NINO BASILE

(Francesco P. Rivera*)

L’11 aprile 1937 decedeva a Palermo Nino Basile. Chi era costui? Durante le fugaci gite fatte nella mia città natale, incontrando vecchi amici, compagni di scuola, colleghi di università, ma soprattutto discendenti della famiglia, ho posto la medesima domanda: chi era Nino Basile, quello a cui Palermo ha intestato una via (a pochi passi da Casa Professa), …. molti non lo ricordano o non sono sufficientemente informati, altri fanno confusione con i due grandi omonimi palermitani “maestri” del Liberty italiano  (G.B.Filippo-Maria ed Ernesto Basile). Anche se vincoli di parentela lo legavano a questi ultimi, lo “zio Ninicchiu” (così denominato nell’ambito familiare) era un personaggio diverso. Nato il 28 luglio 1866 a Palermo, conseguì la laurea in giurisprudenza e svolse, quale sua unica attività pubblica, la funzione di Segretario generale presso l’Amministrazione Provinciale di Palermo, trascorse la sua giovinezza (come riferisce la Maria Accascina) “tra musica e teatri, galanterie e viaggi d’arte, in quell’ecclettismo di gusto dannunziano, tipico ai gentiluomini della fine ottocento”.Viveva all’ultimo piano del suo fabbricato in via Ruggiero Mastrangelo, in un enorme appartamento sicuramente strutturato e arredato dal “maestro del Liberty” Ernesto, sovrastato da un terrazzo-serra pieno di ogni tipo di piante ornamentali. Ma la sua grande, vera passione fu la “sua” città: Palermo, della quale, con grande amore e scrupolo, raccolse ogni testimonianza sulle sue vicende storiche. Assiduo frequentatore della Biblioteca comunale, dell’Archivio di Stato, dell’Archivio notarile, della biblioteca della Società di Storia Patria (nei cui locali aveva poltrona e tavolo propri ove si fermava a studiare), di Archivi e biblioteche private, sempre alla ricerca di informazioni riguardanti gli edifici e le opere d’arte del passato; collaborava assiduamente col Giornale di Sicilia.

Fu membro di numerose società e commissioni (Società di Storia Patria, Commissione per la tutela dei monumenti di Palermo, Commissione diocesana per l’arte sacra, Commissione ordinatrice e amministratrice per l’arte sacra). Scrisse parecchie opere, sempre improntate a un metodo razionale di ricerca fidato esclusivamente sulle fonti storiche e non su “erudite intuizioni” in voga in quegli anni. In uno schedario (si diceva contenesse circa cinquemila schede) annotò la bibliografia e i richiami degli argomenti oggetto dei suoi studi e delle sue opere, conservato, per suo volere, nel Convento dei Cappuccini alla Cuba (ci sarà ancora?). Nel 1905 pubblica “il Fedecommesso agnatizio di casa Montaperto”. Nel 1926 pubblica “La Cattedrale di Palermo – l’opera di F. Fuga e la verità sulla distruzione della tribuna di Antonello Gagini”. Nel 1929 appare la prima serie di “Palermo Felicissima”, cui segue la seconda serie nel 1932 e quindi nel 1938, postuma, la terza serie, che raccolgono tutte le monografie, che con precisione storica, descrivono il risultato delle sue ricerche per la conoscenza organica della storia urbanistica di Palermo e del suo territorio. Non aveva certo un carattere facile e accomodante, anzi non perdeva occasione per polemizzare nei confronti di coloro che lasciavano andare alla malora un patrimonio artistico e monumentale o che emettevano arbitrari ed errati giudizi su grandi artisti del passato.Non fece mai parte della “cultura ufficiale” con la quale molto spesso si scontrò pesantemente.  Nell’opera “Serpottiana” (1935), allo scopo di evitare che, con la garanzia di autorevoli enti culturali (“Reale Accademia d’Italia” e “Società Siciliana per la Storia Patria”), che avevano curato e finanziato la pubblicazione delle opere celebrative nel secondo centenario della morte di Giacomo Serpotta, “passassero alla storia quali inconsapevoli, arbitrari e contraddittori giudizi estetici e falsi apprezzamenti” sul grande “stuccatore” siciliano, dimostrò la inattendibilità delle stesse, mediante una incontrovertibile documentazione storica. Un vero e proprio “reato di lesa maestà” dette origine alla polemica insorta tra Nino Basile e il Soprintendente alle Belle Arti, arch. Francesco Valenti (personaggio sicuramente molto preparato, a lui si debbono i restauri della regia normanna di Palermo). Il Valenti, forte della sua autorevolezza derivante soprattutto dalla sua funzione, in previsione del restauro della Cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta (questa la denominazione ufficiale della Cattedrale di Palermo), senza assumere le informazioni storiche e senza aver consultato gli archivi e i documenti cittadini, intendeva ricostruire una cupola che – così come venne documentato dal Basile – non era mai esistita. Ciò provocò la reazione dello Studioso, il quale senza mezzi termini e forte dei suoi studi urbanistici e dei documenti da lui recepiti nei vari archivi, si scagliò contro il “reo di tale sacrilegio” sia attraverso la stampa, (pare che tale disputa appassionasse i lettori dell’epoca), sia attraverso la pubblicazione del “La Cupola immaginaria – Metodi restaurativi e metodi polemici”. Naturalmente la vertenza andò a finire avanti al Tribunale di Palermo, che, alla luce di una nutrita documentazione storica, con sentenza dell’8 marzo 1937 diede ampia ragione  allo Studioso. In conseguenza di tale sentenza, notificatagli il 7 aprile successivo, Nino Basile, si adagiò nel suo letto e dopo quattro giorni, si spense per sempre ….”felice perché la sua verità aveva trionfato”! Questo il mio modesto omaggio, a ottant’anni dalla morte, a un grande palermitano, che ebbi la fortuna di conoscere e che lasciò un segno indelebile nei miei ricordi di infanzia.

*L.C. Milano Galleria (108 Ib-4)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy