GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

( Gabriella Maggio)

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Dal 1999 il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’O.N.U. per ricordare le donne vittime di violenza sociale e privata e promuovere una cultura che le tuteli e ne riconosca la parità con gli uomini. La data del 25 novembre in particolare ricorda l’assassinio, avvenuto nel 1960, delle sorelle Mirabal che si opponevano al regime di R. L. Trujillo nella repubblica Dominicana. Dal 2005 anche l’Italia partecipa alla Giornata. Ma la celebrazione da sola non basta. Essa infatti ha senso se è il culmine e la testimonianza di un impegno continuo, quotidiano e non sporadico. Purtroppo negli ultimi vent’anni si è lasciata progressivamente affermare in Italia una cultura, veicolata dai media, che, pur nel momento in cui la donna si afferma in molti campi professionali, l’ ha mortificata, degradandola ad oggetto di possesso e di piacere. Parallelamente è stato colpevolmente anche divulgato un machismo rozzo e provinciale, che esaspera i rapporti uomo donna, naturalmente a svantaggio della donna. Il perdurare del modello machista è stato profondamente deleterio in una società che già  per tradizione ha ignorato la parità di genere.

 

La soluzione del problema appare lontana, perché consiste ancora una volta nell’ educazione, che richiede tempo e che per essere efficace deve trovare dei sostegni nella cultura diffusa e condivisa dalla società. Perciò non basta dire che puntiamo sui giovani, perché questi spesso sono destinatari di messaggi contrastanti, quelli di alcuni media e dei network che spingono verso un successo economico-sociale facile e senza fine, e quelli più deboli della scuola e talvolta della famiglia, quando questa trova il tempo e la voglia di impegnarsi concretamente nel suo ruolo educativo e non meramente economico. Se continuiamo a lanciare ai giovani messaggi contrastanti per i contenuti o per la forza di persuasione, difficilmente faremo progressi. A questa considerazione se ne deve aggiungere un’altra : ognuno dei soggetti chiamati in causa, scuola, famiglia, società, taluni media, network , svolge il proprio ruolo ed obbedisce alle proprie regole, né può essere oggetto di repressione. Se ciò accadesse non sarebbe certo questa la soluzione del problema che oggi affrontiamo. Dal momento che non c’è dubbio che il problema è complesso e che non ammette una sola soluzione, se consideriamo i suoi vari aspetti, l’unica strada da percorrere è quella lunga e difficile dell’educazione permanente allo spirito critico, come competenza trasversale, che interseca tutte le altre competenze, indirizzata ad una scelta consapevole di stili di vita. in questa educazione tutti i soggetti sono coinvolti, ma soprattutto, a mio parere, la scuola e la famiglia, che, riflettendo sui vari “casi” che cadono sotto i nostri occhi, dovrebbero riflettere sul loro ruolo non sostituibile. Dovrebbe anche essere migliorata l’applicazione della legislazione, già abbastanza attenta a colpire la violenza. Se leggiamo, infatti, le storie delle vittime ci accorgiamo che solo in alcuni casi esse hanno sopportato in silenzio, spesso hanno cercato invano un aiuto e non soltanto dalla famiglia, ma dalle istituzioni. Mi sembra, per esempio, sottovalutato lo stalking che spesso precede il delitto, ma non è sempre considerato importante ai fini di una protezione che potrebbe salvare una vita. Ho apprezzato le parole di Pierluigi Battista sul Corriere della sera di oggi : “Non dovrebbero essere solo donne a denunciarla ( la violenza) e gli uomini dovrebbero sentirlo come un loro problema”.

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