DAS RHEINGOLD AL MASSIMO DI PALERMO

(Salvatore Aiello)

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Ben tornato Wagner! Con Das Rheingold si è aperta la stagione 2013 del Massimo di Palermo. Inizio della Tetralogia che andrà sulle scene durante l’anno in un progetto assai ambizioso, ripensato, programmato con una produzione del tutto nuova legata e nata a Palermo. Sin dal maggio scorso Graham Vick dichiarava, con lo scenografo Richard Hudson, di pensare ad un allestimento semplice, non minimale fatto di pochi elementi con un palcoscenico anche vuoto. In verità forse a condizionare l’idealità del progetto è intervenuto un modesto budget. Il risultato di tale operazione è stata una scenografia ed una regia che in qualche modo hanno rifiutato l’ispirazione mitologica dell’Opera puntando invece, per voglia di modernizzarla ed attualizzarla, sull’eterna nefasta condizione che la brama del denaro ha sull’uomo che spesso se ha, non è; la brama del potere che da essa deriva infatti lo taglia fuori da ogni profondo sentire,lo mortifica e lo annienta nel cuore dei sentimenti.

Come sappiamo Wagner fu ispirato nella composizione della Tetralogia, che lo vide impegnato per ben ventisei anni, da grandi aneliti di libertà e da quel socialismo alla Bakunin che vede nel denaro e nel potere la morsa con cui sottomettere gli umani. A sipario aperto,il palcoscenico spoglio di ogni riferimento accoglieva lo spettatore. Sulla scena comparivano poi mimi testimoni dello svolgimento del dramma che vi si rappresentava; le ondine, affidate a tre starlet, sollecitavano le brame disordinate del nano Alberich che, respinto, astutamente provvedeva poi a privarle dell’oro. L’infausto gesto alterava il mondo dell’innocenza ed inaugurava il tempo del peccato : chi s’impossessa spudoratamente dell’oro non ne resterà padrone. Per un tempo come il nostro, ciò può costituire un momento di riflessione e forse di catarsi ma è difficile resistere ieri come oggi all’avidità di potenza che contagia come un virus inarrestabile anche gli dei come Wotan che dovrebbe essere invece custode severo delle leggi. In breve questo lo spirito che aleggiava nell’opera che però non sempre veniva adeguatamente raccontato o articolato dalla regia di Vick che ha avuto il merito di non aver dissacrato l’autore e certamente ne ha colto alcuni aspetti significativi. Non apparteniamo a coloro che pensano che bisogna ridisegnare o riscrivere pedissequamente quanto c’è nel testo ma è pur vero che in alcuni momenti abbiamo vissuto di alcune forzature ed estranietà: il raggiungimento in ascensore del Valhalla,la presenza incombente e spoetizzante dei mezzi di locomozione dei giganti operai, i computer che irretivano i nibelunghi che avrebbero voluto rimandarci all’idea primitiva di Wagner secondo la quale i padroni sfruttano la classe operaia. A ricompensarci, come sempre, è intervenuta la musica. Pietari Inkinen concertatore e direttore di un’orchestra in verità un po’ in sordina per carenza numerica di elementi, ci offriva una lettura attenta, chiara fornendo momenti preziosi in cui, per perfetta aderenza col palcoscenico, restituiva calore e colore alle morbide insinuanti frasi melodiche qua e là accennate e sparse nello spartito. Ci è apparso tutto sicuramente sorvegliato e dominato per non mai cedere a sonorità debordanti e con lui un cast ben omologato e di buona caratura di personaggi ed interpreti che hanno figurato per spessore vocale, intonazione, obbedienti a tutte le indicazioni della regia che ne ha messo in luce le significative psicologie. Ci piace quindi menzionare: il dotato Wotan di Franz Hawlata, ideale interprete, ricco di umanità; il Loge di Will Hartmann interessante per interpretazione e la caratterizzazione fine del personaggio; il centrato Donner di Eric Greene; i validi due giganti Keel Watson (Falsot) e Christian Hübner (Fafner); Sergei Leifeerkus il nibelungo Alberich elemento di spicco; Anna Maria Chiuri, unico elemento italiano, oltre che per elegante presenza scenica, era una convincente Frika per vocalità solida e morbidezza di canto; Stephanie Corley era una tenera e sensibile Freia; di buono spessore la Erda di Ceri Williams;Ana Puche Rosado (Woglinde), Christine Knorren (Wellgunde) e Lien Haegeman (Flosshilde) con dinamicità scenica e canto garbato davano risalto alle tre ondine. Completavano il cast Alex Wawiloff (Froh),Robert Brubaker (Mime). Un pubblico attento e non numerosissimo ha seguito con attenzione ed ha applaudito con convinzione lo spettacolo.  La serata è stata preceduta dall’inaugurazione della mostra”Wagner al Massimo” curata da Sergio Troisi, allestita da Roberto Lo Sciuto e coordinata da Marida Cassarà una ricostruzione attraverso bozzetti,fotografie,manifesti, programmi e costumi delle messinscene wagneriane nel teatro palermitano. Un pezzo raro l’harmonium che pare Wagner abbia utilizzato durante il suo soggiorno nel 1881 all’Hotel Des Palmes, intento a completare il terzo atto del Parsifal documento estremo della sua immaginifica arte.

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