UN BARBONE

( Aurora D’Amico)

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Tutti gli passano davanti. Tutti lo vedono ma non lo guardano. Una madre allontana il suo bambino, che ora gli sta camminando troppo vicino.

“Vedi? Se non studi finirai proprio come questo uomo” la si sente sussurrare.

Lui, il barbone senza nome, sta disteso a terra su uno scatolone sporco e umido. Non gli importa niente di ciò che la gente dice sul suo conto: nessuno riesce mai ad avvicinarsi a quella che realmente è la sua storia. E a lui non importa correggerli.

Tutto iniziò molti anni prima, quando il giovane soldato Dwayne aveva deciso di partecipare a una missione in Africa. Al suo ritorno, lui e Jane si sarebbero sposati. Gliel’aveva promesso. E lui era un uomo di parola.

Una volta lì, però, tutta la vita trascorsa non aveva più importanza: ogni giorno Dwayne aveva a che fare con bambini che si facevano esplodere, donne che venivano violentate e uomini che morivano per ogni tipo di malattia esistente. Il compito del suo plotone era solo quello di reprimere ogni sorta di atto violento da parte dei ribelli. Ma in un modo o nell’altro era costretto ad assistere a numerosissime scene brutali, che lo facevano sentire sempre più impotente. Erano trascorsi parecchi mesi dall’inizio della missione e Dwayne, ora messo a capo della sua squadra, non era ancora riuscito ad abituare i suoi occhi a tutti quegli orrori. Di giorno assisteva alle disgrazie, di notte le sognava in terribili incubi: a volte erano bambini in fin di vita che lo supplicavano di aiutarli, altre erano ribelli che lo catturavano e torturavano. Si svegliava con la febbre alta e la tachicardia, e riprendere sonno era un’impresa alla quale non si voleva sottoporre. Ma venne un giorno in cui il suo plotone ebbe a che fare con una vera e propria battaglia contro i ribelli, i quali, anche se in minoranza, erano riusciti ad impossessarsi di una torre di controllo. C’era una gran confusione e i ribelli sparavano in aria per crearne ancora di più. Ogni soldato era al suo posto, pronto ad intervenire nel momento in cui un ribelle gli fosse capitato sotto tiro. Sangue freddo e concentrazione era tutto ciò di cui ogni uomo aveva bisogno e Dwayne era bravissimo in questo. Tuttavia, non riuscì mai a perdonarsi il momento in cui si fece distrarre da un piccolo pupazzo di pezza caduto proprio in mezzo al campo di battaglia. Nella confusione vide un bambino correre per andare a raccoglierlo e bastarono proprio quei pochi secondi di deconcentrazione a causare tutto il resto: i ribelli uscirono allo scoperto iniziando a sparare senza sosta e la squadra di Dwayne non fece in tempo a rispondere al fuoco, a causa del mancato ordine che doveva essere loro impartito. Quello stesso bambino perse la vita durante la sparatoria. Il giorno dopo il tenente ordinò a Dwayne di tornarsene a casa.  Ma ormai niente era più lo stesso. Che senso aveva quella vita che tutti vivevano con gioia? Gente che rideva e si divertiva, festeggiando il suo ritorno a casa, mentre lui dentro sentiva ancora le urla di tutte quelle persone che aveva visto morire. Decise di allontanarsi dagli amici, perché troppo spensierati e felici per lui, e iniziò a perdere ogni contatto con il mondo esterno, rinchiudendosi in casa. Jane, l’amore della sua vita, piangeva al telefono, pregandolo di tornare il Dwayne che le aveva promesso di sposarla. Ma per lui era troppo difficile.  I mesi trascorsero lentamente e i soldi iniziavano a scarseggiare. Lavorare? Non gli passava nemmeno per la mente. Non potendo più pagare l’affitto, vendette tutto, ritrovandosi in fine con un appartamento completamente vuoto. Fino a quando non perse anche quello. Ora Dwayne vive in quel cartone, ignorato e calpestato da una società che lo giudica senza conoscere la sua storia. Ma se la sapessero, cosa cambierebbe?

Un pensiero riguardo “UN BARBONE

  • 16 settembre 2013 in 17:56
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    L’indifferenza muove gli animi e inorridisce la ragione, chi mai può interessarsi ad un barbone se si comincia col disprezzare se stessi? Conosciamoci meglio, ognuno di noi, una volta fatto ciò passiamo agli altri. Poichè remare nella sabbia è davvero difficile, ma senza remi è impossibile anche in mare aperto.

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