GIUSEPPE BALSAMO

(Francesco Paolo Rivera *)

Il 2 giugno 1743 nasceva a Palermo, un personaggio che, per le sue gesta, divenne noto in tutta Europa, e del quale illustri storici e cronisti italiani e stranieri hanno dedicato molte opere e sul quale anche se sono trascorsi molto più di due secoli si scrive e si discute ancora, se è stato un grande medico, un filantropo, un alchimista, un mago, un ipnotista, un massone oppure un avventuriero, un imbroglione, un ciarlatano. In quella data nasceva a Palermo, in una povera casa in via della Perciata, nel rione Ballarò, Giuseppe, Giovanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio, Matteo, Franco Balsamo, noto anche col nome di Alessandro conte di Cagliostro. Il grande poeta tedesco J.W. Goethe, che definì il Balsamo “un briccone”, nel suo “Viaggio in Italia –(Italianische Reise) – La Sicilia”  ne trascrisse l’albero genealogico, ricostruito sulla base di documenti autentici (certificati di battesimo, contratti di matrimonio e altri strumenti) raccolti, con molta diligenza, da un giurista palermitano (di cui non fa il nome), il quale pare che abbia fatto la ricerca, inviata in Francia, su richiesta del barone Antonio Vivona (rappresentante legale della Francia in Sicilia), che qui di seguito si trascrive: Il bisnonno da parte di madre di Giuseppe Balsamo era Matteo Martello, il nome da nubile della bisnonna era ignoto. Da questo matrimonio nacquero due figlie, una di nome Maria sposata con Giuseppe Braconieri (o Bracconeri) e nonna di Giuseppe Balsamo, e l’altra di nome Vincenza, sposata con Giuseppe Cagliostro, originario di un piccolo paese, La Noara (1) otto miglia distante da Messina. Il redattore della memoria annota che a Messina vivevano – all’epoca della indagine – due fonditori di campane, con tale nome. La zia della madre fu, in seguito, la madrina di Giuseppe Balsamo; egli ricevette il nome di battesimo del marito di lei e infine, all’estero cambiò il proprio cognome con quello dello zio di sua madre, Cagliostro. I coniugi Braconieri ebbero tre figli: Felicita, Matteo e Antonio. Felicita  sposò Pietro Balsamo, figlio di un commerciante di nastri a Palermo Antonio Balsamo, che probabilmente era di origini ebraiche. Pietro Balsamo, il padre del malfamato Giuseppe, andò in bancarotta e morì a 45 anni, la sua vedova gli dette anche una figlia Giovanna Giuseppe Maria, che sposò Giovanni Battista Capitummino, col quale ebbe tre figli con lei, prima di morire. Giuseppe fu tenuto a battesimo da Vincenza Martello in Cagliostro e durante la sua adolescenza prese l’abito talare dei Fratelli della Misericordia (un ordine assistenziale che curava gli ammalati) ove apprese i primi rudimenti della medicina. Ma abbandonò presto l’abito di novizio … e, alla madre, sorpresa per il suo ritorno a casa, giustificò: “che volete che facessi? … tutta la giornata lavoravo come un cane ad aiutare l’aromatario, ad assistere gli ammalati, a imparare la medicina … a leggere la vita dei santi …, ma in realtà, pare che leggendo il leggendario dei santi, sostituiva ai nomi delle sante vergini i nomi delle donne pubbliche di Palermo! Uno dei suoi divertimenti preferiti pare fosse quello di ribellarsi alla forza pubblica, infatti quando incontrava gendarmi che conducevano i carcerati al penitenziario, si slanciava addosso a loro per liberare i detenuti. Lo zio Matteo Bracconeri, attratto dalla intelligenza, dalla rapida intuizione e dalla parola arguta e suggestiva del nipote, cercò di condurlo sulla buona strada, anche se dovette subire i ricorsi e le recriminazioni di tutti gli abitanti del rione nel quale abitava per la riprovevole condotta dello stesso, … fino a quando non dovette, purtroppo, constatare che il nipote gli aveva sottratto beni, materiali e danaro. Avviato all’arte del disegno, il giovane Balsamo un giorno ritrasse sul ventaglio della zia due mosche … con tale naturalezza che chi le vide non potè fare a meno di stendere la mano per scacciarle. Disgraziatamente, però, usò il suo talento per attività illegali: per esempio contraffaceva i biglietti di ingresso al teatro S. Cecila, falsificò un testamento a favore di un certo marchese Maurigi a scapito di un pio istituto. Venuto a conoscenza che un giovane si era innamorato di una sua cugina, combinò una corrispondenza tra l’innamorato e la cugina, che era completamente allo scuro della cosa, spillando regali, orologio, altra minuterie e anche danaro all’ingenuo amante. Un superiore di una comunità religiosa necessitando di una licenza per assentarsi dal convento, diede incarico al Peppino Balsamo, il quale la ottenne facilmente … solo che l’aveva falsificata facendosela pagare profumatamente. Più volte fu arrestato e processato, ma a causa di prove difettose, dell’ingenuità degli inquirenti, della furbizia dell’inquisito, riusciva a cavarsela sempre. Si fece fama di essere stregone, infatti alcuni conoscenti, onde avere la prova della sua stregoneria, gli richiesero di conoscere quale attività stava svolgendo in quel momento una nota dama della città: segnato un quadrato per terra, dopo avervi passato le mani, apparve la figura della dama in questione intenta a giocare a tresette con alcuni amici, e per controllare la veridicità di quanto apparso nel quadrato, pare che siano andati a verificare nel palazzo ove abitava la dama … la quale – proprio in quel momento – stava effettivamente giocando a carte con gli amici.   Raggirò un argentiere, certo Marano, circa l’esistenza di un tesoro nascosto nelle vicinanze di Palermo, e dopo avergli carpito sessanta onze, lo portò in un luogo dove recitando litanie, parole incomprensibili e facendo pratiche misteriose, fece apparire molti diavoli (erano i suoi amici travestiti) che presero a bastonate l’argentiere, che finalmente resosi conto del tranello, giurò vendetta. Il Balsamo, a causa di tutte le sue bravate dovette lasciare Palermo e si trasferì a Messina, e da qui ad Alessandria d’Egitto, a Roma, a Malta, a Napoli, a Genova, ad Antibes, a Barcellona, a Madrid, a Lisbona. A Roma, il 21 aprile 1768, sposò, nella chiesa di S. Salvatore in Campo, Letizia Serafina Feliciani (nata l’8 aprile 1751, analfabeta), era figlia. secondo alcuni, di un sellaio, secondo altri di un fonditore in bronzo, la quale, professando “il mestiere più antico del mondo” la prostituzione di alto bordo, collaborò attivamente col marito, non soltanto a far soldi, ma anche a salvarlo da condanne e da carceri.

Nel viaggio da Londra in Francia, conobbero un ricco signore, certo Duplesir … e manco a dirlo, prima che arrivassero a Parigi donna Letizia era diventata Madame Duplesir …, essendo la cosa giunta a conoscenza del Re Luigi XV, questi ordinò la cattura della donna infedele.  Il Balsamo arrestato per uno dei tanti reati commessi, giurando sul Vangelo o sul Crocefisso riuscì a sfuggire al carcere. Ritornato a Palermo, l’argentiere Marano, avutone conoscenza, riuscì a mandarlo alla Vicaria, anche perché in sede processuale venne riesumato l’episodio del famoso testamento del marchese Maurigi (2) sopra indicato. Naturalmente il Balsamo abbandonò subito Palermo, non senza prima avere ottenuto in prestito dalla sorella ben quattordici onze, che non restituì mai … anche se, come si vedrà in seguito, la somma pare sia stata restituita dal Goethe. Continuò la sua attività di stregone, di guaritore, di truffatore, di imbroglione … assunse vari nomi (Marchese Pellegrini, Marchese D’Anna, Marchese Balsam, conte Fenix e finalmente conte di Cagliostro), … vantava l’arte di convertire il mercurio in argento, il piombo in oro, di indovinare i numeri del lotto, di possedere “la lapis Philosophorum” (3), … entrò in Massoneria, fondando il “Rito Egizio” (4) divenendone “Gran Cofto” e la moglie Lorenza “Regina di Saba – Grande Maestra del Rito di adozione”, … pare che avesse l’abilità di tenere lunghi discorsi pubblici usando un linguaggio profuso di molte parole scorrette in diverse lingue, che – anche se non capìte dall’auditorio – erano molto apprezzate e applaudite. Si diceva che leggesse nell’animo delle persone e lo si riteneva padrone della scienza e di tutte le lingue d’Europa e dell’Asia, … insomma era osannato e venerato da tantissimi …! Entrambi i coniugi furono coinvolti, durante il loro soggiorno a Parigi, nel famoso “Scandalo della Collana” (5). Trasferitisi l’1 novembre 1780 a Londra, il Balsamo fu investito da una grossa campagna di stampa da parte del Courier de l’Europe (organo di stampa controllato dalla Francia) il quale  narrò ai lettori le gesta di Giuseppe Balsamo e di Lorenza Feliciani. Egli rispose nel 1786 con La Lettera del Conte di Cagliostro al popolo inglese in seguito alle sue memorie, con la quale ammettendo di non essere aristocratico, ma che nessuna inchiesta della polizia della Bastiglia, nessun rapporto informativo, nessuna prova è riuscito a stabilire che lui fosse “quel Balsamo …”. negò di essere la stessa persona dell’autore di quelle gesta! Lasciata la Lorenza a Londra a “liquidare” le attività relitte, il Balsamo si rifugiò in Svizzera ed è proprio in quel periodo che il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe, nel suo viaggio in Italia, andò a conoscere, a Palermo, i familiari del Balsamo, la cui visita fu da lui descritta nel suo diario (6). In compagnia della moglie riprese i suoi viaggi, fermandosi a Trento il 21 novembre 1788, dove venne accolto dall’ultimo principe vescovo Pietro Vigilio Thun (1724-1800), al quale il Balsamo giustificò la sua appartenenza alla Massoneria, col fatto che egli non la considerava contraria alla religione cattolica e si dichiarò pronto ad andare a Roma, purchè munito di salvacondotto. Il vescovo rispose che non avendo il Cagliostro alcun pregiudizio nello Stato Pontificio, non necessitava di alcun salvacondotto.  Giunse a Roma il 27 maggio,  paventando improvvisi pericoli: (sospettò di essere spiato), pensò di ritornare in Francia, e a questo proposito indirizzò un Memoriale all’Assemblea francese, messaggio che fu sequestrato dalla gendarmeria vaticana (era appena scoppiata la Rivoluzione francese).  In settembre successivo la moglie Lorenza denunciò il marito al parroco di Santa Caterina della Rota (7), denuncia alla quale seguirono altre due denuncie presentate del padre della Lorenza, Giuseppe Feliciani, e da una spia dello Stato pontificio, che portarono il Balsamo nelle carceri di Castel Sant’Angelo, la moglie nel convento di Sant’Apollinare in Trastevere e nel convento dell’Ara Coeli un monaco cappuccino, Francesco Giuseppe di S. Maurizio, (affiliato alla massoneria per il tramite del Balsamo).  Le imputazioni contestate dal Papa Sisto VI, (formulate a seguito di una riunione avuta con il Segretario di Stato e con altri Cardinali il 27 dicembre 1789), consistevano nei reati di esercizio di attività di massone, di magìa, di bestemmie contro Dio, Cristo, la Madonna, i Santi, i culti della religione cattolica, di lenocinio, di falso, di truffa, di calunnia, di pubblicazione di scritti sediziosi … che comportavano la pena di morte.  L’avvocato del Balsamo, Carlo Costantini, impostò la linea difensiva sul fatto che l’imputato era un ciarlatano, che la moglie era una prostituta, tuttavia, per il fatto che il reato di attività massonica avrebbe potuto comportare l’accusa di eresia, l’imputato fu trascinato, in pubblico dibattito, sul campo della discussione teologica, materia nella quale il Balsamo era completamente digiuno … per cui gli inquirenti lo deferirono al Tribunale del Sant’Uffizio. Il Balsamo, vistosi perduto, il 14 dicembre 1790 indirizzò una supplica al Papa … a seguito della quale ottenne la commutazione della pena di morte in quella del carcere a vita, la moglie Letizia venne assolta (perché ritenuta succube della volontà del marito, e restò nello stesso Convento di S. Apollinare, ove decedette l’11 maggio 1810), mentre fra Francesco Giuseppe venne condannato a dieci anni di reclusione da scontarsi nel convento dell’Ara Coeli. Il Balsamo venne condotto a scontare la sua pena nella Rocca di San Leo, una vecchia fortezza in provincia di Rimini, e segregato in una cella priva di porta, … il detenuto veniva calato da una botola dal soffitto … una finestra di dimensione di una feritoia era quella da cui entrava l’aria e la luce, e, per questo denominata “il pozzetto”.  All’inizio della prigionia, il Balsamo si professò pentito e devoto … si batteva il petto … tenendo in mano un crocefisso … disegnò una immagine della Maddalena in penitenza, poi cominciò a dare segni di instabilità psichica, con violente ribellioni e crisi mistiche … e, quando era in preda alle sue crisi e urlava, le guardie lo riportavano alla calma a suon di bastonate. Il 23 agosto 1795, il Cappellano della prigione, fra Cristoforo da Cicerchia, lo trovò paralizzato … tre giorni dopo era morto. Fu sepolto in loco, senza cassa, nella nuda terra.  Alla fine del 1797, quando le truppe polacche conquistarono la Rocca (8), scoprirono il cadavere, al quale dettero degna sepoltura … anche se – così si narra – conservarono il cranio, usandolo come coppa per il vino. Secondo alcuni ricercatori si ritiene che Balsamo e Cagliostro non fossero state la stessa persona: il primo un imbroglione nato a Palermo, il secondo invece un Conte di origini portoghesi, grande maestro della storia, colui che inventò il motto “Libertà, Uguaglianza e Fratellanza” che divenne il simbolo della rivoluzione francese.  La confusione tra i due personaggi si dice sia stata opera della “Inquisizione”, che avrebbe pagato il Balsamo e la moglie per recitare il ruolo dell’impostore onde screditarlo agli occhi del popolo … (la soppressione fisica dell’individuo avrebbe creato un martire … un eroe); Cagliostro disse sempre “io non sono Balsamo” … si fece il possibile per screditare il messaggio di Cagliostro che riscuoteva in Europa grandissima risonanza (9).

E, per finire, ecco quanto Cagliostro, nel 1786, disse, di sé stesso, al Procuratore generale di Parigi:

“La verità su di me non sarà mai scritta, perché nessuno la conosce.

Io non sono di nessun epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero.  

Partecipando coscientemente all’essere assoluto, regola la mia azione secondo il meglio che mi circonda.

Io sono colui che è.

Non ho che un padre, diverse circostanze della mia vita mi hanno fatto giungere a questa grande e commovente verità, ma i misteri di questa origine e i rapporti che mi uniscono a questo padre sconosciuto, sono e restano i miei segreti.

Ma ecco, sono nobile e viandante, io parlo e le vostre anime attente ne riconosceranno le antiche parole, una voce che è in voi e che taceva da molto tempo, risponde alla chiamata della mia.

Io agisco e la pace rinviene nei vostri cuori, la speranza e il coraggio nelle vostre la speranza e il coraggio nelle vostre anime.

Tutti gli uomini sono miei fratelli, tutti i paesi mi sono cari, io li percorro ovunque affinchè lo Spirito possa discendere da una strada e venire verso di noi.  Io non domando ai Re, di cui rispetto la potenza, che l’ospitalità sulle loro terre e, quando questa mi è accordata, passo, facendo attorno a me, il più bene possibile: ma non faccio che passare. Sono un nobile viandante? Io sono Cagliostro.”

 …..

Lions Club Milano Galleria – distretto 108-Ib4 – matr. 434120

……1) presumibilmente trattasi di Novara di Sicilia, il cui originario nome dialettale era “Nuarra”;

2) così si concluse la vicenda. Un nobile siciliano, prepotente e dispotico, di notevole forza fisica, grande latifondista, estremamente ricco e titolare di incarichi presso la Corte di Napoli, divenuto amico intimo del Balsamo ma ancora più intimo della moglie Lorenza, non riuscendo a farlo liberare, aggredì con violenza l’avvocato che patrocinava l’accusa e lo ridusse a mal partito, tanto che il Presidente del Tribunale, impaurito dall’intervento del nobile, non solo non emise alcuna sentenza di condanna ma mandò libero l’imputato;

3) è la pretesa scienza secondo la quale gli uomini pensavano di convertire i metalli vili in nobili, di creare medicamenti per ogni genere di malattia, e di prolungare la vita animale.

4) sosteneva che scopo del Rito Egizio fosse la rigenerazione fisica e spirituale dell’uomo, e il suo ritorno alla condizione precedente alla caduta provocata dal peccato originale. Il 20 ottobre 1784 a Lione, riuscì a mettere assieme dodici maestri di leggi massoniche e provvide subito a costruire la sede della sua Loggia “La sagesse trionphante”, ma senza attendere la ultimazione dei lavori, assieme alla moglie, si trasferì a Parigi deciso a completare il suo capolavoro: il riconoscimento da parte della chiesa cattolica del Rito Egizio. A Parigi, il 30 gennaio 1785 prese, assieme alla moglie, alloggio nel Palace Royal, dove assieme al duca Luigi Filippo II di Borbone Orleans (Philippe Egalitè), Gran Maestro delle Logge francesi, fondarono due nuove Logge, una per gli uomini e una per le donne, frequentate soltanto da aristocratici;

5) il gioielliere di corte, Boehmer, avendo realizzato una collana di brillanti (del valore di 1.600.000 livres, pari a 500 Kg. d’oro) la offrì alla Regina Maria Antonietta, la quale rifiutò l’acquisto. Due avventurieri, il conte e la contessa De La Motte, fecero credere al cardinale de Rohan che in realtà la Regina volesse acquistare la collana. Il cardinale, che aveva commesso una gaffe nei confronti di Maria Teresa d’Austria (madre della Regina), sperando di riguadagnare l’amicizia della Regina si fece garante, nei confronti del gioielliere, per conto della Regina e consegnò la collana ai De La Motte che cercarono di venderla smembrata in Inghilterra. Scoperti furono arrestati e accusarono Cagliostro e la moglie di complicità. Essi finirono alla Bastiglia, il 22 agosto 1785, assieme agli altri. Difesi dai migliori avvocati parigini il 31 maggio 1786 furono ritenuti innocenti, ma intimati a lasciare la Francia;

6) Il Goethe, a Palermo, spacciandosi per un inglese che doveva portare ai familiari notizie del Balsamo, si fece condurre nell’abitazione della vecchia madre e della sorella Giovanna (vedova con tre figli), trasferite in una casa (composta di un grande locale … ma pulito) in via Terra delle Mosche (vicino al Cassaro). Il Goethe, nel suo diario (Italianische Reise del 1813 – 1817), alle date del 13 e 14 aprile 1787, annotò che, avendo avuto sentore del Giuseppe Balsamo in una tavolata pubblica, ove alcuni erano a conoscenza del fatto che un tale chiamato Giuseppe Balsamo era nato a Palermo ed era malfamato per alcuni fatti criminosi per i quali era stato bandito dalla città, e, qualcuno di quelli che lo aveva conosciuto di persona riteneva che fosse la stessa persona ritratta in una certa incisione su rame, (ma molti non lo erano). Uno dei commensali dichiarò di essere a conoscenza del fatto che un giurista palermitano aveva svolto una indagine approfondita. Riuscito a rintracciare un collaboratore del giurista si fece accompagnare da questi in casa dei familiari del Balsamo: gente semplice, ma pulita e gioviale. La vecchia madre, piuttosto sorda …, oltre ai membri della famiglia ospitava, per carità cristiana, una persona povera, ammalata e infelice; chiese notizie del Giuseppe (la sorella ricordò che le doveva 14 once) del quale avevano saputo che viveva come un principe. I familiari chiesero se l’ospite era in grado di recapitargli una lettera, che avrebbero scritto l’indomani, e saputo che il Goethe era in visita della Sicilia, lo invitarono a partecipare, assiene a loro, alla Festa di Santa Rosalia. L’accompagnatore (non  se ne conosce il motivo) aveva fretta di lasciarli, mentre il Goethe, intenzionato anche a rimborsare, di tasca sua, le 14 once alla sorella, ritornò da solo, il giorno dopo, per ritirare la lettera da recapitare a Peppino Balsamo, ma non potè elargire la somma alla sorella per la mancanza di danaro … ma che, pare, abbia fatto pervenire in seguito. Dal racconto di questi avvenimenti (che sono stati trascritti tra il 1813 e il 1817) sorgono parecchi interrogativi: perché Goethe fece questa indagine (forse per la curiosità di conoscere questo individuo così discusso)? Si rese disponibile di recapitare una lettera al Balsamo (… forse lo conosceva … oppure era alla ricerca di una opportunità per incontrarlo di persona …, per quale motivo)?  Perché nella parte del suo diario dedicata alla Sicilia  (… “l’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna idea nell’anima, qui si trova la chiave di tutto …”), sulla quale scrive e descrive, soltanto, paesaggi, colline, monti, modi di vivere, generi alimentari, prodotti della terra e del mare, città e paesi, strade, fiumi, laghi, monumenti, antichità, festività, usi e costumi di quest’isola, in circa settantacartelle, dedica ben otto cartelle a un individuo molto discutibile e molto discusso in tutta Europa (anzi va addirittura a conoscerne la famiglia) e, in tale diario, pubblicato (molto tempo dopo la sua morte) tra il 1813 e il 1817, non dedica, neanche una pagina, ad altro personaggio siciliano …?  

7)  In Prati, era la chiesa dove i prigionieri cristiani liberati dai musulmani portavano le catene, come ex voto;

8) La  “Legione Polacca” (Legiony Polskie) era formata da mercenari-volontari polacchi, (esuli dalla madre patria in conseguenza dell’occupazione da parte degli austroungarici della Galizia e, per il resto in mano ai russi), fu creata dal gen. Henryk Dabrowsky a seguito di un accordo con la Repubblica Cisalpina. Nacque a quell’epoca e durante la permanenza della Legione Polacca a Reggio Emilia (ad opera del compositore Jozef Rufin Wybicki), l’inno nazionale polacco (quello tutt’oggi esistente) … del quale si trascrive la traduzione di una strofa “… Marcia, Marcia Dabrowsky, / Dalla terra Italiana alla Polonia, / Sotto il tuo comando / Riuniremo la nazione …”;

9)  è improbabile che Balsamo e Cagliostro fossero due persone diverse: il cognome Cagliostro era quello dello zio della madre di Giuseppe Balsamo, e, in conseguenza del decesso di quest’ultimo non si hanno notizie della sopravvivenza di altro soggetto di nome Giuseppe Balsamo o di Alessandro conte di Cagliostro.

 

 

 

 

 

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