Identità o identicità? Dagli Ateniesi a noi.

( Lavinia Scolari)

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La parola “identità” è un termine storicamente recente, di cui però si ha la prima traccia nella tarda latinità nella forma identitas. Il sostantivo in questione deriva dall’aggettivo e pronome idem che marca un rapporto di uguaglianza e che è generalmente tradotto lo stesso, il medesimo. Dunque il termine con cui oggi indichiamo “la coscienza, anche collettiva, della propria individualità e personalità” o “il complesso dei dati caratteristici e fondamentali che consentono l’individuazione o garantiscono l’autenticità” di un singolo o di un gruppo (secondo la definizione in G. Devoto, G. Oli, Il dizionario della lingua italiana, Firenze, 1995) trae origine da una forma aggettivale atta a marcare una relazione di uguaglianza più che una distinzione rispetto a qualcosa “altro” da sé. In realtà anche nel dizionario della lingua italiana la prima accezione di “identità” che è registrata è la seguente: “rapporto di esatta uguaglianza e coincidenza”. Con questo significato si costituì verosimilmente la forma sostantivale identitas. Pertanto una sfumatura semantica del termine in esame da non sottovalutare è quella della identicità rispetto a un modello o a un dato non meglio precisato. Il termine adoperato fin qui si configura come un’eredità pesante e in qualche modo fuorviante rispetto alla realtà che viviamo oggi, perché potrebbe lasciar credere che esistano per lo più identità uniche e univoche, del tutto separate da qualsiasi legame col mondo circostante. In base a questa lettura si potrebbe concludere che, perché un’identità sia tale e conservi il suo specifico statuto, sia necessario escludere ciò che non è identico a sé (e dunque ciò che è differente e dissonante).

 

Ma a che cosa dovrebbe essere identico l’oggetto di cui si cerca di definire l’identità?La domanda è molto più difficile di quanto sembri, e forse è talmente mal posta che non si può offrire una risposta soddisfacente e condivisibile, dato che le identità (e la scelta del plurale parla da sé) con cui siamo continuamente a confronto e in cui siamo più o meno consapevolmente immersi sono molteplici, sfaccettate, e soprattutto plurali, luoghi di incontro che danno vita non tanto a comunità ben definite e consolidate, quanto a singole biografie che si intrecciano tra loro e si sciolgono continuamente in un mosaico dai contorni sfumati. A riprova del fatto che il concetto di identità è una “invenzione” storicamente recente è il caso di ricordare che in greco antico non esiste un lemma sostantivale che esprima l’idea di identità come oggi la intendiamo comunemente, ma esiste un termine per identicità usato per marcare anche dei rapporti identitari (ajutovth"). Quando gli Ateniesi intendevano indicare se stessi rispetto agli stranieri che frequentavano la loro polis o rispetto alle altre città greche o “barbare” limitrofe, non adoperavano espressioni del tipo “noi Ateniesi”, ma pensavano la loro identità secondo una relazione di uguaglianza e reciprocità che li legava tra loro e distingueva dagli “altri”, definendosi “gli stessi, gli identici” (cfr. aujtoiv). Ma gli Ateniesi si sentivano “gli stessi” rispetto a chi o a cosa? In virtù di quale principio si ritenevano più Greci di tutti gli altri Greci? Perché loro vantavano di essere autoctoni, e non semplicemente nel senso che potremmo intendere noi moderni, cioè “indigeni, del luogo”, ma nel senso di “nati dalla terra”, definiti da un rapporto di identità e “reciprocità” con la terra, cioè con il luogo di origine. “Autoctono”, infatti, deriva dal greco autocthon, composto da autòs (lo stesso, il medesimo) e cthòn che non significa semplicemente “terra”, ma ne denota un aspetto: essa non è la superficie terrestre, ma terra con la sua profondità; per dirle in termini geografici, non la mappa, ma il globo. La dimensione spaziale e profonda che Cthòn implica fornisce alla Terra la fisionomia materna di un grembo fertile dal quale gli esseri umani, anzi, gli Ateniesi sono stati generati.  Per gli Ateniesi, dunque, identità è essere in relazione di identicità con il luogo che sentono come loro patria, essere non solo nati lì, ma nati dal luogo stesso, e aver vissuto in esso da sempre. Un elemento fondante della tradizione identitaria ateniese, dunque, è il luogo. E per noi? Di certo nessuno di noi crede di essere uscito fuori dal grembo della terra (presumo). Ma il luogo in cui nasciamo, viviamo, dove ci trasferiamo o nel quale trascorriamo anche solo una parte dei nostri giorni, non finisce per rappresentare un tassello di quella misteriosa parola che chiamiamo identità? E che cos’è il “luogo” se non l’interazione fra gli esseri umani, ovunque essi siano, di qualunque posto siano originari? Identità è incontro, relazione, confronto. Identità non è uguaglianza a tutti i costi, ma consapevolezza della differenza.

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