ETICA E ECONOMIA

(Natale Caronia)

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Che l’etica sia dote indispensabile nei rapporti della comune vita civile è dato acquisito da Socrate in poi, tanto che non dovrebbe esser neppure discusso. Il fatto che se ne parli dimostra quanto alta sia la disattenzione al riguardo. E ciò a qualsiasi livello, come se la bramosia umana non avesse confini oscillante dallo squallido mercato delle partite di calcio truccate sino allo strozzinaggio planetario dei mercati finanziari, che rischiano di uccidere la stessa gallina dalle uova d’oro. Certamente esistono comportamenti colposi da parte di quella governance che ha permesso enormi accumuli di debito pubblico per garantire alla società uno status economico superiore alle sue possibilità e, nel contempo, non gravare di imposte i contribuenti-elettori. Tutto questo è risaputo. La domanda è: il disastro attuale in cui l’Europa è piombata era prevedibile? La storia, come sempre, la risposta l’aveva data. Nel 1944, sul finire della II guerra mondiale, Gran Bretagna e Stati Uniti stilarono l’accordo di Bretton Woods con cui venne stabilito il sistema di cambi fissi delle monete. A guidare la delegazione britannica era Keynes, ritenuto il più grande economista del secolo scorso, il quale sapeva che il sistema di cambi fissi poteva esser mantenuto nel tempo soltanto nelle economie omogenee per crescita, inflazione e saldi. Paesi con saldi negativi avrebbero dovuto essere sorretti dagli stati con bilanci positivi tramite fondi messi a disposizione a tal fine.

Naturalmente gli Stati Uniti non erano d’accordo su tale punto, data la previsione positiva del loro bilancio; tuttavia si dichiararono favorevoli ad un fondo limitato. Questo, insufficiente a finanziare il deficit dei paesi più deboli, si rivelò inidoneo a fronteggiare la speculazione dei cambi, divenuta aggressiva al tempo della crisi petrolifera degli anni 70, a causa dell’enorme quantità di petrodollari raccolti dai paesi produttori di petrolio. Ciò determinò la fine dei cambi fissi delle valute, operata dal Presidente Richard Nixon a metà degli anni 70.  Quando in Europa venne creata, a seguito del mercato unico la moneta unica nel 2002, avrebbero dovuto essere predisposte le basi di sistemi integrativi di politica economica e fiscale comune o, comunque, sistemi di soccorso per le economie più fragili dei paesi membri. Ciò non è stato fatto perché i paesi più forti economicamente, quali Francia e Germania soprattutto, pur traendo grandi benefici dall’export facilitato dall’apertura delle frontiere dei restanti paesi europei, non si sono impegnati per prevenire i rischi derivanti dall’assemblaggio di economie a diverse velocità, né di procedere di comune accordo con i restanti stati verso una vera integrazione politico-amministrativa. Sono venuti a mancare all’appuntamento con la storia figure del calibro di Adenauer, De Gasperi, Schumann. In epoca antecedente la moneta unica ogni paese in difficoltà ricorreva alla stampa di carta moneta per promuovere opere pubbliche, dando lavoro ed innescando la ripresa ma, nel contempo, determinando inflazione che colpiva soprattutto reddito fisso e pensionati. Con l’euro ciò non è stato più possibile per i vincoli derivanti con la Banca Europea; d’altronde, il ritorno alla moneta nazionale, auspicata da taluni, avrebbe conseguenze imprevedibili. Gli sforzi in atto dei nuovi governi italiano, irlandese, spagnolo, portoghese e greco sono volti al recupero economico al breve – medio termine, ma rimane l’incognita del futuro di tutto il nostro continente il cui obiettivo, ancora inevaso, è l’integrazione. Dopo il fallimento, almeno in Russia, del socialismo reale, il sistema economico non può che essere il liberismo temperato dal controllo statale, secondo le idee di Keynes, poiché il liberismo puro, propugnato da Adam Smith, determina accumulo di risorse e disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Tuttavia molto dipende da chi governa perché, secondo la visione machiavellica di Vilfredo Pareto, economista-filosofo a cui è stato intitolato l’Istituto ITC di via Brigata Verona di Palermo, chi governa lo fa esclusivamente per il proprio interesse e non per quello della collettività; le clientele in democrazia hanno lo stesso ruolo dei vassalli nel medioevo; il clientelismo è la realtà della democrazia; la democrazia come governo popolare è un pio desiderio. Idee che non si possono condividere, ma che fanno pensare. Infatti, non è possibile costruire la realtà europea, di un continente culla della civiltà occidentale all’avanguardia nel mondo per politiche sociali, senza che siano presenti gli ideali stessi della sua civiltà, al fine di unire sotto lo stesso tetto genti della medesima cultura che si sono combattute sino a due generazioni fa e porre finalmente le basi di un corpo unico europeo per un futuro migliore per i nostri figli. Imperativo categorico dunque: la legge morale dentro di noi ed il cielo stellato sopra di noi.

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