La Sicilia,terra di sapori

(Tommaso Aiello)

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La raccolta delle olive

La Sicilia non è solo "terra di culture", ma anche terra di sapori. Uno degli alimenti più importanti nella dieta mediterranea è l’olio di oliva. Osannato nella Bibbia come simbolo di prosperità e amicizia, è l’unico grasso vegetale estratto dalla polpa di un frutto. Prodotto fin dal III millennio a.C. nell’isola di Creta, l’olio,oltre ad essere un alimento base dei popoli mediterranei, fu usato come cosmetico, medicamento,combustibile per illuminazione e, rappresentando la purezza, divenne sostanza essenziale per i riti religiosi e per le unzioni dei potenti. Donando agli ateniesi l’ulivo,Atena vinse la gara con Poseidone per dare il nome alla loro città, e un tronco di ulivo grosso come una colonna sosteneva il letto matrimoniale di Ulisse. Le qualità di olive coltivate in Sicilia sono all’incirca trenta; le più diffuse sono: nuciddara, oglialora, nebba, zaituna, moresca, nustrali, passalanura,cirasola. Si distinguono in ugghiari se adoperate per ricavarne l’olio e ri cummerciu se destinate alla tavola; in tal caso vengono trattate in modo diverso a seconda che siano verdi o nere. Le prime vengono abbunati, rese cioè buone da mangiare, immergendole in una salamoia preparata sciogliendo circa due chili di sale in dieci litri d’acqua aromatizzata con grosse fette di limone con la buccia, peperoni piccanti, sedano e vengono mantenute sotto il livello dell’acqua da un grosso ciuffo di finocchiu rizzu siccu.

Un vecchio metodo per verificare nella salamoia il giusto rapporto tra sale e acqua, suggeriva di immergervi un uovo aggiungendo del sale in quantità sufficiente a farlo galleggiare. Le olive verdi sono commestibili mediamente dopo due mesi, quando, perduto il colore verde iniziale, tendono al giallo. La durata si dimezza se sono scacciati(battute e private del nocciolo). Si mangiano schitti, senza condimento o cunzati, condite con aglio, peperoncino, olio, aceto, sedano, menta e origano. Le olive nere da tavola, invece, si consumano arrizzate(appassite) e abbisognano del seguente trattamento: si dispongono in una larga cesta punciuti(avendo praticato dei piccoli fori che facilitano l’espurgo degli umori) e si cospargono abbondantemente di sale. Il recipiente deve essere di tanto in tanto agitato e dopo un mese si ottengono ‘i passuluni, le olive appassite. Tra le preparazioni delle olive nere le più diffuse sono le seguenti:

‘i passuluni fritti(olive fritte), semplicemente passate in padella con pezzetti di limone o arancia non privi di buccia, aglio e peperoncino. Si spruzzano poi di aceto aromatizzato con origano.

‘i passuluni ‘ncaminati(olive infornate). Il significato della parola è controverso: può derivare dal fatto che le olive venivano depositate in antichi recipienti in muratura detti camini, o dal fatto che si trovavano lungo ‘u caminu(lungo il cammino),ma noi propendiamo per questa interpretazione: perché venivano ripassate nel forno dopo la cottura del pane.

‘i passuluni scafati(olive arrostite),in campagna vengono cotte sotto la cenere di un fuoco improvvisato.

Il raccolto delle olive avveniva sotto la protezione di Santa Alivuzza(Santa Oliva) e ogni goccia di olio, ricca di gusto e di vibrazioni cromatiche, era preziosa perché frutto di lunga fatica, in una società che, nulla concedendo agli sprechi, considerava le fritture un lusso. Non a caso ‘i stagnati(recipienti in zinco ricoperti internamente da uno strato di stagno)avevano beccucci sottili

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Ulivo in piena produzione.(Foto Aiello)

per consentire una lenta e parsimoniosa elargizione del prezioso prodotto. Si narra addirittura di osti disonesti che, approfittando della scarsa illuminazione della bottega, introducevano nel beccuccio della stagnata vuota un sottile filo di spago allo scopo di dare al cliente l’impressione di ricevere nel piatto un cerchio di olio buono. Si dice ancora accampari l’ogghiu supra ‘u maccu(raccogliere l’olio sopra la purea di fave) per indicare un risparmio estremo in ricordo du jurnataru(lavoratore a giornata)che, secondo l’aneddoto, raccoglieva, per portarlo a casa, le poche gocce di olio che gli venivano versate sulla minestra ricevuta come parte della retribuzione del lavoro prestato. Da questo modo di dire, oltre l’immagine di una estrema miseria, si evince la valenza attribuita all’olio dai popoli mediterranei. L’ulivo non è soltanto un albero ma un archetipo di antiche tradizioni che vivono in noi: il destino degli uomini è influenzato dal modo in cui si alimentano. Da queste brevi note, che sono anche il frutto di reminiscenze della mia passata giovinezza, possiamo trarre le solite conclusioni: la miseria è sempre esistita, ci sono stati sempre i ricchi e i poveri ed ancora oggi in questa società che potrebbe essere del benessere, troviamo sempre i potenti che si arricchiscono in maniera smodata e una buona parte del popolo che continua a soffrire la fame. Al di là, però, di queste tristi considerazioni, resta il fatto che l’ulivo, le olive e l’olio sono realmente delle eccellenze nell’alimentazione, soprattutto dei popoli mediterranei. Provate qualche ricetta delle olive e utilizzate l’olio buono di frantoio e riscoprirete sapori che le nuove generazioni non conoscono.

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