L’AROMATARIO

(Francesco Paolo Rivera *)

A Palermo, la strada che da piazza Caracciolo (Vucciria) conduce a piazzetta S. Andrea è denominata via dei Coltellieri. Nel 1615, quando Vincenzo Di Giovanni (1) scrisse il suo “Palermo Restaurato”, fece riferimento alla predetta strada, senza indicarne il nome (perché a quell’epoca le strade, prive della tabella con l’indicazione del nome, erano denominate con il nome di una delle famiglie o delle persone che vi abitavano o della corporazione che riuniva gli artigiani o i mercanti che esercitavano in quella via). Tale strada, compresa a levante con la Bocceria della Foglia (piazza Caracciolo) (2), la Giudecca (il quartiere ebraico) e vicolo dei Mezzani, e a ponente conduceva verso San Domenico, venne descritta dal Di Giovanni. come “tutta piena di calzolai, cappilleri, pellicceri ed altri merceri, da man destra tra la casa dell’Imbastiani, che fu di D. Pietro Prado, capitano di Palermo, e la bottega di Gurillo, aromatario ricchissimo, alla cui morte vi si trovarono in magazzeni più di dodici mila scudi di cose aromatiche; nella cui bottega ancora si veggono l’armi in fina pittura di tutti i vicerè, che egli serviva.

Chi era “Gurillo aromatario ricchissimo”?

Il cognome corretto era “Garillo”, e nella matricola “seplasiariorum seu aromatariorum del salutifero collegio della felice Città di Palermo”, istituito nel 1474. si legge “De Garillo Joannis Aloisius fu esaminato speziale il 15 febbraio prima indizione del 1543, morì a 23 agosto III ind. 1590 …”, era quindi uno speziale aromatario che nel 1565 era stato eletto Console del salutifero collegio degli aromatari, che servì tutti i vicerè succedutisi durante i 47 anni della sua attività professionale.

Il predetto, nel 1571, ottenne dalla magistratura una sentenza, che per la sua importanza giurisprudenziale fu inserita nei “Capitoli del Collegio degli Speziali”, nei confronti della nobildonna Giovannella Vernagallo, secondo la quale i crediti per i medicinali forniti al marito Eumilio Vernagallo avevano preferenza sui crediti dei suoi eredi (moglie e figli). Il filosofo e medico insigne Francesco Crescenzio magnificò la officina farmaceutica del Garillo con i seguenti versi:

“Africa quid quid habet, quidcumque Europa refundit,

“quid quid, et huc transfert Indus uterque boni:

“frigida cum calidis, haddas humentia siccis,

“et mistum, et simplex haec brevis Urna capit”.

Giovan Filippo Ingrassia (1510-1580), famoso protomedico, nella sua  “Informazione del pestifero et contagioso morbo” (la peste che colpì Palermo nei 1575/1576), definì il Garillo “speziario eccellentissimu”, infatti confezionava una eccellente “teriaca” (3) da lui composta ben 22 anni prima con ogni “esquisita diligenza” e “comprobata” dal protomedico. Confezionava altresì le “pillole della vita” dette anche “de tribus” (4)  Pare che il Garillo fosse un maestro nella manipolazione dell’Oglio di Serpente magistrale (chiamato Oglio di Carovita dal nome del medico bolognese Gregorio di Carovita), possedeva la genuina Terra di San Paolo (proveniente da Malta) antidoto ai morsi degli scorsoni (specie di serpenti) molto usata dai così detti “Ciraoli” (incantatori di serpenti, all’epoca molto ricercati nella città).   Da una ingiunzione contenuta nel repertorio degli atti del Senato del 1555, risulta che il Garillo abbia ricevuto la “privativa” per la produzione del “mitridato” (5), sotto la sorveglianza del protomedico (6). Secondo quanto riferisce l’Ingrassia, la teriaca per essere giovevole, doveva avere dai dieci ai trent’anni e nel XVIII secolo gli elementi di cui era composta si esponevano, con solennità, al pubblico. Però la “esquisita diligenza del Garillo” del XVI secolo fu sostituita nel XVIII secolo dall’Aromatario del Convento della Gancia e la “comprobata del protomedico Ingrassia” da quella dei Rettori del salutifero Collegio degli aromatari. Vale la pena di ricopiare la narrazione fatta dal Villabianca (7), nel suo “Diario inedito”, circa la solennità con la quale si procedeva alla preparazione di tale portentoso rimedio:

“7 luglio 1791.

Dal Reverendo Padre Francesco di Pasquale di Palermo dei minori osservanti, aromatario del Venerabile Convento di Santa Maria degli Angeli volgarmente detto la Gancia, sotto il 21 luglio si è dato principio per la seconda volta alla pubblica composizione della teriaca di Andromaco Seniore. Vedeasi in uno dei chiostri del suddetto convento in fondo situata una spaziosa e ornata tavola con ivi esposti con simmetria ir. vasi di cristallo e di creta finissima e di non ordinario lavoro tutti gli ingredienti. La scelta qualità del suddetto diede d’ammirare alla numerosa e dotta adunanza, allora quando si passavano in giro per mostrarsi.

Vedeasi il vero Opobalsamo, ossia il Balsamo della Mecca (8), il più sincero Castoro di Moscovia, i veri semi del Tefelios Massiliense e del Napo Agreste e tutto il resto di gran merito e delicatezza.

Vi intervenne il sig. Pretore come protomedico (9) di questa Capitale, il sig. Marchese Greco a cui fu dedicata e i sigg. Rettori del Nobile e Salutifero collegio degli aromatarii.

Il concorso delle persone fu numeroso oltrepassando il quattrocento, costando tutto di scelta nobiltà di persone eminenti nella letteratura, di buon numero di Medici e Chirurghi, quali tutte furono servite di varii rinfreschi.

Li sudetti ingredienti ridotti in polvere a qualche settimana saranno mescolati col miele, con l’intervento privato dei sigg. Rettori e riposti in un gran vaso di creta verniciato, e poi marcato col sigillo del Collegio degli Aromatarii, per poi sei mesi di dovuta fermentazione potersi sicuramente dispensare.”

Ovviamente, per lungo tempo, il nome del Garillo restò alla strada resa famosa dalla speziarìa, infatti in un prontuario che indicava il domicilio dei notari esistenti nella Felice città di Palermo nel 1619, (cioè 29 anni dopo la morte del Garillo e 4 anni dopo che il Di Giovanni pubblicò la Palermo Restaurata) si legge che i Notai Francesco Rizzo, Giovanni Giacomo Belmonte, Martino Russo e Vincenzo Orestagno avevano i loro uffici nella “strada di Garillo nella Bocceria”. Pare che tale nome sia rimasto fino alla fine del XVII secolo, fino a quando, estinto il ricordo della salutifera spezierìa, la via del Garillo assunse la denominazione di via dei Cappellai dal nome delle maestranze che la popolavano, così come riferisce don Pietro La Placa, Cancelliere del Senato, nella cronaca delle feste, tenutesi nel 1735, in occasione dell’insediamento a Re di Sicilia di Carlo di Borbone (poi divenuto Carlo Terzo di Spagna).

*LC MI Galleria Ib-4

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  • storico, 1550 – 1627, nella sua opera lasciò un valida testimonianza storica di Palermo e delle nobili famiglie del suo tempo. La sua opera, suddivisa in molti manoscritti, rimase sparpagliata in diverse biblioteche, fino a quando, nel 1800, venne riunita e trascritta da Gioacchino Di Marzo (1839-1910), gesuita, bibliografo e storico dell’arte.
  • venne denominata così, dopo che la attuale “Vucciria”, (deformazione dal francese “boucherie” di indubbia provenienza angioina), da mercato della carne divenne mercato anche per la verdura e per tutti i generi alimentari;
  • dal greco “Therion”, usato quale antidoto al veleno dei serpenti e in genere del veleno di tutti gli animali, ma efficace anche per la cura di altre malattie. Pare che, a quell’epoca la teriaca (fabbricata chissà da chi) venisse confezionata e venduta sopratutto da medici e farmacisti poco affidabili:
  • per via dei tre elementi costitutivi fondamentali: aloe, ammoniaca e mirra,
  • era l’antidoto per ogni veleno, ideato da Crateva medico di Mitridate, ma usato molto nell’antichità particolarmente da coloro che lo assumevano in piccole dosi al fine di assuefarsi ai veleni (mitridatismo). Era composto da moltissimi ingredienti, (quello originario, da circa una sessantina, quello dell’Antidotario romano da circa cinquanta, il Ricettario fiorentino indica 42 ingredienti) e si differenziava dalla teriaca, perché in quest’ultima era compresa la carne di vipera;
  • nel 1233 un editto (chiamato “Ordinanza Medicinale”) dell’imperatore Federico II di Sicilia, vietò ai medici la preparazione dei farmaci che venne affidata esclusivamente agli aromatari;
  • Francesco Maria Emanuele Gaetani marchese di Villabianca e conte di Belforte (1720 – 1802) storico palermitano;
  • dal greco: opo, succo di pianta, e balsamos, balsamina, resina ricavata da alberi provenienti dall’Africa e dall’Asia, della famiglia delle burseracee.
  • Il protomedico non era necessariamente un medico, aveva il compito di controllare l’attività dei medici e, come tale, poteva essere un funzionario amministrativo (l’attuale assessore alla sanità).

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