STATION TO STATION ( Prima parte)

(Lucilla Lo Verso)

C’era un uomo tristemente seduto alla stazione, a fumare una sigaretta dietro l’altra come se da quello dipendesse la sua vita, mentre guardava i treni che passavano e correvano via senza guardare in faccia niente e nessuno. Gli occhi lucidi e vuoti, così come doveva essere il suo cuore. Non faceva altro. Fumava e si guardava intorno senza troppo interesse, e il suo sguardo non giudicava o elogiava nessuno.

Semplicemente, guardava.

La notte lo avvolgeva prepotentemente, e se non fosse stato per la sfrigolante luce di un lampione sarebbe stato impossibile individuarne i lineamenti duri ma gentili, il modo di muoversi brusco ma educato e il sorriso, che però si ostinava a tenere nascosto al resto del mondo. Quasi come se ne fosse geloso, o come se vedere il suo sorriso fosse un privilegio riservato a pochi. Ogni volta che in lontananza si sentiva un treno in avvicinamento lui si alzava, e stava a guardarne l’arrivo: sembrava lo stesse sfidando, a chissà cosa poi. In seguito si risedeva, e accendeva l’ennesima sigaretta.

Julia lo vedeva ogni notte seduto di fronte ai binari della lercia stazione.

25 settembre 2013, 06:05

Come ogni notte, all’arrivo del treno delle 06:05 l’uomo si alzò, e, come faceva solo ed esclusivamente per questo treno, iniziò a camminare esattamente sul ciglio della banchina. Ogni volta il cuore di Julia aumentava i battiti e le si mozzava il fiato, costringendola ad implorare per un po’ d’aria. Assistere a un suicidio non avrebbe affatto migliorato la sua incerta stabilità mentale.

Quindi, quando l’uomo sollevò una gamba rimanendo in equilibrio precario sull’altra, e quando iniziò a pendere verso i binari, per lei fu istintivo scattare verso di lui, afferrargli una mano e tirarlo lontano dal vuoto.

Iniziava a comparire un po’ di luce, e questo le permise di riempire gli spazi mancanti dell’aspetto fisico di quell’uomo, che prima di allora non le era mai stato ben chiaro. Avrebbe dovuto smettere di chiamarlo in quel modo, tanto per cominciare, visto che non doveva avere più di 27 anni.

Era un ragazzo, non un uomo, e Julia pensò che non ci fosse motivo d’invecchiarlo prima del tempo. I capelli erano più neri del buio intorno a loro.

Julia continuò a stringergli con forza la mano, come se egli fosse al sicuro solo in quel modo. Non riusciva a lasciargliela, e questo la faceva sentire ridicola, ma sapere di avere in mano -letteralmente- la situazione era, per lei, molto meglio.

“Ti vedo ogni notte in stazione. Cosa fai qui?”

“Potrei farti la stessa domanda.”

Julia si sentì colpevole, ma non le era passato neanche per l’anticamera del cervello che lui avesse potuto notarla.

“La notte non riesco a dormire.”

Il ragazzo annui, e non ci fu bisogno di altre spiegazioni. A Julia piacque parecchio il fatto che il ragazzo dai capelli corvini avesse deciso di farsi gli affari suoi e non fare troppe domande.

“Io aspetto una persona.”

Julia si incupì.

Erano mesi che lo vedeva ogni notte alla stazione, e ogni mattina tornava da solo. Chi stava aspettando?

“Lei tornerà, ne sono certo. Tornerà da me.”

Le si strinse il cuore a vedere la profonda tristezza negli occhi del ragazzo, la cui mano si ostinava a non volere lasciare.

“Prima cosa stavi facendo?”

Egli non si scompose minimamente e rispose, come se stessero parlando di una terza persona piuttosto che di se stesso.

“Da quando lei se ne è andata non provo più nulla. Sono vuoto, capisci Julia? Nessuna emozione si degna neanche di sfiorarmi. Sono come un palloncino sgonfio, senza più qualcosa all’interno a farlo muovere e librare nell’aria. Sono niente. Io… cercavo di provare qualcosa.”

A Julia venne un colpo a sentirlo pronunciare il proprio nome visto che lei non glielo aveva neanche accennato. Poi si ricordò della collanina d’argento con il proprio nome inciso, regalo di qualche natale passato, che portava al collo.

“Sei riuscito nel tuo intento?”

Involontariamente gli strinse la grande mano.

“No”, mormorò, senza far trapelare alcuna emozione dalle labbra violacee e screpolate dal freddo. (continua)

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