Cenerentola o il sogno moderno

(Carmelo Fucarino)

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Certamente è universale ed antico il sogno delle odierne fanciulle in fiore di indossare la scarpina del principe azzurro, tanto che, pare, molte finiscono nelle fauci dell’Orco, invece che nelle braccia del Principe.

La fiaba Cendrillon ou la petite pantoufle de verre di Charles Perrault offrì lo spunto per lo “scenario”, scritto da Nilolaj Volkov, per il balletto di Sergej Prokofiev. Essa faceva parte della raccolta delle troppo note undici fiabe, Histoire ou contes du temps passé ou Les Contes de ma mère l’Oie, per citarne qualcuna delle terrificanti Cappuccetto rosso, Barbablù, La bella addormentata, Il gatto con gli stivali, Pollicino, certamente la più dolce fra le tante terrificanti. Il nostro autore, inventore del genere, membro dell’Académie française ed interessato alla celebre Querelle des Anciens et des Modernes (1688), nel 1697, a cinquantacinque anni, pubblicò la modernissima e fortunata raccolta, che tanti fanciulli ha atterrito e turbato o fatto sognare.

Dopo il conservatorio di San Pietroburgo e la scuola con Rimskij-Korsakov, nel 1914 la svolta di Londra ove incontrò Debussy, Ravel, Strauss, ma soprattutto Stravinskij e il grande Sergej Diaghilev per il quale compose il primo balletto Ala. Poi Parigi e la grande chance degli Stati Uniti. Sarebbe troppo deviante raccontare la sua sconfinata arte, complessa e completa, tanto che fu definito «musicista al quadrato». Bastano le sue sinfonie, la celebre pure per lui Quinta op. 100, la travagliata Ottava. E poi per primo, le musiche per i film, come l’Ivan il Terribile e l’Aleksandr Nevskij di Sergej Eizenstein. Poi il 10 febbraio 1948 la deliberazione del comitato centrale del partito comunista: la sua musica «peccava di intellettualismo e di perversioni formalistiche, era complicata ed astratta, avulsa dalla realtà e contenente gravi errori formalistici e naturalistici».

Chi non ha visto la portentosa interpretazione della sua favola musicale Pierino e il lupo da parte di Roberto Benigni, nella esecuzione di un altro prodigio, a noi familiare, Claudio Abbado. Come la Divina Commedia per il popolo, questa è stata la musica spiegata a bambini.

 

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Il balletto Cenerentola (Cendrillon, inglese Cinderella e russo Zolushka op. 87), in tre atti e 50 movimenti, fu composto tra il 1940 e il 1944 (la guerra gli ispirò l’opera Guerra e pace) ed ebbe la prima al Teatro Bolshoj il 21 novembre 1945, diretta da Yuri Fayer, protagonista Galina Ulanova.

Fu un esperimento nuovo per il balletto, attraverso i movimenti di danza stravolti da una musica rutilante ed allegra, per il doppio ruolo delle sorelle, ilare e pazzo. Sarebbe troppo lungo e noioso descrivere tutte i 50 movimenti. Chi ha assistito allo spettacolo, può rievocarne la sgargiante espressione delle situazioni, la varietà, sia di ritmi e timbri musicali, sia di passi di danza, dalle classiche alla nuove esperienze di balletto, la riuscita caratterizzazione dei personaggi (il padre, la madrina, i dragoni). Ne indichiamo alcuni momenti che maggiormente ci hanno coinvolto: gli antichi moduli musicali (la gavotta, le francesi passe-pied e bourrée), le pennellate espressionistiche (la danza dei nuovi vestiti delle sorelle quella delle fate delle quattro stagioni, le variazioni) e i ritmi popolari (la danza dello scialle, le due mazurche, il grande valzer e il valzer coda), le forme onomatopeiche (l’orologio, i tre galoppi del principe), la lezione di danza e la parata della danza di corte o del rinfresco, i grandi duetti, per chiudere con quel delicato “amoroso”, tenero ed elegiaco che rimanda a pagine di adagi.

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Il nuovo allestimento del Teatro Massimo, ancora con qualche vuoto in sala, come è avvenuto per le precedenti prime assolute, ha trovato però raffinati intenditori che hanno tributato applausi talvolta a scena aperta all’eccezionale coreana Ji-Young Kim e al degno partner, lo spagnolo Igor Yebra, ma anche alla dinamica matrigna Carla Livio e alle spassose sorellastre, Lucia Ermetto e, in linea con la tradizione dell’interpretazione delle due parti al maschile, il giovane Marcello Carini.

Applausi finali per le sue originali e splendide coreografie a Luciano Cannito, che ha firmato anche la regia, al direttore Giuseppe La Malfa.

Edizioni celebri quella di lord Frederick Ashton e quella di Rudolf Nureyev.

Foto per gentile concessione dell’Ufficio Stampa Teatro Massimo.

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