«P. Filippo Arena piazzese della Compagnia di Gesù, Professor di mattematica nell’Imperial Collegio di Palermo» – 2a parte

( Antonino Lo Nardo)

Orto Botanico di Palermo

Nello stesso anno si imbarcò per Malta dove rimase per ben sei anni, insegnando fisica e matematica, fino al 1747 quando fece ritorno in Sicilia e fu trasferito presso il Collegio dei Nobili di Palermo dove rimase fino al 1751 con gli incarichi di: insegnante di filosofia e matematica, preside di facoltà e consultore di casa. Un onore non da poco!
L’anno seguente fu destinato al Collegio Massimo di Palermo soltanto come professore di matematica e di botanica: un ridimensionamento o una promozione? Dubbio destinato a restare irrisolto; basta ricordare – a favore della seconda ipotesi – che nel 1752 la Comunità dei gesuiti del Collegio contava ben 169 elementi: 31 Padri tra Rettore, Ministro, Economo, Padre Spirituale e Professori; 9 Padri missionari; 8 Maestri; e poi 37 studenti di teologia, 35 studenti di filosofia, 55 Fratelli Coadiutori. Furono anni importanti per il Collegio, anche perché il Padre Superiore era un piazzese pure lui, uno dei più insigni gesuiti del suo tempo, il P. Vespasiano Maria Trigona, dell’illustre casato che ha fornito all’Ordine dei gesuiti ben tredici padri, prematuramente scomparso a Roma nel 1761, quando era Assistente d’Italia.
Per il P. Arena si preparavano, invece, tempi difficili; pur avendo pubblicato – tra il 1754 e il 1758 – ben quattro volumi di matematica che affrontavano questioni di ottica, geometria e geografia fisica, nel 1765 dovette dimettersi dalla cattedra di matematica. L’ordine veniva direttamente dal P. Generale Lorenzo Ricci ed il P. Arena accettò “in virtù di santa obbedienza”, anche se il primo – per limitarne l’amarezza – si impegnò a lasciarlo a Palermo per completare le sue ricerche.
Di cosa si stava occupando il P. Arena? Fin dal suo soggiorno a Malta aveva sviluppato una passione per la botanica, o meglio per lo studio dei fiori visto che non fu mai botanico di professione, che lo avrebbe portato a scrivere “La natura, e la cultura de’ fiori fisicamente esposta in due trattati con nuove ragioni, osservazioni e esperienze”, opera che non poche amarezze gli procurò in vita e che soltanto dopo la sua morte fu lentamente rivalutata fino ad essere considerata, oggi, geniale e frutto della mente di un precursore.
Il predetto lavoro corse anche il rischio di non vedere mai la luce perché il giudizio negativo dei censori del primo volume ritardò notevolmente il permesso di pubblicare l’opera da parte dei Superiori ed il P. Generale Lorenzo Ricci, rispondendo ad una supplica dell’Arena, gli comunicò con estrema chiarezza che « la Sua opera è creduta e stimata cosa assai debole e di pochissimo merito e gradimento».
L’opera in tre volumi, alla fine fu pubblicata nel 1767 ed ebbe in breve tempo tre edizioni che hanno ingenerato una certa confusione tra gli studiosi in quanto leggermente diverse nel frontespizio e nell’indicazione dell’autore.
Il lavoro del P. Arena non fu subito apprezzato, anzi possiamo affermare che, dopo la recensione apparsa nel periodico palermitano Notizie de’ Letterati del primo semestre 1772, cadde completamente nel dimenticatoio. Dovettero passare decenni, prima che il tempo facesse giustizia circa l’apporto scientifico del P. Arena e la sua figura cominciasse ad essere apprezzata e stimata, anche se ancora oggi è poco conosciuto.

Collegio Massimo di Palermo ora Biblioteca Regionale

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