Uno scenario inquieto verso la chiarezza

( Fabio Russo)

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Vi dirò, cari Amici del Vesprino, come in uno scambio di vedute che una singolare vicenda si snoda ai nostri occhi attraverso più piani con il romanzo di Rosa Maria Ponte Nel cuore della notte. Il merito di questo lavoro (compreso il bel risultato editoriale attribuibile a “La Zisa”) va a una scrittura di tipo scenico corale dovuta a più campi o centri e condotta con tratti di indagine introspettiva di forte confidenzialità, a volte da diario inserito nel racconto e da ripercorrimenti di esperienze estesi o brevi, quasi dei flash. Proprio le esperienze sono la materia diretta presente quanto rievocata lontana, che guizza nella memoria, ossia nella presa di coscienza e regìa di un “io” narrante più o meno “responsabile” dei fatti da muoversi complementarmente in terza persona oltre alla sua (quella degli “altri”). Una coscienza questa che fluisce vigile, come un flusso che talora sembra automatico per il gioco delle interruzioni in subitanea alternanza, da rendere problematica la esplicabilità razionale di tale vicenda, problematica in sé specie in virtù del taglio narrativo impresso. Quello di un ritmo cadenzato sui passi di Wilde, con il gusto della citazione e insistita sempre sulla sua stessa opera, quello di una tecnica spezzettata tesa sapientemente alla ricomposizione dell’unitario senso di vivere.

Ecco, la regìa di scrittura porta un impianto strutturale e un esito stilistico di forte quanto discreto non invadente avvincimento. Più che mai qui si sente stretto il rapporto autore-lettore, che quasi si sente medesimo o tutt’uno o solidale con l’autore, mentre dal canto suo l’autore si dispone con distacco persino impersonale, fuori da sé nonostante l’appassionamento, da mettere in scacco chi leggendo crede di risolvere il nucleo ampiamente disteso, lo spessore di non detto, di incognita che dà sapore a questa scrittura, a questo romanzo.

Ma è proprio un romanzo?

Si capisce non tradizionale, malgrado le apparenze. Non porta a una conclusione, non si svolge per passaggi chiarificatori dei vari episodi, non mostra cronologicamente e psicologicamente l’originarsi delle emozioni, non lega gli stati d’animo preferendo rompere il meccanismo del prima e del dopo, e giustapporre i risultati emozionali. Romanzo aperto invece, ben al di là della trama, romanzo a suo modo come diagnosi attraverso campionature, pezzi di mosaico che si ricompongono in un quadro, dove ogni tranche è dell’intera vita, tranche che cerca di essere colta nella sua interezza, nel suo senso riposto. ( continua)

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