La tomografia assiale computerizzata (TAC)

( Natale Caronia )

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Nel 1930 il Prof. Alessandro Vallebona inventava la stratigrafia, metodica che permette di ottenere immagini di strati corporei facendo oscillare il tubo radiogeno sul paziente, secondo un arco di cerchio. Il tubo radiogeno è collegato alla cassetta contenente la pellicola, cassetta che oscilla a sua volta in sincronia col tubo. Questa oscillazione permette di cancellare gli strati corporei non a fuoco (al di sopra e al di sotto dello strato in studio) e, variando il fuoco di oscillazione tramite allontanamento o avvicinamento del fulcro di rotazione dell’asse del tubo, si visualizzano gli strati successivi del corpo. La metodica ha avuto molto successo in passato, soprattutto nello studio delle malattie polmonari.

Nel 1961 Oldenford ed il sud-africano Colmark nel 1963, teorizzarono l’utilizzo del computer per aumentare le differenze di densità dei corpi sottoposti ai raggi X, rilevando con detettori le radiazioni emergenti. Fu l’ingegnere inglese Hounsfield che, all’inizio degli anni 70, approntò il primo apparecchio che chiamò CAT (computed assial tomography); per questa invenzione ricevette il premio Nobel per la medicina nel 1979, assieme a Colmark. Ho avuto la possibilità di osservare all’opera uno dei primi apparecchi nel 1976 presso l’Università di Montpellier, nell’Istituto di Radiologia diretto dal Prof. LaMarque. Un mondo nuovo si apriva in quel momento: era possibile, su di un essere vivente, vedere e studiare il cervello come mai era stato possibile prima, con un progresso stellare nella storia della diagnostica. Le immagini erano ancora primitive, vuoi per la potenza ridotta dei computer, vuoi per i programmi di elaborazione ancora poco raffinati, ma si era aperta un’autostrada nella storia della medicina.Mentre con la stratigrafia convenzionale si ottengono strati lungo l’asse longitudinale del corpo, nella TC si studiano strati trasversali del corpo, ossia perpendicolari all’asse longitudinale. L’apparecchiatura si compone di un “Gantry” , simile all’esterno ad una grossa lavatrice, con un tunnel centrale in cui scorre il paziente; all’interno del gantry, il tubo radiogeno rotante, i detettori per il rilevamento delle radiazioni che attraversano il paziente, ed un sistema elettronico A/D che trasforma gli impulsi da analogici in digitali. All’esterno della sala TC completano l’apparecchiatura un computer per l’elaborazione dei dati, una consolle di comando con monitor, un sistema di registrazione dati e di stampa delle immagini su pellicola o su dischetto. Come accessori, un sistema telecomandato per iniezione di mezzo di contrasto al paziente e, a supporto, apparecchiature di rianimazione. Tecnica di funzionamento: il tubo radiogeno emette radiazioni girando attorno al paziente; le radiazioni emergenti dal paziente vengono rilevate dai detettori, che sono dei cristalli capaci di trasformare in impulsi elettrici le radiazioni X emergenti, impulsi elaborati successivamente e ricostruiti in immagini secondo una matrice. Ogni immagine risulta ricostruita partendo dai pixel ove pixel sta per picture element: infatti, l’immagine viene ricostruita come in un mosaico formato dai quadratini, i pixel appunto, i quali si anneriscono seconda una scala di grigi proporzionale alle radiazioni che hanno attraversato il paziente. L’insieme di questi tasselli, proporzionalmente anneriti a secondo delle radiazioni filtrate, dà l’immagine. Il numero dei pixel dipende dalla matrice impiegata: si va da 256 x 256 a 512 x 512 e così via. Aumentando la matrice migliora il dettaglio ma si aumenta l’esposizione ai raggi. La scelta della matrice è quindi un compromesso tra migliore qualità di immagine e dose radiante; ciò è ottenuto con le più moderne apparecchiature. All’inizio si pensò che la TC potesse studiare soltanto il capo; fu l’italoamericano Ralph Alfidi, dell’Università di Cleveland che pensò e riuscì ad estendere la metodica a tutto il corpo. Per la cronaca, è giusto ricordare la partecipazione a questa ricerca del Prof. Giovanni Simonetti, dell’Università di Roma, che si trovava a Cleveland per studi sull’angiografia.  Sviluppi: gli apparecchi TC degli anni 70 impiegavano 30/45 minuti per un esame del cranio. Oggi, con i nuovi apparecchi a contatti elettrici striscianti dei tubi radiogeni si sono ottenuti tempi di esecuzione al di sotto di un secondo. Ciò permette di esaminare anche organi in movimento, come il cuore, il cui ciclo è di 80 centesimi di secondo. E’ possibile studiare le coronarie senza ricorrere alla coronarografia tradizionale (tramite catetere femorale) riservando quest’ultima metodica alla fase interventiva (angioplastica coronarica), qualora si evidenzi stenosi e/o occlusione vasale.  Lo sviluppo di software dedicati permette di effettuare studi di organi cavi come il colon, con la cosiddetta colonscopia virtuale, ottenuta senza ricorrere ad introduzione di sonde endoscopiche, ma con acquisizione di immagini del corpo con apparecchi TC a tecnologia spirale (l’apparecchiatura gira mentre il lettino col paziente procede continuamente all’interno del gantry – tempo di esecuzione attuale 40 secondi); le immagini vengono successivamente ricostruite su piani tridimensionali. La coloscopia tradizionale, con sonda, viene riservata ai prelievi bioptici od agli interventi di asportazione di polipi individuati con la colonscopia virtuale. Ancora, si va diffondendo l’impiego di apparecchiature ibride, come la PET/TC, ossia l’unione di apparecchiatura di medicina nucleare con la TC o con gli ultrasuoni; in questo caso, le immagini acquisite con la TC vengono accoppiate con quelle ottenute con l’ecografia. L’introduzione della TC nella diagnostica strumentale del corpo umano ha rappresentato l’evoluzione epocale paragonabile al passaggio dal camminare sulla terra al viaggiare nello spazio.

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