Come eravamo: Anna e le altre

(Renata De Simone)


Un recente saggio di Laura Russo, La sposa normanna, ci presenta la figura imponente di una donna, Costanza d’Altavilla, suora di clausura per vocazione dall’età di 16 anni, costretta a forzare la sua indole per risollevare le sorti di un Regno, compromesso dalla mancanza di eredi. Il suo eroico impegno protrattosi fino alla morte porta sul trono Federico II di Svevia, legato più alla terra di Sicilia, adorata patria di adozione della madre Costanza, che alle fredde terre d’origine dell’Imperatore Enrico VI, suo padre biologico, ma a lui del tutto estraneo. Se una donna abbandona tra le lacrime il Convento, nel corso dei secoli, altre innumerevoli donne lo varcano con orrore, spesso in tenerissima età, costrette da rigidi protocolli dinastici che richiedono solo alle figlie femmine il sacrificio della libertà in nome della continuità e purezza del patrimonio familiare. Anna Valdina (1635-1702) è fra queste infelici, nata nella nobile famiglia messinese dei marchesi della Rocca e principi di Valdina, da Paola Vignolo e Papè, la cui potente famiglia vide per quasi due secoli un suo rappresentante Protonotaro del Regno di Sicilia.
Seguono il suo destino anche le tre sorelle Laura, Caterina e Giovanna, le prime due chiuse nell’Abbadia Nuova, la terza nel Monastero della Concezione. Anna è destinata al Monastero delle Stimmate, che raccoglie molte nobildonne palermitane. Ma a differenza delle sorelle Anna non si arrende al suo destino e lotta disperatamente per riconquistare la libertà perduta. Ostacolata in ogni modo, fino alla minaccia di tagliarle i viveri, dal padre e dal potente fratello Giovanni, solo alla morte di entrambi riesce a intentare causa di nullità presso la Curia Arcivescovile di Palermo. Portando a testimoniare le consorelle e alcuni antichi servitori del padre, i quali dichiararono che “si vestì monaca come se salisse alla forca”, riuscì, a 65 anni, ad ottenere la sentenza di nullità, nonostante i diversi ostacoli legati alla ricca dote della nobildonna. Dovette lottare Anna, contro la sua famiglia e contro l’avido potentato ecclesiastico che vedeva messo in pericolo il ricco patrimonio ereditario della suora e si oppose con forza alla sua svestizione, dalla abbadessa del Monastero che la ospitava, Giuseppa Margherita Lucchesi all’abate Giovanni Noceti, primo titolare della ricchissima prelatura istituita per volontà di Giovanni Valdina, con sede a Roma e rendite oltre che in Sicilia, a Roma,Venezia, Genova e persino a Parigi. Solo per l’intervento dell’arcivescovo monsignor Bazan, imparentato con i Papè che, per testamento, diverranno gli eredi della famiglia Valdina e grazie all’interessamento del Viceré, che trovò un accordo con il potente prelato, questa triste vicenda giunse ad una giusta conclusione. Anna, accolta in casa Papè, morì però l’anno successivo. Questo ed altro ci racconta l’inventario a stampa dell’archivio della famiglia Papè-Valdina, conservato a Palermo, inventario redatto e pubblicato da Liboria Salamone.
Si ha notizia di un’altra nobildonna che riuscì a vincere la dura sorte di una professione di fede non voluta, Francesca Lucchesi Palli e Campo (1627-1683) suora nel Monastero della Badia Nuova, che riuscì a sposarsi ed essere madre, ma di tante altre oscure figure di donne meno coraggiose e infelici per tutta la vita si è perso per sempre il ricordo.

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