I MIEI MAESTRI * Prima parte

( Raffaello Piraino)

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Eustachio Catalano

Fu quella una stagione felice per me giovane allievo perché sia al Liceo artistico che in Accademia, erano presenti artisti di grande mestiere e di rilevante statura culturale . …  Questa pinna nasale non mi convince! Le sue correzioni rasentavano la pedanteria e iniziavano sempre da quel piccolo particolare anatomico per estendersi poi alla restante figura. A fine lezione, del nostro disegno originario rimaneva ben poco e i margini dello stesso erano pieni di appunti eseguiti dalla sua espertissima mano. Eustachio Catalano mi ha insegnato i primi rudimenti del disegno di figura e poi, dopo gli anni trascorsi in facoltà di architettura, mi sono ancora ritrovato suo allievo alla scuola di pittura dell’Accademia. La sua arte, se per un verso rientrava nella norma, per un altro se ne discostava perché amava portare avanti, senza clamori e senza ricerca di consensi, una personale visione artistica che guardava con attenzione all’infinito mistero della vita quotidiana, con occhi sempre nuovi, in una prospettiva di realismo vissuto.

“ Eustachio Catalano non programmò salti nel buio o nel mercato ma rimase al suo posto con fermezza e coerenza, dando incisività al suo mestiere di pittore e di maestro di pittura, con una siciliana sensibilità, che toccava e tocca , allora come oggi, accenti di un lirismo autentico e vigoroso, alieno da romantici abbandoni” . Così scriveva di lui, in una presentazione in catalogo Francesco Giunta. E ancora Leonardo Sciascia :” Era passato attraverso tante esperienze , ma con misura con discrezione , sempre restando ogni cosa da lui dipinta riconoscibile come sua. … il suo francescanesimo era di immediata comunicazione con la natura e si ricreava in quel “buen ritiro “ che era per Eustachio Catalano la casa di fronte allo Sperone, alle porte della città: tra il mare, appunto, e il giardino col suo piccolo zoo domestico. Gatti sonnolenti o indecifrabilmente pensosi, galline, tacchini, colombi,conigli e barche”. Solo una volta, al termine della sua lunga vita silente, si lasciò tentare dallo struggente desiderio di recarsi a Parigi. Tutti abbiamo pensato che anche lui fosse rimasto attratto dal grande fascino che quella città aveva esercitato su altri artisti italiani invece, il motivo era un altro : desiderava rendere omaggio ad una sventurata creatura che rispondeva al nome di Alphonsine Duplessis , la tragica eroina della “Signora delle camelie” ribattezzata Margherita Gautier da Alessandro Dumas. Si fece accompagnare al cimitero di Montmartre , si tolse il cappello in segno reverenziale , disegnò una camelia sul taccuino che aveva con sé e pose quel foglietto di carta sul cippo marmoreo.

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*Da “ L’airone bianco e altri racconti” Coppola editore

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