La Parabola dei Dolci e dei Beni Culturali

(Carlo Barbieri )

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– Nessuno sa fare i dolci come li faccio io. I miei dolci sono opere d’arte. Capolavori unici, meravigliosi. Perché non apriamo una bella pasticceria? La gente farà a pugni per venire a comprare da noi, arriverà da ogni parte, pure dall’estero, e diventeremo ricchi – proclamò con entusiasmo Totò.  – E apriamola, questa pasticceria! – approvò Matteo, un amico ammanicatissimo che sapeva come ottenere finanziamenti per le “new startup”. Non era convintissimo della bontà dell’iniziativa, ma sperava di piazzare i nipoti Mimmo e Salvatore come commessi. – Per i soldi ti aiuto io. – Zio Matteo, sei il nostro zio preferito! – urlarono Mimmo e Salvatore, all’idea del sospirato “posto”, quando seppero la notizia.  Detto fatto, Totò attinse a tutti i finanziamenti su cui Matteo lo aiutò a mettere le mani, si caricò di mutui con le banche e sei mesi dopo aprì la “DeliZia della Zia”, una pasticceria moderna e scintillante di luci, con le ampie vetrine e i lunghi banchi espositori pieni di torte e pasticcini di ogni tipo preparati a regola d’arte.

 

Ma di clienti se ne videro davvero pochi, ed esattamente un anno dopo la “DeliZia della Zia” fallì. Totò si ritrovò più povero di prima e Salvatore e Mimmo, che si erano sposati di corsa indebitandosi fino al collo, finirono in mezzo alla strada. Totò si disperò e se la prese con il mondo creato. Non riusciva a capire. I dolci che faceva lui, lo dicevano tutti gli amici, erano i migliori del mondo; e allora che cos’era successo? Totò pensò, pensò di giorno e di notte, pensò da farsi scoppiare la testa ma non riuscì a venirne a capo. Si sparò allora gli ultimi soldi per farsi fare una consulenza da Giusi, figlia di una cugina di un’amica di sua moglie. Giusi aveva fatto un corso serale di marketing, e infine gli presentò la conclusione che lui sospettava già: la colpa era stata dei clienti. Brutta gente, strana, pigra e piena di fisime. Molti di quelli che erano venuti a visitare la pasticceria non erano tornati più e l’avevano sconsigliata ai loro amici tirando fuori tutte le scuse possibili, una più stupida dell’altra. Cose come “Mancano i parcheggi e i mezzi di trasporto per arrivarci”, “Il quartiere è sepolto dall’immondizia, fa schifo e ti fa passare il desiderio di mangiarti i dolci”, “è un posto in cui ci non ci si sente sicuri, hanno addirittura scippato uno di noi” e cose del genere. Ma che c’entrava tutto questo con i suoi dolci? Quei cretini erano arrivati a lamentarsi persino del fatto che la pasticceria fosse chiusa proprio negli orari in cui loro avrebbero voluto trovarla aperta, e che al telefono non rispondeva nessuno. Ma insomma, il padrone chi era, lui o loro? Aveva o no il diritto di aprire quando voleva? E se non rispondeva al telefono, bastava riprovare e prima o poi qualcuno avrebbe risposto, no? Se l’erano presa, pensa un po’, pure per il bagno che non funzionava, e addirittura con Mimmo e Salvatore, dicendo che non sapevano niente dei dolci che vendevano. Poveri Mimmo e Salvatore, che ne capivano loro di dolci… o forse i “signori clienti” avrebbero preteso che lui facesse un corso sui dolci ai propri dipendenti per metterli in condizione di soddisfare le curiosità di chicchessia? A parte il fatto che Mimmo e Salvatore erano intoccabili… se lui si fosse rischiato a chiedergli di lavorare di più se la sarebbe dovuta vedere con Matteo a cui doveva tanto. Matteo era stato eletto “zio preferito” e ci teneva a rimanerlo. Insomma era stata una congiura, e lui ne era rimasto vittima. La congiura dei Maledetti Clienti.

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– Nessuno al mondo ha le meraviglie che abbiamo noi. Capolavori unici, meravigliosi –proclamò con entusiasmo l’Uomo di Cultura indicando i reperti archeologici sparsi sul tavolo e lungo le pareti dello stanzone. Perché non apriamo un bel museo? La gente farà a pugni per vederlo, arriverà da ogni parte, pure dall’estero, e diventeremo ricchi.  – E apriamolo, questo museo! – approvò il Politico. Non era convintissimo della bontà dell’iniziativa ma sperava di piazzare un po’ di suoi elettori nei nuovi posti di lavoro. – Per i soldi ti aiuto io.  – Lei è il nostro politico preferito! – urlarono gli elettori disoccupati del Politico, all’idea del sospirato “posto”, quando seppero la notizia.  Detto fatto, l’Amministrazione Pubblica stanziò i fondi dal magro bilancio per mettere in piedi un museo come si deve, ma un anno dopo l’apertura di turisti se ne vedevano ancora pochi, perché… Continuate voi, che la storia la sapete meglio di me.

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