TUTTI INTERVENTISTI

(Irina Tuzzolino)

 

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Molti degli Italiani che allora, nel 1914, contavano erano interventisti e non riuscivano a prevedere l’orrore e lo sconvolgimento che la guerra avrebbe portato con sé. Ciascuno era concentrato su una propria astratta motivazione. Il partito dei neutralisti era esiguo, sebbene facesse capo a Giovanni Giolitti già capo del governo, rispetto a quello degli interventisti, guidati dal vate Gabriele D’Annunzio, protagonista delle radiose giornate di maggio, che avevano elettrizzato la nazione, spingendola verso la guerra. Guerra sola igiene del mondo urlavano i Futuristi, invocando un mutamento violento e repentino della situazione italiana considerata stagnante e pigra. Nell’ampio gruppo c’erano anche i socialisti espulsi dal partito tra cui Bonomi, Mussolini, e Bissolati, i nazionalisti attratti dal miraggio di fare dell’Italia una grande potenza. Luigi Albertini, direttore del Corriere della sera, Gaetano Salvemini e G. Antonio Borgese. Per non parlare degli irredentisti come Cesare Battisti e Nazario Sauro. Per tanti altri, democratici e rivoluzionari, l’entrata in guerra era necessaria per avere un ruolo nella decisione sul futuro assetto dell’Europa. Tutti scontenti dell’oggi, trovavano nella guerra un mezzo per realizzare quel cambiamento che tanto desideravano. Era evidente che le trattative offerte da Vienna e Berlino dovevano cadere nel vuoto perché ritenute inadeguate rispetto a quello che l’Italia chiedeva.

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