Il dialetto siciliano attraverso i secoli e la poesia popolare: II parte

(Tommaso Aiello)


Torniamo a quanto si diceva delle fondamenta del nostro dialetto o come vogliono molti studiosi, della nostra lingua.
Giovanni Ragusa scrive che i Siculi erano un popolo indoeuropeo:infatti essi vennero dall’India verso l’Europa e quelli che,in seguito, giunsero nella nostra isola, guidati da Siculo, furono chiamati Siculi. La loro lingua doveva essere conseguentemente, se non la sanscrita,una che certamente ne derivava. Basta vedere alcuni vocaboli:il nostro”putra (puledro) nel sanscrito è “pùtra” che vuol dire figlio; il nostro “matri”, non deriva dal latino “mater” ma dal sanscrito “màtr”.
I siculi sottomessi in seguito dai greci, furono costretti per necessità a far proprio il lessico dei dominatori, ma lo espressero con la fonetica che era ad essi congenita, naturale. Ciò avviene anche da noi che, dovendo parlare l’italiano, lo esprimiamo foneticamente e sintatticamente come ci è naturale, e ciò fa sì che veniamo riconosciuti”siciliani”in ogni luogo e da tutti e di questo non dovremmo vergognarci perché ci rivela come gente di antica e nobile civiltà. Il lessico latino presenta poi in tutta l’isola una uniformità che raramente si trova nelle altre regioni d’Italia.Questo non significa che la lingua siciliana di oggi si formò tutta nello stesso tempo, anche se buona parte (quella più antica ) è andata per sempre perduta.
Le lingue sono sempre in movimento; e come in qualunque cosa il processo di evoluzione è sempre presente. La lingua siciliana è una lingua stratificata e molti studiosi definiscono il popolo siciliano “ trilingue”, perché parlava tre lingue, il Greco, il Punico ed il latino. Più tardi con l’occupazione araba, un’altra lingua si aggiunse alle altre, e non è la fine della stratificazione, poiché con l’arrivo dei Normanni abbiamo anche il francese che si mescola alla nostra lingua già tanto complicata. Con la fine della dinastia normanna, il Regno di Sicilia passò agli Svevi e Federico II, (chiamato “splendor mundi” per il suo grande ingegno di uomo politico, scienziato e letterato), non solo aggiunse parole tedesche al nostro vocabolario(non molte comunque), ma per lottare contro la religione islamica che era a suo tempo diffusa nell’isola, da cristiano che era ,cominciò un programma di rivitalizzazione della lingua latina per tutta la Sicilia e la bassa Italia. Per questa ragione la lingua siciliana perse la rimanenza delle forme del latino antico e acquistò quella del latino ecclesiastico che era un latino più giovane, rendendo la lingua siciliana più elegante e piacevole come suono. A quel tempo il greco era ancora usato nell’isola, tanto che quando Federico II pubblicò “Le Costituzioni Melfitane”ha dovuto pubblicarle anche in greco, poiché il latino quasi non esisteva più, dopo tanti secoli di assenza. Il processo di rilatinizzazione, cominciato da Federico II, durò fino al secolo XIV, poiché un’altra dinastia, quella Aragonese, era venuta in Sicilia.Con la conseguente dominazione spagnola, un altro strato di vocaboli si aggiunse alla lingua siciliana,vocaboli che ancora oggi persistono.

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