Poesia e canzone: forme d’arte a confronto

(Daniela Scimeca)

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Qualche giorno fa, facendo zapping col telecomando mi sono imbattuta in una trasmissione in cui si dibatteva sul confronto tra poesia e canzone mettendone in evidenza punti di contatto e differenze. Notai che l’argomento e il modo di presentarlo erano parecchio interessanti, perché poeti e cantautori dicevano ognuno la loro e infine si arrivava ad una idea condivisa più o meno da tutti. Sono rimasta affascinata dal dibattito e dalle sue conclusioni. Dunque si può veramente paragonare la poesia con la canzone? In effetti esse nascono entrambe per descrivere uno stato d’animo, un’emozione o per dire qualcosa di importante, a volte per denuncia, altre volte per rabbia. Ma, se le analizziamo meglio, scopriamo che sono due forme d’arte distinte nella forma perché la poesia è fatta di versi e parole, ha una struttura più o meno rigida, è essenziale e ti obbliga a considerarla nella sua solitudine di testo scritto, si trova infatti al centro della pagina e ne diventa la protagonista assoluta, possono esserci delle note di accompagnamento ma null’altro che testo nudo e crudo ed è da li che devi sviscerare il senso, è da li che devi partire per percorrere a ritroso il percorso emotivo del poeta e rintracciarne il messaggio.

La poesia è una scrittura incisiva e diretta, ti obbliga a pensare e interpretare, ad essere parte attiva nella sua fruizione. La canzone invece è una fusione di parole e musica, non esiste se non in questo connubio, ed una volta che la fusione è avvenuta è difficile per chiunque disgiungerla. Anche la canzone ha qualcosa da dire la maggior parte delle volte. Ci sono canzoni più o meno impegnate che trattano argomenti di attualità o problematiche esistenziali ma, nella canzone, la musica ha un trasporto maggiore, il senso dell’udito ha quasi sempre il sopravvento, così il messaggio della canzone diventa meno diretto e, per così dire, addolcito e mediato dalla musica. Lo schema delle parole è semplificato, ci sono degli elementi ridondanti come il classico ritornello, le figure retoriche sono ridotte al minimo e le immagini descritte sono brevi ma efficaci, non c’è l’obbligo alla lentezza presente nella poesia né alla concentrazione perché è come sottofondo che la canzone da il meglio di sé. Vi sono a volte dei tentativi di mettere in musica poesie rese immortali dal tempo, mi viene in mente l’esperimento un po’ ardito di Fiorello quando musicò il San Martino carducciano con un ritmo da discoteca e fece sì che tutti i giovani di allora ricordassero la poesia proprio perché fusa alla musica. Credo però che questi rimangano esperimenti isolati, forse è preferibile farsi coccolare da una canzone che è nata canzone piuttosto che da un frankenstein culturale. A volte un sottofondo musicale adeguato può accompagnare invece la lettura di una poesia esaltandone alcune parti rispetto ad altre. Possiamo considerare dunque la canzone una forma d’arte e forse anche una forma poetica mantenendola però ben distinta dalla poesia vera e propria, se non altro perché la seconda ha secoli di storia e letteratura mondiale dietro di sé e continua a lasciare oggi un’impronta umana difficile da ignorare.

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