IL CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA

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(Gabriella Maggio)

Dal GATTOPARDO di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Nell’ottobre 1860 a Donnafugata il sindaco Calogero Sedara annuncia l’esito del Plebiscito : votanti 512, sì 512. Qualche pagina più avanti, durante la battuta di caccia sulla cima del monte Morco don Ciccio Tumeo argomenta al principe Fabrizio le ragioni del suo no e la sua delusione per la mancata considerazione del suo voto: “ Per una volta che potevo dire quello che pensavo, quel succhiasangue di Sedara mi annulla…..” A sua volta il principe Fabrizio riflette : “….adesso sapeva chi era stato ucciso a Donnafugata, in cento altri luoghi, nel corso di quella nottata di vento lercio: una neonata : la buonafede: proprio quella creatura che più si sarebbe dovuta curare, il cui irrobustimento avrebbe giustificato altri stupidi vandalismi compiuti. Il voto negativo di don Ciccio, cinquanta voti simili a Donnafugata, centomila “no” in tutto il regno, non avrebbero mutato nulla al risultato, lo avrebbero reso più significativo; e si sarebbe evitata la storpiatura delle anime.” Nel romanzo don Fabrizio è favorevole alla costituzione del regno unitario per ragioni di opportunità e necessità politica e l’Autore variamente sviluppa il tema nel corso della narrazione. Nel contesto del romanzo, perciò, l’episodio di monte Morco mette in evidenza un’importante osservazione politica, perché con amarezza fa riferimento al tradimento dell’occasione di cominciare a formare una coscienza civile schietta e fiduciosa nelle istituzioni, tale da costruire una nazione più moderna e più civile.

Ancora una volta rileggendo il romanzo di Tomasi di Lampedusa emergono aspetti interessanti, lasciati in ombra da letture e giudizi critici che oggi appaiono restrittivi. Compresa l’affascinante e suggestiva interpretazione del regista Luchino Visconti. Ma questa mia considerazione non vuole riaccendere vecchie polemiche letterarie né cedere all’esaltazione acritica del romanzo, secondo un certo stile siciliano. Vuole soltanto ristabilire un’equilibrata considerazione dei temi che Tomasi affronta e che trovano relazione col nostro attuale contesto culturale, in questa dolente e contrastata rievocazione dei centocinquant’anni dell’Unità. Quando il romanzo fu pubblicato da Feltrinelli nel 1958 l’orizzonte d’attesa era profondamente diverso da quello di oggi, si cercava sebbene in vari modi un rinnovamento letterario sia nel linguaggio sia nei temi. Di lì a poco il Menabò di E. Vittorini ed I. Calvino, mentre già dal’56 si pubblicava Il Verri di L.Ancechi aperto a nuove esperienze letterarie, che troveranno espressione nella neoavanguardia ed in un’ideologia antineocapitalistica. Il Gattopardo appariva contrastante con quest’orizzonte, fuori tempo come il suo autore, un gentiluomo d’altri tempi, di un’eleganza compassata. Quest’atmosfera letteraria spiega il rifiuto di Vittorini di pubblicare l’opera presso Einaudi e l’interesse di G. Bassani, che insieme a C. Cassola allora veniva definito “Liala della letteratura”. Oggi l’interpretazione è diversa, l’elemento storico acquista valore in quanto richiama il presente e ne dà una lettura. Il principe Fabrizio è un acuto osservatore del mondo che lo circonda così come lo è del mondo siderale. Ma la differenza è che il mondo delle stelle appare al principe regolare e preciso, quello degli uomini confuso e campo di scontro di pulsioni distruttive.

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