a una fanciulla vestita da sposa che incontra lo sposo arboreo; oppure sono due fanciulli che, in abiti nuziali, aprono un corteo e percorrono il villaggio chiedendo un’offerta certamente ricambiata – così assicura la coppia – per tutto l’anno.[14]
La rappresentazione tridimensionale della figura umana che si definisce più comunemente bambola, oggi si propone su scala industriale. Il materiale plastico consente una facile diffusione e un altrettanto facile acquisto, se solo si considera che fino agli anni Cinquanta le bambole erano destinate alle bambine delle classi più abbienti perché beni di lusso. Eppure l’intrinseca polisemia dell’oggetto trova innumerevoli impieghi: nel collezionismo (come non ricordare le bambole Lenci!), per esempio, si riscontra l’importanza di un giocattolo che affianca il cammino dell’umanità riflettendone spesso il travaglio e la complessità; oppure le bambole-modelle utili alle sartorie per rinnovare i canoni della moda; o ancora in certe, appena trascorse, consuetudini quali il collocare la bambola al centro del letto, si avvertono, nell’apparente ingenuo gesto, ancestrali credenze e valori.

Divenuta simbolo di un corpo femminile senza anima, privo di attività intellettiva, manovrabile, docile, e  se inutile si butta “giù come fosse una bambola” appunto, la canzone di Patty Pravo inneggia così al rifiuto e alla ribellione di una femminilità passiva e predeterminata. La contestazione troverà un oscuro quanto inquietante contraltare nei sexi-shop, dove si potranno placare certe voglie in giochi erotici con una partner consenziente che non dirà mai: “No ragazzo no, tu non mi metterai fra le dieci bambole che non ti piacciono più! Oh no”.
Fra tutti i significati attribuiti alle bambole uno, a noi, è particolarmente caro: quello che allieta i bambini secondo i principi che tutelano i diritti dell’infanzia.


11 Alberto Cazzella,  Le figurine antropomorfe preistoriche. Problemi d’interpretazione, in “Ricerca folklorica” La cultura della bambola, n. 16, Grifo ed., Brescia 1987, p. 8

12 Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni (trad. it.) a cura di P. Angelini. Ed. Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 14.

13 James G. Frazer, Il ramo d’oro. Studi sulla magia e la religione, (trad. it.) introduzione di Alfonso M. di Nola, ed Newton, Roma 1992, p. 152.

14 Cfr. Idem, pp. 164-166.

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