BREVE RIFLESSIONE SULL’AGITAZIONE STUDENTESCA

(Patrizia Lipani)

A memoria d’uomo, la scuola e l’università hanno generato a varie ondate, tensioni e ribellioni, e certamente non senza una ragione plausibile. Tali tensioni si sono intensificate soprattutto nello ultimo decennio, infatti, i mesi di novembre e dicembre per le agitazioni studentesche, risultano tra i” più caldi”, in continuo fermento e in aperta opposizione all’indirizzo di  governo, ora di destra ora di sinistra, le nuove generazioni manifestano il loro dissenso. Insomma, quando si parla di riforme, di ciò che potrebbe anche se minimamente toccare il loro futuro, i giovani  si ergono compatti. Non sto  a  discutere in tale contesto, sulla riforma Gelmini che nello specifico peraltro, interessa l’ambito universitario, della cui  sorte ne sapremo di più quando il Senato si esprimerà in proposito, né  tantomeno discuteremo della riforma in ambito scolastico, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, riduzione delle cattedre  con la  conseguente perdita di posti di lavoro, vorrei invece, esprimere una riflessione sui giovani delle nostre scuole superiori, sui quali si è espresso un giudizio spesso non positivo e talvolta poco costruttivo. Essi traggono dalla riforma occasione per protestare ma manifestano  un chiaro  segnale di disagio sociale. Appaiono esausti di un modo obsoleto di fare scuola, di lezioni ancora frontali, di lezioni poco coinvolgenti e pressocchè prive di partecipazioni, di continue verifiche talvolta inclementi, da cui loro tendono  a fuggire, di impegni e sforzi da loro considerati talvolta senza senso perché non se ne comprende l’utilità, di un rendimento  qualitativamente  superficiale e trascurato, di una precarietà annunciata. Ma mi chiedo, quanti di noi insegnanti fanno comprendere giornalmente il vero senso di ciò che si studia, quanti riescono attraverso le discipline ad orientare i giovani in questo incerto futuro, quanti riescono a trasmettere il giusto valore delle cose, ma quanti soprattutto al di là dei contenuti che sono costretti a veicolare, riescono a dialogare con i giovani, già fortemente disorientati e visibilmente fragili? E ancora quanti di noi in questo preciso periodo  hanno cercato  di guidare la protesta in maniera costruttiva senza condannare peraltro l’azione di “ questa generazione di sfaticati”, di perditempo,e soprattutto senza godere  dei frutti della giornata libera da impegni scolastici? I giovani intraprendenti,  impavidi, hanno sfidato ogni ostacolo, ogni forza superiore, hanno superato qualunque disagio, pur di portare avanti la “protesta”, qualunque sia il valore che attribuiamo a tale parola, protesta rivolta principalmente contro “la scuola” come istituzione, persino dormire all’addiaccio, nei cortili delle scuole, nelle tende, felici delle loro azioni e consapevoli di perseguire la giusta strada. Certo non tutti loro si sono trovati solidali, molte famiglie hanno avuto la meglio e hanno preferito ovattare i loro figli nelle proprie abitazioni, costringendoli al dissenso forzato. Ho colto da questo pretesto di lotta “antigelmini”, un segnale di allarme da parte dei nostri giovani. La scuola in questi giorni si è spogliata da quell’aura di “sapere” così come loro non vogliono e si è ammantata di colori,di movimento, di vita, di musica, di ogni arte, di gruppi di studio, di laboratori di vario genere, così come loro vogliono, anche di giochi, la scuola ha ripreso a vivere, sotto un’altra veste, ha offerto gli spazi così come loro richiedono, ha riunito giorno e notte, in ogni momento, senza sosta i “nostri” giovani, nostri, perché così li abbiamo cresciuti, volenti o  nolenti, in questa società, in questi ambienti scolastici, talvolta difformi da un concetto  ideale di  scuola. Se preferiscono passare per perditempo, se esaurita la discussione sulla riforma hanno preferito prendere le carte, ascoltare musica, parlare, aprire dibattiti, è perché non trovano un’alternativa interessante, i docenti non sono riconosciuti “interlocutori”, preferiscono fuggire da noi, e la scuola così come noi giornalmente la conduciamo “sta a loro stretta” e va quindi cambiata dall’interno e resa più “allettante”, rassicurante, interessante, per far si che non diventi  luogo di fuga, ma di raccolta e soprattutto affinchè  non si presti a diventare sede di pretestuose  rivolte.

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