LE ONDE GRAVITAZIONALI LA COLONNA SONORA DELL’UNIVERSO

(Carla Amirante)

Nel 1916 Albert Einstein formulò la nuova teoria della relatività generale usando un’equazione nota come equazione di campo di Einstein; lo scienziato descrisse la gravità come la curvatura dello spaziotempo e che risponde a questi due principi; il primo di questi afferma che le leggi della fisica non cambiano quando si passa da un riferimento inerziale a un altro; il secondo che la velocità della luce nel vuoto, indicata con c (circa 300.000 km/s), è la stessa per qualsiasi osservatore, sia fermo che in movimento. Sempre nel 1916, l’astrofisico Karl Schwarzschild trovò per l’equazione di Einstein una particolare la soluzione, nota come spaziotempo di Schwarzschild, studiata intensamente dagli anni sessanta per descrivere i buchi neri. Negli ultimi decenni gli studi di fisica teorica hanno cercato di conciliare la teoria della relatività generale con la meccanica quantistica, che studia l’infinitamente piccolo e descrive il mondo degli atomi e delle molecole con estrema precisione. Da queste premesse si è arrivato a credere che i cataclismi cosmici provocati dai buchi neri diano vita ad onde gravitazionali che, attentamente osservate dal 2016 sono ritenute in grado di produrre una sorta musica.

  Il fisico italiano Adalberto Giazotto, pioniere nella ricerca su queste onde, sviluppò la sensibilità dei rilevatori interferometri al laser sulle basse frequenze e, nel 1993 a Pisa, diede vita al gruppo di ricerca VIRGO per ridurre sugli specchi dello strumento il rumore sismico trasmesso all’origine del disturbo. Furono allora costruiti dei superattenuatori che con i filtri antisismici passivi garantivano una riduzione di miliardi di miliardi di volte gli effetti delle vibrazioni del suolo. Grazie a questa migliore strumentazione, Virgo diventò il rivelatore più sensibile per le basse frequenze in concorrenza con la LIGO americana, fondata nel 1984. I ricercatori hanno allora applicato le equazioni della relatività generale per calcolare la massa e la rotazione del buco nero appena formato e inoltre, per dimostrarne la coerenza dei dati di ​​tono e decadimento rilevati, hanno confrontato i risultati con quelli  già in possesso, ottenuti  con altre metodologie.

Il suono del buco nero

Con la soppressione delle vibrazioni, si sono catturate le onde gravitazionali generate dai buchi neri, la forma più compatta di energia nell’universo, quando essi vengono a scontrarsi. I  buchi neri, come grandi lenti in grado di piegare i raggi di luce e gocce d’acqua grandi circa 30-35 masse solari, si fondono e danno vita a una mega-goccia di 62 masse solari, lasciando nell’universo parte della loro massa sotto forma di  onde gravitazionali. Il nuovo buco nero nella collisione “risuona” come una campana che, percossa, manda le sue onde sonore e le sue onde gravitazionali fanno capire come sarà la sua massa e rotazione. Tale tecnica potrebbe essere usata anche su oggetti diversi dal buco nero e in futuro, con i migliori rilevatori sulla terra e nello spazio, si potranno studiare altre modalità e proprietà di questi corpi e fenomeni celesti. Se come prevedeva Einstein, non solo i buchi neri, ma anche il wormhole (cunicolo spazio-temporale) o le stelle di bosone potrebbero suonare in modo diverso e divenire visibili. Ma è bene precisare che i suoni generati dalle onde gravitazionali non sono una vera musica, ma essenzialmente sono una prova sperimentale della teoria della relatività generale e un passo in più verso la conoscenza dell’Universo e della sua origine. Già nell’aprile 1990 l’Agenzia Spaziale Europea e la Nasa in un breve video pubblicato su YouTube avevano ripreso un angolo dell’universo con il telescopio spaziale Hubble e fatto ascoltare una melodia che, scorrendo da sinistra a destra mutava la frequenza dei suoni dal basso all’alto, passando da 30 a 1000 hertz”. Poi nel settembre 2015 dalla LIGO, per la prima volta queste onde, (increspature infinitesime di fenomeni cosmici lontani e violenti nello spazio-tempo), sono state osservate sperimentalmente e identificate come un “cinguettio”, un suono innescato dalla rapida collisione di due enormi buchi neri. Il picco del segnale, con il cinguettio sempre più forte si aveva quando i buchi neri si scontravano fondendosi insieme. Il nuovo corpo celeste al tempo stesso emanava le onde gravitazionali con uno squillo troppo debole da decifrare a causa del clamore della collisione e le tracce venivano identificate dopo il picco con un segnale troppo debole per essere studiate. Nel 2017 il fisico Giazotto è riuscito a catturare i segnali inviati da due stelle giganti che morivano in un’esplosione chiamata «kilonova», che aveva dato origine a una massa enorme contenente anche elementi pesanti, come platino, oro e uranio. Così con l’uso di telescopi potentissimi si è compreso che l’universo continua a espandersi, separando e allontanando sempre più le sue parti, lasciando onde gravitazionali. Il fisico italiano, che è pure figlio del musicista Remo Giazotto, compositore dell’Adagio di Albinoni, ha così commentato la scoperta delle onde gravitazionali: “È davvero incredibile che qualcuno sia riuscito a scrivere una musica con un tale livello di bellezza e di complessità, e che altri esseri umani come me riescano a comprenderla. Lo trovo sconvolgente. Per me la profondità e le trovate di Beethoven nella musica hanno un impatto equivalente alla relatività generale e alle altre cose di cui mi sono occupato per tutta la vita nel campo della fisica”. Di recente nell’aprile di quest’anno, il 2020, Il team della Nasa ha elaborato un video, il “canto” dello spazio, utilizzando una bellissima foto scattata nel 2018 dal telescopio spaziale Hubble, in cui lo spazio viene sonificato in maniera estremamente suggestiva e inizia a “cantare” grazie alla variazione di luminosità delle stelle trasformata in frequenze udibili dall’uomo. Viene mostrata una distesa di stelle e galassie, viene spiegato che “ogni granello di galassia visibile ospita innumerevoli stelle”, con gli astri più brillanti in primo piano perché più vicini. Particolarmente spettacolare è la parte centrale del video con un numero immenso di galassie, tenute insieme dall’inarrestabile forza di gravità mentre si ascolta la melodia fatta di note chiare e brevi per le galassie compatte e le stelle e invece di note lunghe per le galassie a spirale. Il tempo scorre da sinistra a destra e la frequenza del suono cambia dal basso verso l’alto, da 30 a 1.000 hertz, quando la linea del tempo musicale si avvicina al centro dell’immagine, in prossimità dell’ammasso di galassie (RXC J0142.9+4438), l’ascoltatore sente il crescendo delle tonalità medie dovute alla ‘ricchezza’ di quella parte di universo.

Armonia delle stelle

 Nella nuova ricerca del MIT, Massachusetts Institute of Technology, si è in grado di rilevare il picco del suono, isolando con successo un modello di suoneria specifico per un buco nero appena nato, e si identificano e misurano i due toni distinti di massa e di rotazione. “Rileviamo un segnale d’onda gravitazionale complessivo composto da più frequenze che si attenuano a velocità diverse, come i diversi toni che formano un suono – spiega Maximiliano Isi, membro della Ligo – Ogni frequenza o tono corrisponde a una frequenza vibrazionale del nuovo buco nero.

 

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