IL LIONS PIACE COSÌ COM’È?

(PDG Giampaolo Vergombello)

Ho letto e riletto i commenti di diversi amici Soci che si sono soffermati sui vari temi che ci vengono tutti gli anni riproposti in materia di proselitismo ponendo paletti, regole e modalità per far crescere numericamente la ns. Associazione e mi devo complimentare con loro per l’impegno profuso nell’analizzare questa reiterata  tecnica per così come è stata proposta quest’anno dal GMT e, per questo, desidero far conoscere a tutti  alcuni dati e il mio pensiero.

La martellante invocazione che si ripete di anno in anno da parte del Board e dei Presidenti Internazionali  ha due parametri di riferimento: la crescita (per certi paesi soprattutto per gli USA la non decrescita) degli organici accompagnata dalla crescita della quota già approvata in sede di Convention. L’insieme dei due fattori determina quello che possiamo definire “lo Statement of  lncome della Sede Centrale”  In Sede tutti si spremono per trovare mezzi e modalità per far si che questo obiettivo si realizzi (fare socie le mogli, estendere la presenza femminile, fare i club universitari, abbassare il livello del n° minimo per costituire un Club, creare un buon viatico finanziario a ché i Leo divengano Lions, creare i Club satelliti, creare i New Century Club, eliminare i criteri di selezione, allungare i tempi di franchigia per rientri facilitati dei dimissionari, costituire nuove figure come quella del Socio Associato e del Socio Affiliato che non hanno obblighi di presenza, premiare con targhe, medaglie, encomi, ecc., tutti coloro che si distinguono in questo impegno) senza tener in alcun conto che per incrementare i soci, almeno dalle ns. parti, bisogna essere attraenti e innovativi badando alla qualità e a quello che ci fa stare insieme perché ne condividiamo come dicono negli States lo “standing”.Purtroppo, come tutti sanno, il concetto di qualità mal si concilia con il concetto di crescita dei volumi quantitativi, infatti anche nei paesi come l’Italia si deve ben valutare il turn-over per renderci conto di quanta sia la disaffezione di una buona parte dei soci; secondo me è questa la realtà che va analizzata e studiata a livello GMT soprattutto nella sezione “Retention” ma partendo dal concetto di qualità perché è solo così che oggi ma ancor più in futuro riusciremo ad essere una falange di persone che “ci stanno” perché credono e condividono un volontariato intelligente e innovativo e non sono lions perché pervasi da una lionestasi professata senza chiedersi se un ideale sia di per se stesso condivisibile o se lo si debba fare proprio dopo averlo passato al vaglio dell’intelletto; per quel che sento e vedo è da ritenersi finita  la deriva plebiscitaria dell’inebriata, acritica accettazione di tutto ciò che bolle in pentola solo perché dobbiamo essere orgogliosi di portare il distintivo.Ci vuole prima di tutto una distinzione tra coloro che adattano i loro scopi alla realtà e coloro che modellano la realtà alla luce dei loro scopi ed è questo il metodo per ricercare nuovi soci di qualità, valutare le persone per ciò che possono dare facendo leva sulla loro generosità che non può essere solo finanziaria ma anche e soprattutto di esperienza di partecipazione e di progetto a favore degli altri. Il fatto è che le culture presenti nei vari Paesi impongono modalità di comportamento che non possono essere degli standard basati solo sulla mentalità americana  e spero che un bel giorno si riesca a mettere in evidenza a livello internazionale tale ns. interpretazione che non è di contrapposizione ma di contenuto per far sì che la ns. Associazione  diventi sempre più di  pensiero e di progetto  piuttosto che di somministrazione oblativa. Se noi siamo portatori con le ns. quote di un cospicuo contributo finanziario, penso che dovremmo avere anche una certa voce in capitolo per far accettare le ns. proposte a livello di sede centrale. Ahimé pochi, ma solitamente molto bravi, sono quelli disposti non solo a criticare ma a costruire veramente un nuovo modo di fare volontariato, ve le immaginate quante sarebbero le cose da fare? Come ultima riflessione rilevo che molti si sono soffermati sui lavori e sulle decisioni assembleari che sono ormai prevalentemente contraddistinte da liturgie ribadite, e da ditirambo in gloria a chi si è impegnato nel sociale e da discorsi intesi a lodare con entusiasmo alcuni amici con le solite infinite ripetitività,  faccio un atto di fede e dichiaro di credere nel nostro spirito di servizio ricordando sommessamente che il nostro motto non è “piacere così come siamo oppure no”  ma “servire”.

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