DIARIO: VI parte

(racconto di Valeria Milazzo)

4 febbraio, ore 19.54.

Finalmente ho un obbiettivo. Aiutare il misterioso autore del diario è il mio scopo. Lottare per lui, fare di tutto per fare del bene, mi sta dando una forza incredibile. Forse avevo bisogno di questo per riuscire a rialzarmi, di un nuovo scopo per la mia nuova vita, qualunque sia stata quella precedente. Forse, aiutando lui a ritrovare se stesso, anche io troverò me stesso. Darò un nuovo senso alla mia esistenza, che sinora è sembrata così vuota. La prima cosa da fare, è cercare tra le pagine qualche altra informazione su di lui, per poterlo rintracciare e raggiungere. Ormai le pagine sono riempite molto di meno, e restano pochissimi fogli. Sono quasi arrivato alla fine. Potrò finalmente incontrare il mio ignaro salvatore?

“7 agosto 2009.

E’ da un po’ che non scrivo. Le terapie mi occupano a tempo pieno. Sto peggiorando lentamente. I miei vuoti di memoria cominciano ad essere sempre più frequenti, e durano sempre di più. Delle volte ci metto ore prima di riprendermi. Ieri non ricordavo come arrivare, da camera mia, in cucina. Sono riuscito a mantenere la calma, ho chiamato mia madre e lei mi ha accompagnato giù. Stamattina invece non riuscivo a scrivere, non sapevo più come fare. Mi ci è voluto un po’, ma quando mi sono ricordato di nuovo del meccanismo, ho cominciato pian piano a scrivere piccole frasi su di un foglio di carta. E’ difficile descrivere come mi sento in uno di questi momenti. Sono come un bambino a cui viene strappato via il suo giocattolo preferito, che urla, strepita, si sente morire, privato di ciò che ama di più, fin quando non riesce a riaverlo, al sicuro tra le sue mani, e ritrova la pace. E’ come se ogni giorno una parte di me mi venisse portata via. Ma sto combattendo, lotto per riaverla indietro. Non mollo.

16 agosto 2009.

E’ stato terribile. Stanotte ho aperto gli occhi, e mi è sembrato di vivere un incubo. Ho dimenticato chi ero, dove mi trovato. Ho cominciato ad urlare, svegliando i miei genitori, che sono corsi da me, tentando di calmarmi. Ma io continuavo a sbraitare, a chiedere chi fossero, chi io fossi. Mi sono sentito intrappolato, imprigionato, in un corpo ed una vita che mi erano estranei. E’ stato necessario chiamare il medico e farmi somministrare dei calmanti, per riuscire a farmi smettere di urlare e dimenarmi. E’ passata un’intera giornata prima che recuperassi un minimo di senno. Ma mi sentivo ancora tanto confuso. Mia madre mi ha dato in mano il mio diario, e mi ha chiesto di leggerlo. Solo al termine della lettura sono riuscito a riprendermi del tutto. Ma lo smarrimento resta. Sono letteralmente terrorizzato. Non oso pensare a come sarà la prossima volta che mi capiterà qualcosa di simile. Non ce la faccio a vivere di nuovo un tale orrore. Sto cominciando a vacillare. La paura mi sta divorando.”
Deve essere stato tremendo per lui affrontare tutto questo. Io mi dispero perché non ho vita, come se non potesse capitarmi niente di peggio. Ma se solo mi fermo un attimo a rifletterci, quello che ha vissuto lui è stato molto più atroce. Lui ha visto i suoi ricordi andarsene via, uno ad uno, strappati violentemente da ciò che aveva di più caro, la sua vita, la sua storia. Io semplicemente non ho storia. Non posso star male per qualcosa che non ho, per una vita che probabilmente non ho mai vissuto. Qualsiasi cosa fossi prima, adesso non può più farmi male, perché non c’è più. Lui invece era cosciente, ha potuto osservare la sua vita crollare mattone dopo mattone.

5 febbraio 2010, ore 15.57.

Assorto nella lettura, non mi sono nemmeno reso conto che sono praticamente arrivato alla fine. Mi resta una sola pagina, l’ultima pagina, e poi tutto sarà finito. Non sono sicuro che troverò ciò di cui ho bisogno, magari non avrò le informazioni che mi servirebbero per trovarlo, ed in questo caso non potrei essergli d’aiuto, ricambiare il favore. In questo caso starebbe solo a lui di riuscire a farcela, anche se privato per sempre dei suoi ricordi. O forse qualcun altro troverà il suo diario e riuscirà a portarglielo, restituendogli la sua storia. Non so come finirà questa storia, spero nel migliore di modi per lui, ma so che in ogni caso ce la farà, è abbastanza forte per farcela. E adesso so che ce la farò anch’io, che troverò la forza di rialzarmi e ricostruirmi una vita, pur non sapendo mai come era prima che tutto questo accadesse. Vorrei solo ringraziarlo, dirgli che è tutto merito suo se ho scoperto questa strana forza in me, che è riuscito a trasmettermi la sua energia sebbene non l’abbia mai conosciuto. Ma  è come se lo conoscessi da sempre, come se, tramite quelle pagine, sia riuscito a leggere dentro la sua anima. Ho capito che la nostra vita, il nostro destino, è tutto nelle nostre mani. Il mio futuro dipende solo da me, da come saprò affrontare quello che mi aspetta, di come saprò costruirmi una vita. Vorrei dirgli tante cose, ma non so se ci riuscirò.

“1 settembre 2009.

Domani sarà il gran giorno, quello in cui un’equipe di chirurghi mi aprirà la testa, portandomi via tutti i miei ricordi. Inutile fingere di non aver paura, ne ho sin troppa. Questi ultimi mesi sono stati molto difficili, ogni giorno mi è sembrato di essere privato di qualcosa che mi appartiene. La mia testa è un gran caos, spesso dimentico il senso della mia esistenza, non so più chi sono, qual è il mio scopo. Ma ogni mattina, appena sveglio, prendo tra le mani il mio diario, e lo leggo tutto, dalla prima all’ultima pagina, scoprendo sempre qualcosa di nuovo (perché ormai per me lo è) sulla mia storia. Penso sia merito suo se sono riuscito a resistere sino ad oggi, cosciente di quello che mi sta succedendo. Scrivere mi è servito a conoscermi meglio, ad esplorare fino a fondo la mia vita e la mia anima, ma rileggermi è ancora più incredibile ed entusiasmante. Ogni volta che rileggo il diario, rivivo la mia storia, riassaporo le sensazioni e le emozioni che ho vissuto, ritrovo me stesso, riscopro ciò che sono, per costruire ciò che sarò. La vita è questa: ti dà sempre qualcosa di nuovo, anche quando pensi di aver toccato il fondo. Ti stupisce, ti sconvolge, e ti offre sempre nuove opportunità. L’importante è saperle riconoscere, sfruttarle al massimo, non abbandonarsi al caso, a quello che comunemente chiamiamo destino. Quando pensi che tutto sia stato distrutto, allora impari che è possibile ricominciare. Spesso siamo noi stessi ad ucciderci, a reprimere la vita che è in noi. Non sappiamo ascoltare la voce della nostra anima, l’energia che la accende, non riusciamo a sentirci. Se solo sapessimo ascoltarla, ascoltarci, impareremmo a conoscerci meglio, a vivere meglio, a non sprecare le occasioni che la vita ci offre. Per questo la mia storia è importante, per questo non voglio perderla, perché mi ha insegnato a conoscere meglio me stesso, la vita ed il mondo intero. Non voglio questa lezione vada sprecata. Voglio che sia sempre conservata da qualche parte, anche quando la mia mente non saprà più ricordarsene. Voglio che la mia vita non sia stato solo un inutile spreco di tempo, ma che abbia davvero significato qualcosa.
Leo Stevens.”
Leo Stevens? Allora sono io! Lui è me! La sua storia è anche la mia. Porto le mani alla testa, e trovo quello che cerco: una cicatrice, lunga pochi millimetri, residuo di un’operazione. Ora tutto torna. Il motivo del mio ricovero, il vuoto totale nella mia memoria, le parole dei dottori, la strana familiarità che ho provato leggendo quelle pagine, anche i flash, le immagini che mi tornavano alla mente durante la lettura. Adesso è tutto chiaro! Un sorriso sgorga spontaneo dalle mie labbra. Mi volto verso la finestra, ed incrocio i suoi occhi: Lara mi sta guardando, con una nuova luce negli occhi, come se avesse trovato quello che cercava, qualcosa nel mio sguardo, nel mio sorriso, che le faccia capire che adesso ricordo. E’ tornata. Lei è qui per me.

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