Il miracolo di Ustica

(Renata De Simone)

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Ci avevano avvertito:questo non sarebbe stato un viaggio in un’isola fra le tante della Sicilia a cui rubare quel tanto di sole, di mare e di relax che ci avrebbe ricaricato per i successivi torridi giorni cittadini. Un’evasione e basta. La delegazione del club Lions Palermo dei Vespri avrebbe visitato Ustica in profondità, con gli occhi di chi da dieci anni la porta nel cuore, il sindaco da poco “ex”, ma innamorato per sempre di quella terra e dei suoi splendidi abitanti dal cuore caldo come il sole infuocato di quella terra, Aldo Messina, divenuto per passione conoscitore profondo e grandissimo estimatore dell’isola.

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La magia dell’incontro con una terra piena di sorprese ci ha colto subito, già il primo giorno, quando, guidati da una indicazione accennata prima del viaggio, ci ritroviamo ad assaporare l’emozione di un tramonto indimenticabile nei pressi di Punta Falconiera, dove le sensazioni visive di un rosso che si perde nell’azzurro sono accompagnate da quelle olfattive, dovute all’intenso profumo di gelsomini che ci avvolge e, più tardi, dal piacevole aroma di mare della grigliata di pesce e dell’insalata usticese che accarezza i nostri palati nel panoramicissimo locale dal nome “Isolotto” evocativo di ogni isolana delizia.

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Ma il momento di massimo piacere ci aspetta il giorno dopo. Dopo l’incontro affettuoso con Aldo, si parte in gommone per compiere il periplo dell’isola, in un mare di cristallo alla scoperta di fondali misteriosi, magiche grotte e aspre insenature create dalle eruzioni vulcaniche che nei secoli hanno scolpito le coste e i sentieri dell’isola dandole l’aspetto ora pauroso per il colore nero delle sue rocce, ora ridente per la splendida vegetazione mediterranea che riveste ampie zone del suo fertilissimo terreno . Le soste per un incontro più ravvicinato al litorale ci vengono indicate con perizia. La Grotta verde dai riflessi di smeraldo è di gran lunga più affascinante della pubblicizzatissima Grotta azzurra, il faro borbonico che si staglia imponente a dispetto della recente imbragatura è ancora più bello in inverno, ci avverte Aldo, quando le onde del mare in tempesta lo lambiscono. Una parte del litorale è ancor più affascinante se visto dal sentiero che da terra lo costeggia dando alle rocce a strapiombo sul mare la migliore cornice. Ci riserviamo l’esperienza per la prossima visita e lasciamo con un po’ di nostalgia l’imbarcazione, programmando per il pomeriggio un’altra incantevole visita, quella del Museo archeologico di Ustica, che ha sede nei locali un tempo destinati ai numerosi prigionieri confinati nell’isola, dei quali Gramsci è forse l’esempio più noto e più fecondo .

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La storia dell’isola, mirabilmente illustrata da Vito Ailara, che di quella storia è un appassionato cultore, si snoda tra resti di arredi di epoca preistorica abbandonati all’improvviso per misteriosi eventi, ma poi continua con testimonianze di attività agricola, di vita associata e di scambi commerciali con l’Asia oltre che con i paesi del Mediterraneo. L’excursus procede con immagini di epoca moderna, dalla guerra di corsa all’occupazione militare, dalla nascita del comune al difficile periodo legato alle prime emigrazioni di epoca borbonica fino ai successi dovuti al progresso e alle massicce migrazioni di fine Ottocento. L’orrore che ci procura la visita del “Fosso”, luogo di punizione per i deportati, si mescola alla meraviglia per l’incredibile raccolta di fotografie e documenti intrisi di ricordi che legano famiglie usticesi emigrate con la loro terra d’origine. Comunità che si separano e si riaggregano, ma che non si dimenticano mai della loro isola. Emblematica la storia di Claudia Munfrey, nata da usticesi emigrati a New Orleans che vuole tornare ad Ustica dove ritrova i parenti a suo tempo emigrati in Algeria e sceglie Ustica per la sua sepoltura, come luogo dove finalmente sentirsi a casa, lei nata in America, ma solo di Ustica vera cittadina.

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Lasciato l’affascinante mondo di Vito, che si occupa anche dell’attivo Centro studi e documentazione di Ustica, ci ridona l’allegria il serale coloratissimo ballo della cordella che gruppi folkloristici organizzano nella piazza sovrastata dalla ottocentesca cattedrale di S.Bartolomeo, creando un’atmosfera festosa che ben si adatta ai colori vivaci dei murales, ai sorrisi cordiali e al senso di ospitalità della gente, al gusto genuino delle granite di gelsi e di mandorle, agli angoli fioriti che adornano le strade.

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Il terzo giorno è dedicato alle ultime foto dal panoramico terrazzo dell’albergo, al bagno nella baia sotto il Faro con delizioso spuntino a base di panini e pizza condita all’uso locale e infine agli inevitabili saluti, con promessa reciproca di rivederci. Il breve viaggio sta per concludersi e noi ci accorgiamo che non si è trattato di un semplice viaggio, ma di qualcosa di diverso e di unico: la nostra è stata un’ indimenticabile ed emozionate esperienza. L’isola di Ustica si è mostrata a noi come metafora di un’esistenza umana fatta di sofferenze, di fatica, ma anche di solidarietà e di impegno, di gioia e soprattutto di amore per una terra splendida e spietata, da cui è difficile staccarsi e di cui è impossibile cancellare il ricordo.

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