MADRIGALE SENZA SUONO

Morte di Carlo Gesualdo , Principe di Venosa

Romanzo di Andrea Tarabbia

(Gabriella Maggio)

Igor Strawinsky negli anni ’50 del ‘900 si avvicina, su suggestione di Robert Craft, alla musica  di Carlo Gesualdo  principe di Venosa, musicista autodidatta,  vissuto tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600. In particolare lo affascina “Illumina  nos” , l’unica composizione  gesualdiana a sette voci, di cui  però  l’autore ne ha abbozzate solo due. E proprio l’incompletezza  lo sollecita e nello stesso tempo lo inquieta. Così scrive il musicista russo  nel  gennaio 1960  a Glenn E. Watkins, il più importante studioso di Carlo Gesualdo. Strawinsky racconta anche  della visita fatta ai luoghi gesualdiani, il castello di Venosa ed il palazzo di Napoli, dove  il  ricordo del principe è ancora vivo nelle leggende che rievocano  il crudele assassinio della sua prima amatissima moglie Maria D’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa, colti in adulterio. La fascinazione cresce ancora quando  in una misteriosa libreria napoletana Strawinsky trova una  cronaca della  vita di Gesualdo  scritta dal fedele servitore Gioacchino Ardytti nel 1613, anno della morte del principe, che si lasciò morire d’inedia quando capì  di essere rimasto senza  eredi. La fama truce di Carlo Gesualdo interessa il musicista russo perché  gli pone  il dilemma  della creazione artistica e del rapporto dolore/creatività. La vita di Gesualdo, nonostante che sia  raccontata  ampiamente ed occupi si può dire tutto il romanzo, ha un’autonomia parziale, perché trae giustificazione, grazie alla cronaca fortunosamente trovata, da una sorta di  cornice costituita da due lettere, la prima di Strawinsky a Watkins e l’altra da Watkins  a Strawinsky.  Sembra  quindi che la vita di Carlo Gesualdo sia  soltanto un mezzo per mettere a fuoco  il cogente tema dell’ars  e della poetica del musicista russo proprio mentre  medita  la composizione del Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD annum , che sarà rappresentato a Venezia nello stesso 1960. “Fare musica , spiega Watkins nella sua lettera,  vuol dire a volte riscrivere, immaginare di nuovo. È  esattamente così : bisogna dialogare coi padri, dar loro un linguaggio nuovo che ce li renda vicini…”(p.373).  Andrea Tarabbia con “Madrigale senza suono “ ed. Bollati Boringhieri ha  vinto il Premio Campiello 2019.  Il  romanzo è costruito con competenza  narrativa, storica e musicale. Ne risulta un’architettura polifonica composta da  sette voci di cui solo due sono ampie e dettagliate, quella di Strawinsky e quella di Gioacchino Arditty, ufficialmente autore della cronaca, ma probabilmente alter ego  dello stesso Carlo, che così teatralizza il suo mondo interiore. L’ossimorico titolo dell’opera richiama  il madrigale incompiuto  del principe e si rispecchia nella struttura complessa e ben connessa della narrazione. Strawinsky identifica   il suo tormento compositivo con quello di Gesualdo, con  la sua ricerca di strumenti musicali dal suono originale, con  la consapevolezza di concludere un’epoca musicale e anticipare la  nuova che sta per venire.  Come Carlo sta chiuso nel suo “zembalo” a provare e riprovare  armonie, così  il russo sta  a lungo nella  sua “stanza della musica”  a  Los Angeles, suscitando la preoccupazione  dell’ infermiera  Olg’a .   “ per entrare nella sua musica ho dovuto scardinarla, romperla, infinitamente variarla prima di trovare una forma e un suono per la mia traduzione. Ma infine ce l’ho fatta… ho eretto un monumento non da mano creato…, se Carlo ascoltasse questo piccolo Monumentum  che gli dedico, penserebbe che l’orizzonte dei suoni si è fatto più largo, come egli stesso auspicava.” Il romanzo è un gioco di specchi e di rimandi, che avvince sempre più il lettore,  un grande trompe l’oeil in carattere col ‘600, rappresentato in tutte le sue manifestazioni culturali e di costume  al punto che al primo sguardo lo si potrebbe  dire  protagonista del romanzo. Ma solo al primo.

 

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