“Il bestiario” al CISM

(Carmelo Fucarino)

image

La Sirena di Myrina – I sec. a.C.

Il tema della Tavola Rotonda, “Il Bestiario”, allude alle raccolte medioevali, diffuse soprattutto nella Francia e nell’Inghilterra del XIII-XIV secolo, su animali reali o fantastici in funzione etica, riprese e volgarizzamenti del Physiologus, scritto in greco tra il II e il III sec. d.C. per i cristiani di Egitto (12. de sirena et onocentauro; 6, de pelicano). Il tema non è nuovo nelle ricerche del Centro Internazionale di Studi sul Mito (CISM), delegazione palermitana diretta con grande competenza ed esperienza da sua Ecc. il prefetto Gianfranco Romagnoli. D’altronde questo particolare settore della mitologia classica, greca ed orientale, e poi di quella medioevale, ha una vastissima letteratura, dal momento che era coinvolta tutta la zoologia allora nota e si concedeva persino invenzioni zoomorfiche e pure theriomorfiche.

Le ragioni del coinvolgimento del mondo animale nella rappresentazione e nella simbologia mitologica sono state un fertile campo di indagine degli studi sulle religioni antiche. Prima che si affermasse la religione olimpica, quella per intenderci degli Elleni, imposta dopo le loro disastrose e costruttive Volkswanderung (le successive ondate di Dori, Eoli, Ioni e dei discendenti Attici), la nuova teogonia che si schierò negli opposti campi di Greci e Troiani nell’epica cosiddetta omerica, e che fu sistemata nella versione beotica dal grande teologo e saggio Esiodo, c’era stata nel bacino del Mediterraneo una religione indigena preellenica, genericamente detta achea, che aveva storicamente rappresentato la religiosità micenea e della talassocrazia minoico-cretese. Ricordo soltanto la figura totemica tauromorfa, il Minosse-re o Minotauro e le tauromachie cretesi (grande salto storico-culturale le corride spagnole, abolite per legge quest’anno a Barcellona). Il mito di Teseo e di Arianna documenta il momento di sconfitta della vecchia civiltà minoica soppiantata da quella ellenica (resti di incendio a Cnossos). La società preellenica, ctonia e quindi misterica ed iniziatica (forme storiche l’orfismo e poi il pitagorismo e il platonismo), trovava una simbiosi con la natura nelle rappresentazioni fitomorfiche e zoomorfiche. Ancora nell’Atene storica la protettrice Athena era connessa ai simboli dell’ulivo e della civetta. Questo in modo assai schematico e superficiale dato lo spazio dell’intervento.

Le ricerche del presente Convegno si articolano su piani ed epoche diverse. Per prima Gabriella Maggio affronta il tema, complesso e intricato, delle Sirene. Siamo in una dimensione magica e mistica, che a partire dall’epica odissiaca delle “Incantatrici” e “Ammaliatrici”, attraverso Platone e Plutarco fino ad Apollonio Rodio e Ovidio, per citare i più noti, va definendo la sua incerta iconografia tra essere ittiomorfico (la “Sirenetta” di Copenaghen) e ornitomorfico. L’analisi di Maggio, in ossequio al titolo del tema da lei proposto, si sviluppa a partire dalla iconografia classica per tracciare il processo, nel secolare riutilizzo metaletterario, del quale la studiosa ha richiamato diacronicamente tipologie e simbolismo nei secoli, fino alle moderne citazioni di Borges e Tomasi. Più specifica e specialistica la ricerca dì Lavinia Scolari, che attraverso una meticolosa analisi delle fonti classiche ha delineato forma e significati dell’unicorno “nell’antichità” classica fino ad individuare i primi contatti, dopo la spedizione alessandrina, con il misticismo orientale ed indiano. Carla Amirante ha affrontato il simbolismo dell’aquila nella società romana dalle origini fino all’Impero e ne ha tracciato una precisa mappatura nello sviluppo del simbolismo e della sua utilizzazione storica. A chiudere il cerchio lo studio sul “pellicano”, che si circoscrive nella simbologia medioevale cristocentrica, sviluppando una delle tante soluzioni semiotiche di Cristo, la più celebre certo quella del pesce (IXTHYS, anagramma dei titoli divini, l’INRI romano), qui la rappresentazione della Crocifissione e del sangue che sgorga dal costato.

I quattro interventi, coordinati da Romagnoli, hanno offerto un quadro variegato delle rappresentazioni zoomorfiche classiche, ricordate nella forma più eclatante e cosmica dell’universo stellare dello Zodiaco.

Mi è gradito riportare dal Bestiario moralizzato di Gubbio (XIII-XIV sec., Torino 1966) il sonetto De le serene (n.44):

De le serene odito aggio contare

ke canta oltra messura dolcemente,

sì ke la gente ke va sopra mare,

odendole, s’adormo amantenente;

ed elle vanno poi, quando a lor pare,

tucti li ocido e nullo se ne sente.

Potemo la serena semegliare

a questo mondo misero dolente,

ke canta a voglia de li peccatori

lo sì dolzemente ke·lli fa dormire,

poi li ocide e mandali ad onferno,

ove so’ canti pieni de dolori.

Per Dio merzé, no·lli voliate audire,

ce ve torran la vita senpiterno.

E De l’unicorno (n. 4):

«Signore, porrai me dare dotrina,

k’a l’unicorno desti volentate

d’umiliare la sua gram ruina

ver’, si è, belezze cun verginitate:

la quale tanto lo core li affina,

ke ve se adorne e la morte ne pate;

ma [la] sua carne puoi per medicina

se dà, ke vale ad onni infirmitate.

E cusì de lo tuo fillio facesti:

mamdastilo a la Vergine Maria,

e umilmente ein essa se encarnò.

Poi ke fo homo, a [la] morte lo desti,

e la sua carne a nostra malattia

fo medicina ke l’arisanò.».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy