OMAGGIO A SALVATORE SCIARRINO

(Gabriella Maggio)

Quattro giorni  di musica in onore di  Salvatore Sciarrino al Teatro Massimo di Palermo per il suo settantesimo compleanno. Dal primo al quattro novembre sono state eseguite opere del musicista palermitano, oggi  tra  i più importanti del nostro tempo,  in particolare l’intera opera per flauto, due rappresentazioni di  Superflumina  e La bocca, i piedi, il suono. Di Superflumina Sciarrino ha scritto libretto e musica, ispirandosi al Salmo biblico Super flumina Babylonis, stabilendo un collegamento simbolico tra il ricordo-rimpianto della patria che addolora gli Ebrei deportati a Babilonia e la condizione di emarginazione e solitudine della donna protagonista, interpretata dall’ottima Valentina Coladonato, che nell’attesa dell’amato vaga in una stazione ferroviaria tra gli scherni o l’indifferenza degli uomini. L’opera ora rappresentata per la prima volta in Italia è stata composta nel 2010  su commissione del Nationaltheater di Mannheim ed eseguita nello stesso teatro  il 20 maggio 2011.  L’allestimento “site specific” voluto dal regista Rafael R. Villalobos ha destrutturato la platea che ha assunto il ruolo di palcoscenico, rispetto al quale l’altro rappresenta un’aggiunta, dove si colloca il coro. Il pubblico è distribuito nei palchi, affinchè,  superato l’effetto di straniamento dovuto allo scardinamento della sintassi classica del teatro, scopra  nuovi aspetti del teatro stesso tali da suscitare nuove emozioni che leghino il tempio della lirica tradizionale  con le attuali tendenze culturali.  La stazione è rappresentata come luogo dispersivo e caotico dove non possono intrecciarsi relazioni umane e voci smozzicate e rumori si sovrappongono. Lì, dice l’autore,  l’umanità diviene fiumana, elemento fluido e impersonale. Numerose le suggestioni letterarie del testo che rivelano le letture di Sciarrino da  “By Grand Central Station I sat down and wept” della scrittrice canadese Elizabeth Smart a T.S. Eliot di “The wast land” al primo  Montale di” Ossi di seppia” per le parole smozzicate che ricordano : una storta sillaba e secca. Diversi sono i piani lessicali che s’intrecciano nel testo, tra  lirismo e brutalità  quotidiana, in armonia col tessuto musicale messo ben in evidenza dal direttore Tito Ceccherini. Il suono nitido delle corde vocali dei cantanti e del coro  fa da eco a quello degli strumenti  musicali e viceversa, senza mai comporsi in un ritmo, evocando però un’armonia  sebbene destrutturata,  che acquista colore nel silenzio da cui sorge, che non è il nulla, ma una sospensione tra l’indicibile background dell’umanità moderna, vista nella sua angosciante solitudine e il sogno di un mondo senza il frastuono prodotto dagli oggetti umani. Il pubblico palermitano si è diviso, una parte ha disertato tout court  il teatro, una parte è andato con pregiudizi che non gli hanno consentito di apprezzare l’opera, una parte, infine, convinta che la musica classica continua ad essere composta con mutato carattere anche oggi,  ha apprezzato la performance, sentendosi parte della cultura musicale odierna e avendo la percezione  di respirare un’aria più libera e cosmopolita. Forse questo importa poco a Salvatore Sciarrino, che ha dichiarato in altra occasione di essere convinto che il pubblico non apprezza la musica del suo tempo. Ma questa affermazione  per fortuna  non ha ostacolato la sua creatività né il conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali  prestigiosi.

 

 

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