INTERVISTA A CARLO BARBIERI

(Gabriella Maggio)

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Nei giorni scorsi Carlo Barbieri ha presentato ai lettori palermitani la sua terza opera Il morto con la zebiba ed. Todaro, l’ho incontrato per intervistarlo.

D. Ritorna il commissario Mancuso, affezione dello scrittore o dei lettori o di tutti e

due ? Oppure altro ?

R. Il commissario Mancuso appare per la prima volta nel minigiallo “Pilipintò”, uno degli undici racconti del mio primo libro, proprio quello che dà il titolo all’intera raccolta. Sarebbe dovuto finire tutto lì e invece il personaggio ha cominciato a… tirarmi per la giacca. Voleva vivere, e io non ho potuto resistergli, mi piaceva troppo. È così che nasce “La pietra al collo”, un giallo questa volta di dimensioni normali. E adesso “Il morto con la zebiba”. Quindi direi che è lui che si è attaccato a me, ma adesso mi ci sono affezionato, e devo dire che la stessa cosa è successa a molti lettori.

D. Da che cosa è caratterizzata la sicilianità di Mancuso ?

R. Se la sicilianità è genialtà e intuito, amore per le tradizioni, senso dell’amicizia, sospettosità e capacità di fare un discorso con una singola “taliata”… allora Mancuso è un Siciliano DOC.

D. Tra Palermo ed il Cairo….. si apre un intrigo internazionale?

R. Direi di sì, ma forse sarebbe meglio definirlo piano criminoso mediterraneo.

D. Quale ruolo ha l’isola nel Mediterraneo?

R. La Sicilia è stata consegnata dalla geografia e dalla storia a un ruolo di centralità mediterranea che si è sempre ostinata a rinnegare, forse perché ne ha paura. Una paura comprensibile che l’ha resa “terragna”, con le spalle rivolte al mare, perché da quei vicini troppo… vicini, da quel mare le sono arrivati sempre guai: secoli e secoli di incursioni di predatori e di invasioni cruente – l’ultima, a suon di bombe e carneficine di militari e di civili, nel 1943. Adesso che, spinti dalla fame e dal pericolo, migliaia di migranti arrivano sulle nostre coste, adesso che le nostre città si popolano di stranieri ed ex-stranieri che parlano Siciliano più che Italiano, la Sicilia comincia a rendersi finalmente conto di non potere sfuggire al suo ruolo di ponte naturale fra il Nordafrica e l’Europa. Mi piacerebbe che questo ruolo venisse interpretato di più in chiave culturale e ancora di più in chiave commerciale, ma ciò necessiterebbe di capacità e di voglia imprenditoriale che vedo scarse a livello privato, e ancora più scarse a livello delle istituzioni.

D. Prossimo appuntamento editoriale ?

R. Stavolta non con un giallo, ma con un’altra raccolta di racconti che dovrebbe uscire a luglio 2014 con Dario Flaccovio Editore. Probabile titolo: “Uno sì e uno no”.

D. E il commissario Mancuso?

Il commissario Mancuso farà un brevissima ma risolutiva apparizione in uno dei racconti della raccolta. Ma lo rivedremo in un altro caso a fine 2014 o inizio 2015.

D. Camilleri e Barbieri, Montalbano e Mancuso?

R. I primi due finiscono in “eri”, e gli atri due cominciano per “M”. Scherzi a parte, una domanda analoga la fece il giornalista Baudino a Camilleri nel 1999: “Camilleri, non è che ormai quando sente nominare Pepe Carvalho mette mano alla pistola?” Camilleri rispose: “Beh, non penso che potrei. E’ vero che il mio personaggio è un esplicito omaggio a Manuel vasquez Montalban e al suo detective privato”. Per quanto mi riguarda devo dire in assoluta sincerità che nel mio caso non è stato così. Pur avendo una grandissima ammirazione per Camilleri, Mancuso non è nato pensando a Montalbano, e in realtà non gli somiglia molto. Commissario di città l’uno, di paese l’altro; scapolo per necessità e a disagio senza la sua donna accanto l’uno, scapolo per vocazione l’altro… e così via. Le differenze sono tante e sostanziali. Sono due personaggi molto diversi e i lettori ( o forse dovrei dire “le lettrici”, visto che le donne pare che leggano più degli uomini) se ne accorgono subito.

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