Lombardia über alles

(Carmelo Fucarino)

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Fa un certo senso (così in gergo) o, se volete, suscita un moto di ribellione l’inciso di un trafiletto di Giangiacomo Schiavi sul Corsera, 26 marzo, “Le istituzioni mortificate”, quasi tutto da sottoscrivere.

Premessa: cosa ci si poteva aspettare da un “poco di buono” di Vendola. Però che un gentiluomo perbenino si perdesse in ingiurie da mercato generale (che vuole dire “miserabile”? degno del massimo disprezzo; spregevole dal punto di vista morale?) e si arrogasse il diritto di definire il “nemico” “impasticcato” ce ne corre dall’eleganza e, se mi permettete, dalla caritas cristiana e dal progetto di comunione. Per altro esulano dai termini dell’offesa ricevuta. Le ragioni della verità e dell’intelligenza sprecate con villanie non pertinenti. Chi è nobile di eloquio e di spirito lo rimane anche se offeso da un “villanzone”.

Quale era l’offesa? la frase “La Lombardia è la regione più mafiosa d’Italia” e altre accuse personali. Esagerata generalizzazione certamente, ma l’infiltrazione del cancro è stata certificata non solo dalla Ilda Bocassini o dal procuratore Giuseppe Pignatone (Corsera, 24 marzo, “Omertà sulla ‘ngrangheta. La Lombardia reagisca”) e, se vi sembrano troppo schierati e compromessi, da una persona, spero che si ammetta, fuori dalla mischia come il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che non è un tipo di guastatore alla Saviano.

Quello che però mi ha indignato, da siciliano professo ed orgoglioso, è la conclusione in prima pagina di Schiavi: “«La Lombardia è la regione più mafiosa d’Italia», ha detto, quasi con disprezzo e senza il minimo riguardo per quei cittadini onesti che si sforzano di dare forza e visibilità alle pratiche corrette”.

E quando mai si è fatto questo discrimine e si è avuto “riguardo” per i Siciliani onesti? cioè del 99% dei Siciliani. Ha provato il sig. Schiavi (o qualsiasi lombardo) a dire all’estero di essere siciliano senza sentirsi rispondere “maffia” in tutte le intonazioni delle parlate locali, tra sorrisetti e ammiccamenti? Eppure i martiri della mafia, abbandonati, si dice, dalle istituzioni, sono stati siciliani, Falcone e Borsellino e tanti altri piccoli “servitori dello stato” prima di loro da Scaglione a Chinnici a Cassarà. Eppure la rivolta antiracket, come “Addio Pizzo”, è sostenuta dalla nostra Confindustria isolana, che ha avuto la forza e il coraggio di cacciare industriali che per quieto vivere, pagavano il pizzo (ultimo l’altro giorno un importante produttore). E se ricordo bene, lo tsumani di “Mani pulite” sconvolse (per qualche mese) molti onesti imprenditori del Nord.

Non si dica che in Sicilia non c’è stata. Qui non poteva esserci perché, bontà degli Italiani, non esiste un’industria di livello nazionale o multinazionale.

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