BREVE STORIA DEL RITRATTO DI DANTE

(Irina Tuzzolino)

Giotto-Ritratto di Dante

L’uso  di mettere  il  ritratto dell’autore nell’incipit del testo si trasmette da Roma al Medioevo. Anche la Divina Commedia segue l’usanza, infatti nei primi codici miniati da Pacino di Bonaguida o dal Maestro delle Effigi Domenicane della prima metà del ‘300 è riprodotto il ritratto del poeta , ma con tratti differenti tra loro. Da questo si deduce che non c’è un unico ritratto ritenuto  degno di fede. I lineamenti di Dante vengono fissati da Giotto negli affreschi del 1337 eseguiti nella cappella del Palazzo del Podestà di Firenze, oggi Bargello. Questo rinsalda l’ipotesi della conoscenza tra il poeta e il pittore, indicata anche dai versi del Purgatorio: Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo , e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è oscura.  ( Purgatorio, XI, 94-96). Al ritratto  di Giotto corrisponde complessivamente  la descrizione che di Dante fa Giovanni Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante :

Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d’onestissimi panni sempre vestito in quell’abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.

Il ritratto di Giotto ha messo ordine nella rappresentazione del poeta fino ad oggi.

 

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