La festa grande ecumenica

(Carmelo Fucarino)

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A festa conclusa, quando la musica è finita e i riflettori sono spenti sulla intensa e variopinta kermesse mediatica della Festa della Donna, qualche riflessione da parte dell’uomo.

La prima. Solenne ed universale l’esecrazione sulle infelici donne musulmane, custodite gelosamente dal maschio dentro burqa e niqab, dietro chador e veli vari, dovuto l’orrore e il raccapriccio sulle mutilazioni corporee (perché solo quelle femminili?), pianti sulle loro esclusioni dall’istruzione e dalle alte cariche e professioni.

Detto questo (ultimo tormentone mediatico dell’ipocrita politically correct, dopo i lontani “cioè” e “quant’altro”), il politically incorrect. E per le donne italiane? Ci pensa solo Napolitano a liberarle dalla mortificazione della mercificazione? Tutto quello che sanno dire le impegnate, il solenne impegno di far legiferare le “quote rosa” fiftyfifty nei parlamenti e parlamentini, nei cda e fra gli ad, cosa che nel giorno solenne la commissione Senato ha bocciato e rimandato al 2021, campa cavallo per le giovani di oggi e anche per le minorenni. Salvo pressioni e ripensamenti.

La seconda: Nel tripudio di inviti e riunioni esclusive in teatri e taverne con divieto assoluto di presenza del maschio esecrato mi sovvenivano le Thesmophόria, le feste misteriche di Demetra Thesmophόros, la “Legislatrice”, istitutrice dell’agricoltura e del matrimonio, su cui poggia l’ordine civile. Si trattava del culto ctonio pre-ellenico di Demetra e Persefone, rappresentazione del ciclo inverno-primavera, morte-resurrezione, Ade – terra, cantato nell’omonimo antichissimo inno pseudo – omerico. Erodoto narrava (2, 171, 2-3) che le cinquanta figlie del prolifico Danao lo importarono dall’Egitto fra le donne pelasgie, ma che i Dori invasori proibirono. Per inciso anche a Roma contro i riti misterici dei Baccanalia si procedette militarmente (LIV., 39, 8-9). Il culto comunque sopravvisse in modo sotterraneo ad Efeso (EROD., 6.16.2) e in Sicilia, ove era assai diffuso, in special modo, vedi caso, come festa delle donne. Esso mantenne il carattere ctonio preellenico di festa della fecondità, tanto che fu norma stretta il segreto e l’esclusione tassativa degli uomini. Alla festa erano ammesse solo le donne sposate e guai agli uomini che l’avessero violato con la loro presenza, per i trasgressori le pene erano severissime.

Nel demo ateniese di Alimunte (quello di Tucidide), oltre il Falero sotto l’Imetto, c’era un maestoso santuario alla dea, il Thesmophòrion, contiguo al tempio di Afrodite, con un aulon di tipo telesterico polystilon, ancora in funzione intorno al II secolo ai tempi di Pausania (PAUS. I, 31, 1). La festa vi si svolgeva al primo incedere dell’autunno, forse dal 10 al 14 del quarto mese attico, Pyanepsione (ott.- nov.). C’era un avvio spregiudicato e leggero, con un giorno (Stenia) dedicato alle burle rituali in un linguaggio sboccato e scurrile. Seguiva un giorno sul promontorio di Colias ad Halimus. Poi il triduo ateniese con l’inaugurale ritorno o salita al tempio (Anodos). Il giorno di mezzo era dedicato alla cruciale cerimonia misterica e segreta con il rigido digiuno rituale (Nesteia): resta perciò arcano il disseppellimento di brandelli di carne di porcellino e altri oggetti interrati precedentemente in grotte. Nell’occasione si offrivano focacce rituali (ARISTOPH., Thesm. 285) a lei e a Persefone. Il terzo giorno (Calligenia) era infine quello della procreazione e della vita in onore di Demetra Calligenia, «generatrice di bei figli».

Nel 413 a.C. nel Porto Grande di Siracusa galleggiavano cadaveri e tavole bruciacchiate della gloriosa flotta ateniese. In patria il Governo dei dieci probuli aristocratici azzeravano con un colpo di stato la democrazia, si portavano a trenta, scioglievano la Bulé e nominavano i Quattrocento con il compito di scegliere cinquemila cittadini che dovevano governare per la durata della guerra.

Fra le macerie della debacle militare e politica che ti fa Aristofane? Con i congeniali sberleffi e le crasse allusioni sessuali, proprie delle parabasi comiche, affronta nel 411 la questione del ruolo della donna nella società. Forse alle Lenee (mese Gamelione, gennaio-febbraio) presenta le Temoforiázousai, sboccata satira letteraria anti-euripedea, e alle Grandi Dionisie (8-13 Elefebolione, marzo-aprile) la Lisistrata, feroce parodia del comunismo platonico, entrambi in chiave antimilitaristica e panciafichista, pallino ricorrente nel suo teatro, dalle celebri ampolle, alla pace separata individuale fino all’omonima Pace da liberare e riportare sulla terra.

Forse la questione della donna è un diversivo per stornare l’attenzione dalle tragedie?

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