PRESENTATA A PALERMO LA TERZA OPERA POETICA DI GIUSEPPE PAPPALARDO

( Giovanna Sciacchitano)

Il ventinove Giugno scorso a Palermo, nella bella cornice liberty dell’elegante Villa Malfitano Whitaker, è stato presentato CONTRAVENTU,  il nuovo libro di Giuseppe Pappalardo, sottotitolo Canzuni, sunetti e strammotti siciliani, pubblicato da Edizioni Arianna. Si tratta della terza raccolta di poesie in siciliano di questo nostro autore che, come scrive Salvatore Di Marco nella sua prefazione al libro, con questa pubblicazione «compie un passo in avanti molto importante e assai significativo e si avvia verso una stagione nuova: quella del recupero della sua poesia, dandole voce e strumenti espressivi sempre più personali».

La manifestazione è stata inserita tra gli eventi culturali promossi dalla Società Dante Alighieri, nella persona della prof.ssa Domenica Perrone, docente di Letteratura Italiana Contemporanea nell’Università di Palermo, e dall’Associazione Ottagono Letterario, presidente Giovanni Matta. Relatore della serata Alfio Inserra, affermato poeta in lingua e in dialetto siciliano.

Il volume è suddiviso in tre sezioni, così come dice il sottotitolo: canzoni, sonetti e strambotti, tre generi poetici di cui lo stesso autore parla in una sua nota posta alla fine del libro, e che diventano per Pappalardo possibilità per esprimere i sentimenti più intimi e autentici che accompagnano gli accadimenti della vita, come l’amore nelle sue diverse forme e intensità, la solitudine, la sofferenza di chi lascia la propria terra, la consapevolezza del tempo che passa, e tanto altro. Pertanto i versi di Giuseppe Pappalardo sono densi di umanità che emoziona e che inevitabilmente porta il lettore alla meditazione. Apre la sezione «Canzuni» la poesia Contraventu da cui prende il titolo l’intera raccolta e che può essere definita «manifesto poetico» della sua notevole cifra stilistica. Ne riportiamo alcuni versi:

«…

nun sugnu lupu

ma cantu a la luna

nun sugnu focu

ma svampu e m’addumu

Iu penzu ca di mia putiti diri

zzoccu vi piaci e pari

ma, nzinu a quannu çiuscia

un filu ‘i ventu

iu sugnu e rrestu un pueta

contraventu.»

La forza di questa composizione sta proprio nel tentativo, ben riuscito, da parte del poeta di darsi un’identità che non lo ingabbi in canoni espressivi definiti a discapito di una tradizione letteraria che l’autore sente ancora forte dentro di sé, ma che gli renda ampia libertà creativa sia di contenuto che di tecnica poetica. L’uso infatti della techne, cioè dell’arte di saper applicare le conoscenze che Pappalardo ha appreso nel corso dei suoi studi letterari, gli conferisce una consapevolezza che dà alla sua poesia un inestimabile valore aggiunto. Nei suoi versi spesso si incontrano mirate metafore che esprimono il suo andare controcorrente, pur nel pieno riconoscimento del proprio tempo. E’ questa la modernità di Giuseppe Pappalardo, una modernità del passato che ci consegna un autore capace di rinnovarsi nella sua individualità di artista, pur non rinunciando alla versificazione tradizionale, ma adattandola alle proprie esigenze poetiche.Nel volume CONTRAVENTU un esempio particolarmente originale di quanto detto ce lo fornisce con la rivisitazione dei sette vizi capitali (superbia, tinturìa, mmìdia, rràggia, lussùria, gula, lagnusìa a cui l’autore ne aggiunge un ottavo, la farsitudini, cioè l’ipocrisia, considerata pure un grave difetto), raccontati con deliziosi e arguti versi distribuiti secondo la tradizionale metrica dello strambotto, componimento lirico popolare usato già sin dal Duecento nella poesia popolare siciliana. Giuseppe Pappalardo è dunque un autore che, pur usando il dialetto siciliano per i suoi versi e nonostante il dialetto non abbia la ricchezza lessicale della lingua italiana, ci offre una dimensione di questo linguaggio colta sia di forma sia di contenuto. Dello stesso autore la bella immagine di copertina: il dipinto a olio Ventu di Sicilia.

Elio Giunta (narratore, poeta, pubblicista, saggista, promotore del celebre «Centro Cultura Pitrè») ha voluto redigere la seguente nota critica, inattesa quanto gradita:

«Credo meriti ormai adeguato rilievo nella letteratura contemporanea in Sicilia l’opera di Giuseppe Pappalardo che, con costanza e passione, produce poesie in lingua siciliana perseguendo una tradizione di cui vivifica spirito e movenze. Queste poesie sono sì di riferimento popolare, ma lungi dal troppo stantio dialettalismo di maniera. La lingua di Pappalardo, sciolta ed essenziale, suona come di una classicità immaginifica e realistica nello stesso tempo; in lui è il poeta d’oggi cui tocca il ruolo del saggio ncagnatu cui solo resta ammonire e sognare, percependo le sollecitazioni della natura e inseguendo l’armonia. I testi della silloge “Contraventu” sono esemplari, specie le “Canzuni”».

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