MY FAR LADY: TRA TRASFORMAZIONE E FEMMINISMO

 (Salvatore Aiello)

                          ph © rosellina garbo 2019

Il Teatro Massimo, introducendo al clima delle festività natalizie, ha scelto di concludere la Stagione d’Opera (sarà il prossimo Schiaccianoci a concludere quella del Balletto) col riproporre, dopo lunghi anni, il musical. E’ andato quindi scena “My fair lady” su libretto e testi di Alan Jay Lerner e musica di Frederick Loewe, tratto dal testo di George Bernard Shaw, ispiratosi al mito di Pigmalione. E’ musical romantico incentrato sul dramma del “cambiamento femminile”o, più modernamente, del “femminismo”. Si è sempre rivelato accattivante soprattutto per l’intreccio tra canto, danza e recitazione in un’atmosfera rarefatta, sprizzante gioiosità e leggerezza che sono la linfa portante di uno spettacolo che non cede mai all’ovvio catturando l’attenzione  dei pubblici per i suoi immortali personaggi. I protagonisti Eliza Doolittle e Henry  Higgins si impongono ora con simpatia ora con ironia nel faticoso cammino  che obbliga Eliza ad assumere il linguaggio che da serva la trasforma in signora, e dall’altra parte il misogino Higgins che si impegna completamente nel confezionare il capolavoro della sua creazione.  A Palermo la produzione si è avvalsa della agile e coinvolgente bacchetta del  direttore inglese Wayne Marshall in piena sintonia col palcoscenico, con un’orchestrazione elegante che ha saputo affiancare recitativi, canto e danza in una compresenza ben integrata e armonizzata a comunicare emozioni. Curata e sapiente la regia di Paul Curran. Rapidi e funzionali i frequenti cambi di scena di un bell’allestimento,  in coproduzione col san Carlo di Napoli, che si avvaleva delle scene di Gary Mc Cann , dei deliziosi costumi di Giusi Giustino, delle adeguate coreografie di Kyle Lang e delle efficaci luci di David  Martin Jacques; il tutto rispettoso della  tradizione e di una perfetta ambientazione londinese dal mercato dei fiori di Covent Garden, all’Ippodromo di Ascot, allo studio di Higgins con  pieno risalto di una ricca biblioteca che in qualche modo rimandava al bellissimo film interpretato da Rex Harrison e Audrey Hepburn.

                      ph © rosellina garbo 2019

Il cast dei bravi e consumati attori-cantanti provenienti dai teatri del West end londinese vedeva impegnati nella scena: Robert Hands (Henry Higgins), Nancy Sullivan (Eliza Doolittle), John Conroy (Colonnel Pickering), Martyn Ellis (Alfred P. Doolittle), Rhys Whitfield (Freddy Eynsford-Hill), Julie Legrand (Mrs. Higgins), Gillian Bevan (Mrs.Eynsford-Hill), Rosemary Ashe (Mrs. Pearce), Andy Brandy (Jamie), Graham Mackay- Bruce (Harry) risultava omogeneo, amalgamato ed efficace  nel gioco scenico pur se vocalmente avremmo gradito un canto più carezzevole e morbido cui certo non giovava l’aver ricorso all’amplificazione. Valido l’apporto  del coro diretto da Ciro Visco e del Corpo di ballo del Teatro Massimo. Entusiasta la risposta del numeroso pubblico.

 

 

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