Don Quichotte – Minkus-Petipa – Gorskij

(Carmelo Fucarino)

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Per la seconda volta al teatro Massimo di Palermo dopo la prima presentazione nel 2006 con la eccezionale compagnia del Mariinskj di San Pietroburgo, il Don Chichotte debutta nella versione Marius Petipa, Aleksander Gorskij e Kas’jan Golejzovski. Il Kiev Ballett Theatre, costola del National Opera of Ukraine, lo presenta con il suo corpo di ballo e con le sue étoiles Tatjana Lozova – Kitri e Denis Nedak – Basilio, maître de Ballet Viktor Litvinov, Orchestra del Teatro Massimo, diretta con enfasi dal grande Aleksej Baklan. Sulla linea interpretativa, pure estrose e piene di inventiva e di verve le macchiette Sergej LitvinenkoDon Quichotte con il suo Sancho PanzaJurij Korobcevskij e il LorenzoJurij Romanenko. Così applauditi tutti gli altri interpreti, talvolta in sovrapposizione in corso d’opera o interrompendo addirittura la loro performance. Certamente per il balletto occorre un’educazione maggiore che per qualsiasi altra forma di rappresentazione teatrale, una competenza delle figure e degli interventi dei diversi ballerini, e a un pubblico di massa, e in particolare a quello delle prime, non si può chiedere troppo. Perciò i focosi e sfrenati “bravo” davanti alle acrobazie più o meno rischiose dei ballerini, poco capendo generalmente dei preziosi e stupendi agoni di coppia nel pas de deux, che in questo balletto certamente abbondano.

Perciò spesso non si possono valutare correttamente le sue figure, entrate nel canone dei cosiddetti “balletti russi”, a cominciare dalla fondazione nel 1909 da parte di Serge Diaghilev, che nulla hanno a che spartire con le forme di balletto americano (dalla riforma del balletto classico di George Balanchine al balletto moderno): l’entrée (l’entrata dei due ballerini), l’adagio di coppia, la variazione solista maschile con i passi celebri cabrioles, entrechats e grands jetés, quella femminile con i passi pirouettes, arabesque sur pointe e pas ballonnè sur pointe e infine la coda, con il ricongiungimento dei due ballerini per il finale danzato insieme. L’opera ne presentava di diversa difficoltà e resa. Così, penso, pochi hanno distinto il Grand pas de deux (il Grand pas des toreadors, introdotto da Alexander Gorsky). Ma passiamo ai momenti salienti. Dopo il breve prologo di sola mimica, in cui Don Chichotte nel suo studio sogna tornei e cavalieri ed è interrotto da Sancho ladro di un pollo inseguito dalle donne, segue l’episodio “La piazza del mercato a Barcellona", una coreografia classica in stile spagnolo, ritmato su dinamiche e effervescenti danze di carattere. Nel secondo episodio, "L’accampamento zingaro", si impongono le danze di carattere, nel terzo, "Il sogno", prevale la forma classica con la presenza quasi esclusiva delle ballerine. Nell’episodio, "Una taverna a Siviglia", ancora danze di carattere, ma anche di mimo. E a chiudere il grande turbinare di movimenti con la celebrazione finale del matrimonio, come nel rito del gamos che spesso chiudeva la commedia attica aristofanesca. Qui si distende nell’interminabile grand pas classique in cui tutti i personaggi principali svolgono i loro commenti mimici e di danza. La musica di Minkus risuona nelle orecchie con la sua scanzonata allegria anche dopo molto tempo e riempie l’anima di gioia. La solita vicina di poltrona, rivolta alla madre, era stupita dalla bellezza dei costumi. Sì, i costumi erano sgargianti, come si richiede in una rappresentazione teatrale e simulavano l’ambiente gitano della Mancha, per fortuna la scenografia (scene e costumi di Volodomir Aref’ev) era lineare e serviva da sfondo, senza le recenti rotazioni meccaniche che distraggono dalla musica e dalla resa interpretativa. Si deve dare merito al Teatro di Kiev, nonostante le sue difficoltà economiche, rese evidenti al momento della sua indipendenza dopo 57 anni dall’Unione Sovietica (1991), con l’aumento dei costi anche in Ucraina e con le restrizioni per l’arte, di avere saputo mantenere questo corpo di ballo di “balletti russi”. Il Kiev Ballett giustamente vanta nel suo sito la prima nel 1874 del «Tchaikovsky’s “The Oprinchnik”, attended by the author himself who praised the company for its excellence… Today there are 24 ballets in the repertory of The Kiev Ballet, which makes it one of the biggest repertories in the world». Dal 9 al 13 marzo 2011 il Kiev Ballett ha rappresentato al Carlo Felice di Genova Il lago dei cigni. direttore Aleksej Baklan, che ebbe a dichiarare: «L’arte, quando praticata con convinzione e intensità, è portatrice di valori». Questa è politica culturale che rende, perché il mantenimento del corpo può essere coperto dalle trasferte. Il piccolo cabotaggio delle produzioni acquistate e delle coproduzioni portano solo a pesanti uscite finanziarie.Naturalmente occorrono grossissimi impegni economici e grandissimi sponsor disposti a metterci la faccia in un sistema occidentale che è ridotto al crack e taglia esclusivamente su scuola, cultura e servizi sociali. E sfortunatamente a Palermo latitano gli sponsor culturali con grave danno ed esiti spiacevoli. Qualche nota sul balletto. Aloisius Ludwig Minkus (1826-1917) fu un musicista austriaco che compose balletti durante i suoi anni alla corte russa nei Teatri Imperiali di San Pietroburgo. Il suo Don Chichiotte, del 1869 al Bol’šoj, è un balletto che si avvale dei richiami popolari gitani e con esplosioni frizzanti e travolgenti in cui gli ottoni si impongono con il loro timbro. Lunga la serie dei balletti ispirati al romanzo a partire dal 1614. In Italia un intermezzo operistico fu presentato alla Scala su musica di Angelo Tarchi nel 1783. Celebri le edizioni del 1966 e del 1973 di Rudolf Nureyev e quella di Mikhail Baryshnikov del 1980 con l’American Ballett Theatre.  Sulle informazioni tecniche della scelta della Compagnia, lodevole per il prestigio e la bravura tecnica, e dell’evoluzione di questo testo, vedi Comunicato stampa del Teatro Massimo.

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