L’AFFIDO UNA SCELTA D’AMORE

          Pietro Manzella*

“Dove c’è un bisogno là c’è un lions”

Io voglio aggiungere pure “là dove c’è una sfida costruttiva per il benessere sociale, esiste un lions vincente!”Infatti, la sfida sulla conoscenza “funditus” dell’istituto giuridico dell’affido familiare continua anche in questo anno sociale. Pertanto, tale tema di studio viene riproposto con ancora maggiore vigore e coraggio, nella consapevolezza di riuscire a trasformare un piccolo sentiero in autostrada per una consapevole conoscenza dei rivoluzionari principi giuridici e sociali che lo governano. Ringrazio Eloisa Amarù ed il comitato da Lei coordinato per avermi accolto tra le loro file. In particolare, vedrò adesso i punti salienti dell’istituto giuridico. Gli ordinamenti giuridici mondiali hanno avuto un ruolo determinante nell’evoluzione della normativa sul minore. Tra le principali la “Dichiarazione universale dell’Assemblea generale dell’ONU del 10.12.1948, i cui principi sono divenuti ormai norme di diritto internazionale consuetudinario; la Dichiarazione generale dei diritti del fanciullo del 20.11.1959; la Convenzione di Strasburgo del 1967; la Convenzione di New York del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo in cui uno dei suoi preamboli è riservato alla famiglia quale “… unità fondamentale della società ed ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli” . Tali trattati internazionali, tutti recepiti dall’Italia, hanno spinto i nostri legislatori all’adozione di norme nuove, regolatrici sia sulla famiglia che sui figli nei reciproci rapporti. A tal fine la legge 04/05/1983 n. 184, poi modificata dalla L. 28/03/2001 n. 149 e da altre ancora, ha stravolto il codice civile e l’art. 315 bis in particolare, che è stato titolato appunto “diritti e doveri dei figli”, ponendo il minore in genere, al centro della tutela assistenziale ed, in special modo, identificandolo come portatore autonomo di “diritti” ed in particolare ha rinominato l’epigrafe della Legge 184 in: “Diritto del minore ad una famiglia” (Adozione ed affidamento). Ed ancora l’art. 147 del c.c. è titolato “doveri verso i figli”; esso impone a ciascun coniuge “l’obbligo di mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni” secondo quanto previsto dall’art. 315 bis del c.c.. Ma cosa dice, in particolare, questo articolo 315 bis? Esso è titolato “Diritti e doveri del figlio” e può essere, quindi, a mio avviso definito come “Statuto dei diritti del figlio”. In esso i primi 3 commi parlano di diritti dei figli e cioè: a) diritto al mantenimento, all’educazione, alla crescita, nel rispetto sempre delle proprie inclinazioni; b) diritto di crescere in famiglia; c) diritto ad essere ascoltato anche in età inferiore a 12 anni, ove capace di discernimento. Di contro gli si chiede il solo dovere del rispetto verso i genitori e la sua contribuzione economica verso la “famiglia” finché convive con essa. Ecco, quindi, in sintesi, l’attuale assetto della “famiglia” di concezione laica. Il nostro legislatore ha stabilito, quindi, che qualunque minore ha “diritto ad avere una famiglia in cui crescere”. In quest’ottica, pertanto, si innesta il principio dell’“affido” voluto e previsto dalle leggi 184/1983, 149/2001 e successive modifiche, oggetto del tema di studio distrettuale.Vediamo a questo punto, sempre per sommi capi, come è strutturato l’affido dei minori, laddove “quella famiglia di origine”, di cui ho tratteggiato lo schema poco prima, si trovi in difficoltà e non possa svolgere adeguatamente i propri compiti.Come abbiamo visto, il concetto fondante del legislatore è quello che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (art. 1 L. 184/1983). Ma possono esservi dei casi in cui questa famiglia sia “malata” per così dire, o di un malessere “temporaneo” o di un malessere “definitivo”. L’affido, secondo la legge, può essere di due tipologie: affido c.d. “amministrativo” su iniziativa dei servizi sociali territoriali e l’altro c.d. preadottivo che non riguarda il nostro tema. Lo stravolgimento epocale di questo istituto giuridico è condensato al comma 2, sempre dell’art. 1 della L. 184/1983. Infatti, esso dice: “Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”. È rilevante sottolineare che il nostro legislatore abbia previsto di rimuovere gli ostacoli che possono colpire una famiglia ed abbia deciso di intervenire per rimuoverli nell’interesse dei figli. In particolare, esso dice che lo Stato, le Regioni e gli enti locali devono sostenere i nuclei familiare a rischio, capire il motivo di tali disagi e lavorare per risolverli, sempre nell’ottica di riportare il minore all’interno della propria famiglia di origine, ripulita dal malessere temporaneo (aspetti economici, di gravi malattie, di detenzione temporanea, tossicodipendenza, incuria e violenza, etc.). Tale diritto di vivere, crescere e di essere educato in una famiglia è assicurato a tutti i bambini senza alcuna distinzione di sesso, etnia, età, lingua e religione. A tal proposito l’art. 2 della predetta legge 184 stabilisce un elenco prioritario da rispettare nel momento della privazione del minore dalla propria famiglia d’origine per procedere all’affido. In particolare, i punti salienti di questo articolo 2 sono:

“1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

1-bis. Gli enti locali possono promuovere la sensibilizzazione e la formazione di affidatari per favorire l’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati, in via prioritaria rispetto al ricovero in una struttura di accoglienza.

  1. Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato. Per i minori di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.

Cominciamo ad avere, così, le idee più chiare su questo “affido” c.d. amministrativo. Avendo, così, individuato le cause del temporaneo disagio della famiglia d’origine, che in qualche modo va risolto in tempi più o meno brevi, ma sempre entro certi limiti, vediamo, adesso, chi sono i vari protagonisti:

  • La famiglia d’origine; 2) i minori; 3) i servizi sociali; 4) la famiglia affidataria; 5) la durata dell’affido; 6) le strutture pubbliche o private;
  1. La prima protagonista ha un ruolo molto importante, poiché è rappresentata da qualunque persona, singola o in coppia, che cerca di curare il proprio c.d. “malessere”, ma deve prestare il proprio obbligatorio consenso all’affido del proprio figlio, con il suo necessario ascolto laddove lo stesso abbia compiuto 12 anni di età.
  2. Il secondo protagonista (il minore) è il portatore di diritti: egli ha diritto ad avere una famiglia che lo guidi ed il diritto ad essere ascoltato, come già detto.
  3. I terzi protagonisti sono i servizi sociali: questi hanno diversi compiti tra cui il monitoraggio continuo sia della famiglia d’origine, sia di quella affidataria che delle strutture pubbliche o private.

Essi devono esaminare i problemi della famiglia d’origine per cercare di risolverli con l’aiuto delle risorse pubbliche all’uopo deputate, controllare la famiglia affidataria affinché sia nelle condizioni di educare e crescere il minore ed, infine, il minore che goda in pieno della propria serenità di crescita “latu sensu”.

Di tutte queste attività deve essere informata costantemente l’A.G. competente. Quarta protagonista di questa struttura è la famiglia affidataria intesa sia quale singola persona che in coppia. Il nostro legislatore, con tale tutela per il minore, ha rivoluzionato la mentalità culturale della famiglia affidataria che, a mio avviso, si trasforma in una vera e propria “culla d’incubazione amorevole per una nuova vita. Infatti, tali coniugi, che hanno la consapevolezza che quel bambino dovrà tornare ai propri genitori naturali, devono rappresentare un aiuto parallelo che supplisca alle mansioni dei genitori per il tempo necessario a superare i loro problemi. La famiglia affidataria deve donare, soltanto, “amore” e calore familiare protettivo per il minore, ma non deve attendere nulla da questa “gestione a tempo”, trasformandola in egoistica, in quanto il fine previsto dalla legge è solo quello del ritorno del minore alla famiglia d’origine. Ergo, nessuna pretesa adottiva potrà mai essere avanzata da costoro, ad eccezione del caso in cui il minore medesimo sia dichiarato, nel tempo, “adottabile” dal Tribunale per i Minorenni, per cause gravissime, che riguardano la responsabilità genitoriale dei genitori naturali, per cui si potrà chiedere di adottarlo. Ecco, quindi, la vera rivoluzione intellettuale, sociale e culturale di questo istituto giuridico e della motivazione che spinge noi Lions a diffonderlo.

  1. Quinto protagonista è il tempo massimo dell’affido che è di 2 anni, giusto quello per risolvere i problemi della famiglia di origine ed è prorogabile dall’A.G. in casi eccezionali solo se la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al bambino.
  2. Il sesto gruppo di protagonisti è rappresentato dalle strutture pubbliche o private: esse sono state volutamente messe in secondo piano dal legislatore perché è privilegiato l’ambito familiare e solo nel caso in cui non si rinviene nel territorio una “famiglia” disposta ad accudire al bambino, interviene la struttura pubblica o privata che, si badi bene, deve avere carattere “di tipo familiare”, in ogni caso, per i minori di età inferiore a 6 anni.

Ulteriore aspetto di tale tipo di affidamento è quello che esso è assicurato a tutti i bambini, come dicevo, senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e, comunque, non in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico.

Con ciò l’apertura a 360 gradi all’ internazionalità sulla protezione per i minori.

Ogni parola usata dal legislatore rappresenta un macigno culturale, a mio avviso, su cui si potrebbero innestare fiumi di incontri nello spirito di crescita e sviluppo della nostra società, che dovrebbe essere temperata con la propensione al futuro, ma senza tralasciare, né rottamare, perché fuori uso od obsoleti, gli altri principi ispiratori della storia, che hanno forgiato le fondamenta dell’umanità in un’ottica di rispetto reciproco, di ascolto condiviso e di legalità reale, fatta dal rispetto delle piccole cose quotidiane, che non costano nulla, ma che danno una dignità all’essere umano sparso sull’intero globo terrestre. Legalità vuol dire, a mio avviso, fare sempre il proprio dovere, in silenzio e senza clamori mediatici, in ogni ambito della nostra vita di uomini e donne normali, che lavorano normalmente o che accudiscono ai bisogni di altri con semplicità e per noi Lions nel rispetto e nell’applicazione costante del “codice dell’etica” in ogni service che realizziamo ed in ogni rapporto tra soci del L.C.I. L’umanità dell’uomo, a mio avviso, dovrebbe rispolverare di più il concetto di famiglia e non quello di macchina, che può essere di supporto, per l’educazione di un minore, un ambiente in cui si parla, si ascolta ed in cui gli interlocutori sono soggetti vivi con sentimenti veri e reali, non certamente metallici. Altra cosa è l’affido preadottivo, disciplinato dagli art. 22 e segg. della L. 184/1983. Esso prevede lo stato di adottabilità del minore per motivi ben più gravi che affliggono le famiglie di origine e sono richiesti, tra l’altro, i “motivi per i quali la coppia desidera adottare il minore”. Ma ciò esula dal nostro tema di studio. Conosciamoci e rispettiamoci sempre di più per diffondere “quell’amore” di cui è impregnato il nostro “codice dell’etica”, per poterlo donare incondizionatamente agli altri nell’aiuto ai più deboli.

Palermo, li 31/08/2020

                                                                                  *     F.d.i.

                                                   Responsabile scuola formazione del Distretto      

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