UN ROSANERO DI VITTORIA

(Carmelo Fucarino)

A guardare questa foto che riporto da Wikipedia, come tutte le notizie di base, certificate e non contestate, fa tanta tenerezza per diverso ordine di motivi. In prima istanza lo splendore della giovinezza pur se in questa foto sbiadita, lo sguardo fisso in occhi persi nell’ombra e in impercettibile sorriso, sfumato e non pieno. Quasi a volere certificare tempi in cui una foto non aveva i supporti tecnici moderni e la perfezione del digitale. Tempi in cui lo scatto si imprimeva in celluloide, non interveniva l’automatismo del mosso e lo sviluppo non sempre evitava sgranature e sfumature. Eppure ne aveva tutte le ragioni perché in quegli anni fosse per lui un riso aperto a tutte labbra e a pieno cuore.  Altro motivo di commozione per noi che ne rievochiamo l’atmosfera e per lui che ne rivive personalmente e direttamente i ricordi, indelebili, perché legati al fulgore della giovinezza, altra ragione di empatia il ritorno a quegli anni miracolosi e magici. Mi perdonino i giovanissimi che non li hanno provati e vissuti. Ma vi assicuro, dopo un ventennio di glorie da parata, la festa della democrazia diretta e universale, quel clima di boom economico, in cui tutto era possibile per il laborioso geniale artista italiano, inventore e creatore in tutti i campi, fu veramente epoca di magia. Sì, giovani, asfissiati dall’incitamento a fuggire all’estero, perché questo vuol dire la propaganda mediatica e politica, sì, in questo clima di crepuscolo rovinoso di poveri diavoli, altro che dei, di tagli, sempre tagli, come se così si salvasse la barca che affonda, l’uccisione dei marinai. Allora era il boom, perché si lavorava e non si investiva in buoni del Tesoro, né si fuggiva con il maltolto nei paradisi fiscali, con i soldi prestati dalle nostre banche furfantelle a rischio certificato. Era il boom, ragazzi, e questo ci commuove in queste tristi angosciose giornate di sbaraccamento fallimentare, di svendita al peggiore offerente. A quel che apprendo Antonio era sbarcato a Palermo dalla natia Taranto il 1957 a vent’anni, il 20 settembre 1959 aveva esordito a ventidue anni in serie A in una partita del Palermo, proprio a Bari, la capitale della sua Puglia. Il Palermo perdette 1 a 0, la solita vittoria del Palermo, come si soleva dire allora. Con un passaggio transitorio al Venezia è stato palermitano a tutti gli effetti, tanto che si è meritato il titolo di “monumento in maglia rosanero”. Leggo ancora, «difensore roccioso, duro, ma implacabile», anche se un solo gol in carriera in Coppa Italia contro il Catanzaro. Terzo in classifica tra i fedelissimi del Palermo dopo Biffi e Benedetti, 133 partite dal 1957 al 1961, e 124 dal 1964 al 1971, etc. etc. Ha percorso fino in fondo la traiettoria del calciatore, concludendo con l’incarico di allenatore, si dice pupillo del ‘don’ Carmelo Di Bella, dal 1975-76 e pienamente dal 1991 al 1996. Chiunque vuol rinnovare le leggende del calcio può farsi un giro in rete. Come per tutto ci sono verità e dicerie, miti e invenzioni, ma anche queste certificano la fama, anche le qualità dell’uomo. E da quello che apprendo di Tonino, da quei discreti contatti, il fugace scambio di opinioni negli occasionali incontri nel Lions Club Palermo dei Vespri, Tonino, rimasto tale anche ad ottanta anni, Tonino è soprattutto un uomo.

A guardare le tante foto sbiadite, canonicamente in bianco e nero, ci si proietta in altre stagioni della nostra vita, quel turbinosi, ma magici anni Sessanta, diversamente vissuti, ma sempre incantevoli. Da parte mia lo sport, il calcio in particolare, era stato vissuto attraverso il ‘tifo’, la passione di miei strettissimi amici, allora ardenti fautori e sostenitori della squadra, ma anche attraverso gli strilloni della domenica sera che nella deserta Via Maqueda gridavano cantilenavano scherzavano con ‘a vittoria du Palermo’. Già era una vittoria pareggiare. Se si avevano i due punti, i caroselli con bandiere e scalmanati su macchinette decappottabili erano di rito. D’altronde come ai tempi degli imperatori, il popolo aveva l’unico sfogo dei gladiatori e Tonino con la sua irruenza e la sua robusta macchina bellica lo era. Non si era giunti all’inflazione del gioco con le partite infrasettimanali, votate al solo guadagno. Allora non era pensabile che un commerciante del profondo periferico Nord venisse a speculare sul tifo dei palermitani, fondando centri commerciali e stadi, mentre la squadra langue con disamore dei tifosi e si dibatte in un purgatorio che prevede un inferno imminente. Perché il grande bluff è stato il commercio e la compravendita dei giocatori: ne compro uno a poco prezzo, lo valorizzo e lo rivendo. Naturalmente nessuna condanna di Zamparini, ognuno fa il proprio mestiere. La colpa è di tanti cosiddetti industriali siciliani, che si riuniscono in una Confindustria che ha conosciuto gli interventi giudiziari, ai massimi livelli, per giocare con il denaro della Regione o con quello comunitario, donati sempre senza alcuna ricaduta sull’occupazione e sul lavoro. Tonino, cosa dire del tempo presente! Ci fu un calcio sentito dal popolo, oggi l’industria lo ha ammazzato. Non solo a livello cittadino. Anche a Nord si pensa di fare due campionati, quello delle big e quello dei sudditi. Ultimissima da Malta. Pare che Angela Merkel, con il suo bel nome ben augurale, si sarebbe convertita a un’Europa a due marce. Oggi molti politici italiani plaudono, come se fosse una loro vittoria. È molto comodo giocare ad allargare i cordoni della borsa, su altre donazioni facili, è semplice giocare sull’inflazione che rende competitiva l’industria di trasformazione italiana, a spese del cittadino e di un’altra montagna di debiti che esplode. Non si pensa allora più ai mentovati ‘figli’, alla nuove generazioni. Ma c’è ancora un’industria italiana? O i colonizzatori francesi (Parmalat, Telecom, e tanti altri, fra poco Fininvest) trovano comoda una Italia che torni alla liretta? La Germania pensa di usare il suo euro, ma alla fine per noi sarà più conveniente trattare in dollari, come avveniva ai tempi della liretta che nessuno voleva all’estero. Per chi voglia saperne di più chieda all’altro nostro socio del settore, l’esperto, tecnico come lui, Luigi Tripisciano e legga, se lo trova in commercio, il suo Album rosanero, Palermo, Flaccovio Editore, giugno 2004. Oppure prendano nota della Enciclopedia del Calcio, a cura di Dario Marchetti, alla voce Antonio De Bellis, 2011.

Un pensiero riguardo “UN ROSANERO DI VITTORIA

  • 6 febbraio 2017 in 13:44
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    Carissimo Sig. Fucarino, leggo e rileggo queste Sue splendide parole, dirette al cuore con la loro commovente ricchezza. Come leggere un romanzo avvincente, una storia che fa parte di te, ma che non racconta le solite vicende… una storia di passione, di legami forti, di perbenismo e di umiltà, la vera storia di mio Padre, ciò che è Lui ancora oggi.
    Mi lascio prendere dalle Sue parole con infinita gioia, Grazie di cuore per questo riconoscimento.
    Maria Federica De Bellis

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