PERCHÉ IL LATINO

(Gabriella Maggio)

Il latino è una lingua che attualmente viene usata soltanto  dalla Chiesa in alcune solenni occasioni ed è oggetto di studio nel Liceo Classico e in quello Scientifico e in qualche sezione di altri corsi di studi superiori. Lo studio di una lingua antica  è ben diverso da quello di una lingua  moderna  e parlata ed è  per questo  che gli studenti incontrano molte difficoltà. Ma anche se non si studiasse a scuola,  non si potrebbe  fare a meno del latino per il fatto che rappresenta le nostre origini culturali. Basta  riflettere  sull’etimologia delle parole. Per esempio augurio/i dal latino  augurium a sua volta derivato da augur , augure sacerdote che ricavava presagi dall’osservazione di fenomeni. Se guardiamo la cartina storica dell’impero romano ai tempi dell’imperatore Adriano, all’inizio del II sec. d.C. , notiamo che l’influenza di Roma, e quindi l’area geografica in cui il latino è almeno la lingua ufficiale, si estende per  tutto il bacino del Mediterraneo e a nord giunge al confine dell’odierna Scozia, allora Caledonia. Il centro ed il nucleo originario di questo vasto territorio è  Roma, fondata nel 753 a.C. Quindi l’Italia e buona parte dell’Europa, Spagna, Portogallo, Francia  e per ultima  la Romania, allora Dacia, acquisita durante il regno dell’imperatore Traiano,  hanno  per lungo tempo parlato latino, finché ressero le vie di comunicazione  e  le scuole  e in genere tutta l’organizzazione culturale e politica dell’impero di Roma. Quando dal IX secolo progressivamente si formano e si affermano  le parlate volgari, cioè della gente incolta, vulgus , queste sono chiamate dagli studiosi lingue neolatine o romanze da romanice loqui, parlare alla maniera dei Romani.

Il latino quindi è l’antenato della lingua italiana, non studiarlo sarebbe una grave lacuna culturale che pregiudicherebbe anche la comprensione del nostro tempo. Il carattere fondativo della civiltà latina lo cogliamo anche nelle testimonianze non solo archeologiche, ma architettoniche ed urbanistiche che ci troviamo intorno. Pensiamo, per esempio, all’Umanesimo, al Rinascimento, allo stile neoclassico nel ‘700 e nell’800. Considerate le gravi difficoltà che caratterizzano lo studio della lingua latina nelle nostre scuole non si può che auspicare non l’abolizione ma un rinnovamento metodologico dello studio, non indirizzato come oggi è esclusivamente alla traduzione, ma alla comprensione più ampia della civiltà, snellendo lo studio della grammatica, che spesso è percepito come fine a se stesso, e  perciò slegato dal contesto storico- culturale, arricchendolo con notazioni culturali di più ampia portata che giungano all’ uso linguistico  odierno e vivo. Oggi nelle prime classi del liceo classico e scientifico ancora spesso si impone lo studio mnemonico delle più frequenti costruzioni verbali latine, quando queste informazioni si possono reperire tranquillamente su qualunque dizionario della lingua latina, utilizzando tempo ed energie per un diverso approccio all’antico volto all’apprezzamento dei testi che definiamo classici, ed all’uso pieno e vivo che essi fanno della lingua  non flettendola  a mero strumento di traduzione  in lingua italiana. Non è la regola grammaticale che deve portare alla scelta strumentale del testo da studiare, ma il contrario,  è il testo che ci guiderà verso la conoscenza della lingua latina attraverso l’uso che ne fanno gli autori. Concentrando lo studio della grammatica su argomenti basilari: declinazioni, pronomi, aggettivi, verbi leggere direttamente i classici di più semplice struttura linguistica e progressivamente scegliere testi più complessi. La lingua usata da Catullo  è  diversa  da quella di Cicerone o di Tacito. Non dimentichiamo che  lo studio del latino, poiché richiede riflessività  e lentezza,  aiuta le nostre  funzioni cerebrali messe a dura prova dalla velocità del nostro tempo.

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