QUALE LEADERSHIP PER IL LIONISMO DEL FUTURO

Salvo Giacona

Leadership, una parola non propriamente traducibile in altre lingue, che, solo a sentirla pronunciare, provoca sensazioni contrapposte di rispetto, perplessità, ammirazione e preoccupazione . E questo si verifica perche’ la parola “ leadership” porta con sé tutto un retaggio storico, culturale, politico, sociale, legato ad esperienze di governo della società e di potere in genere, che si sono susseguite nel corso dei secoli con risultati spesso positivi, ma, a volte anche negativi (pensiamo per esempio alle varie sventurate dittature). Intendo dire che il concetto di leadership ha numerosi significati ed ha conosciuto un’evoluzione nel tempo di cui non si può non tenere conto. La complessità del concetto e la pluralita’ di definizioni del termine (pensate che il sociologo Joseph Rost, ha trovato 221 definizioni di leadership in 587 pubblicazioni esaminate) non devono essere considerati un problema, ma prima di tutto una risorsa a disposizione per farsi un’idea più esaustiva di tale processo.  Un dato è certo: la leadership da sempre fa parte dell’uomo e del suo modo di organizzarsi. Etimologicamente il termine -introdotto nel mondo anglosassone  ai primi dell’800 –  deriva dal verbo to lead che a sua volta deriva dall’antico sassone ledian o germanico leiten che ancora oggi in tedesco significa “condurre”, mentre da noi tale termine proviene dal latino cum e ducere e quindi, azzardando una traduzione in italiano, per leadership si intende comando o guida. In effetti il termine indica una funzione più complessa rispetto al semplice comando o all’esercizio dell’autorità, in quanto è finalizzata a fare lavorare insieme gruppi di persone per il raggiungimento dello stesso obiettivo. Comprenderete allora come la definizione, il contenuto e l’intensità del costrutto di leadership siano intimamente collegati alle circostanze storico-sociali del momento, alla situazione politica, all’influenza della cultura. Nella sua accezione più semplice per leadership  possiamo intendere “il rapporto tra colui che in una qualsiasi struttura sociale organizzata occupa la posizione più elevata e più incisiva nella interazione col resto del gruppo”. La leadership viene definita da Hersey e Blanchard (fautori della dominante teoria di Leadership Situazionale) come “il processo rivolto ad influenzare le attività di un individuo o di un gruppo ad impegnarsi volontariamente per il conseguimento di obiettivi in una determinata situazione” I due autori nordamericani sostengono che non esiste uno stile di leadership ideale, che possa essere valido  in assoluto e in tutti i casi. Per loro, i veri leaders sono coloro che, dopo avere effettuato un’efficace diagnosi, riescono ad adattare il proprio stile alle situazioni in cui agiscono e l’efficacia scaturisce proprio dal grado di coerenza del comportamento del leader medesimo con il tipo di situazione in cui, in quel momento, si trova a dovere esercitare il suo ruolo. Altra interessante  interpretazione del concetto di leadership è fornita da quel Joseph Rost che evidentemente non si limitava a spulciare i lavori degli altri, ma ha dato un suo forte contributo all’enucleazione di questo complesso processo , invitando a rifuggire dal basare il rapporto tra leader e i membri del gruppo sull’autoritarismo e sul potere inteso come dominio, bensì a fondarlo sulla reciproca influenza lavorando quindi all’interno di relazioni non coercitive. Capite perfettamente come si potrebbe procedere all’infinito per dare conto dei contributi forniti sull’argomento da sociologi, filosofi, economisti, storici e psicologi e cosi via, ma credo che quanto esposto sia più che sufficiente per fare una prima riflessione.  C’è bisogno di leadership nella nostra società. C’è bisogno di leadership nelle nostre case, nelle nostre aziende, dove ci sono governance  a tutti i livelli. Abbiamo bisogno più che mai prima d’ora di leadership nel lionismo. E soprattutto – rimanendo  nel nostro ambito- abbiamo bisogno di una leadership che ci porti verso il futuro e poi ci guidi con mano sicura nel lionismo del futuro. Un dato e’ certo  se non ovvio.  La leadership, per potersi compiutamente realizzare, presuppone, richiede, abbisogna inevitabilmente di  leader, cioè di  guide, di capi possibilmente carismatici,  che la interpretino e la realizzino. Insomma è sotto gli occhi di tutti la fortissima  simbiosi che sussiste tra leadership e leader indissolubilmente legati l’una all’altro. Si fa risalire la nascita del concetto di leader al sociologo tedesco Max Weber che agli inizi del xx secolo si appassionò al fascino particolare e significativamente coinvolgente che si sprigionava da diversi esponenti di spicco della società e nel 1922 definì questo loro forte ascendente come “carisma” inteso quale “attribuzione ad una persona da parte di una collettività di qualità ritenute eccezionali per realizzare una missione collettiva di grande importanza”. Tale termine si diffuse rapidamente e oggi viene utilizzato largamente nel linguaggio comune. Dicevo all’inizio che il concetto di leadership da sempre ha accompagnato l’uomo lungo la sua storia. Già 5 secoli prima della nascita di Cristo, il filosofo Confucio sosteneva che chi esercita il potere deve dare l’esempio di virtù morali. Per gli antichi greci la figura del leader perfetto veniva incarnato dall’eroe della mitologia, esempio di personificazione della giustizia, della saggezza e del valore. All’epoca dell’antica Roma, i chiamati a rappresentare la patria dovevano sottoporsi ad una rigorosa preparazione filosofico-giuridica per acquisire piena padronanza delle tecniche retoriche della persuasione, nonché ad una rigorosa formazione morale. Platone affermò il principio della leadership sostenendo che chi c’è, essendo nato e formato per ciò, deve comandare, governare e guidare gli altri, avendo come fine l’utilità comunitaria e collettiva di cui è direttamente responsabile. Aristotele sosteneva che la persona che aspira a dedicarsi alla politica e a comandare, vada educato alla morale e all’etica sin da giovane. Machiavelli nel suo “Il Principe” sottolinea il rischio e la difficoltà ad esercitare il ruolo di guida; ma aggiunge con soverchia disinvoltura  e fuori dal coro, che per conseguire gli obiettivi non c’è spazio per la morale. Da qui il famoso “Il fine giustifica i mezzi” Questo percorso, necessariamente limitato all’essenziale, che ho voluto tracciare, è servito, secondo la mia valutazione, a capire come, nel corso dei tempi e sino ad oggi, si è delineata, affinata, arricchita, ma anche complicata e diversificata, la figura e la funzione del leader. E a tale proposito ci si chiede: leader si nasce o si diventa? L’interrogativo sorge perché notiamo nel nostro vivere quotidiano che giovanissimi in occasione di aggregazioni sportive (ricordiamo la particella di calcio all’oratorio) o altro tipo di incontri o manifestazioni, dimostrano un piglio particolare, che lasciano trasparire innate attitudini a fare il leader. E’ un segnale premonitore? Diciamo subito – senza andare troppo in profondità- che in psicologia si coltiva la teoria dei tratti, secondo cui la personalità è definita da caratteristiche stabili e congenite, dette appunto tratti. Si può convenire che si tratti  di segnali preannunciatori che però, solo se coltivati con un’adeguata formazione e preparazione si possono tradurre in azioni e competenze atte a conferire capacità di leadership alla persona. Emblematica al riguardo la storia di Alessandro Magno, il grande conquistatore ed ispiratore, esempio preclaro di coraggio, le cui gesta divennero leggendarie. A soli 8 anni cominciò a studiare l’arte del comando, a 15 conseguì la reggenza del regno e a 20 divenne Re di Macedonia. Ebbe come guida dell’intelletto Aristotele. Un leader brillante, con ideali tesi ad unire tutto il mondo in una fratellanza universale, con una fiducia incrollabile nella propria capacità di raggiungere tutti gli obiettivi che si poneva, mostrando da un canto attitudine a delegare e dall’altra a sapere pianificare, organizzare, riflettere ed eseguire brillantemente. Un grande stratega ed uno straordinario condottiero. Come tutti i grandi leader, Alessandro il Grande aveva la capacità di organizzare i suoi uomini e di spingerli a superare se stessi. Perché ho voluto sottoporre alla vostra attenzione e alla vostra pazienza  il percorso storico della leadership e del leader ? Perché – come diceva Cicerone -“Historia magistra vitae”: la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, messaggera dell’antichità, maestra di vita e da essa dobbiamo trarre insegnamento e arricchimento. E dalla nostra storia possiamo ricavare la considerazione che il futuro del lionismo dipende da ognuno di noi e da tutti noi, se, dotandoci di una leadership adeguata e di programmazioni in linea con le nostre finalità, sapremo imboccare nuove vie e sapremo capire che la differenza tra l’impossibile e il possibile sta nella determinazione e coerenza dei nostri comportamenti, nel buon utilizzo dei nostri mezzi e nella preparazione dei soci.La verità è che il lionismo delle grandi speranze si costruisce con l’assunzione di responsabilità, con una diffusa presenza nel sociale, con una leadership di spessore. Possiamo aspirare ad un futuro da protagonisti e non da comparse più o meno anonime sul grande palcoscenico della società. Dipende da noi fare in modo che tutto ciò si realizzi: ricordiamoci che essere lions significa anche essere testimoni e partecipi del nostro tempo. Ed allora, mettiamo in campo tutto il nostro impegno e la nostra passione per costruire percorsi di libertà, di pace e di dignità umana. Ma per fare questo, abbiamo bisogno di un numero sempre maggiore di persone preparate a tutti i livelli. E soprattutto abbiamo bisogno di leader credibili, adeguatamente formati, che abbiano il coraggio di osare e di assumersi personalmente la responsabilità di decidere. Abbiamo bisogno di leader che abbiano il carisma  necessario per essere punto di riferimento per gli altri. Abbiamo bisogno di leader che abbiano la carica per generare ispirazione, passione ed entusiasmo tali da promuovere impegno e motivazione, magari attraverso l’esempio e la testimonianza personale.    Abbiamo bisogno di leader impegnati all’eccellenza e alla qualità. Abbiamo bisogno di leader che diano il buon esempio di etica, educazione, rispetto e irreprensibilità . Abbiamo bisogno di leader che sappiano anche ascoltare, delegare, potenziare le capacità degli altri, istaurando con loro un rapporto democratico per rendere più facile la realizzazione degli obiettivi. Abbiamo bisogno di leader affiliativi, capaci cioè  di favorire uno spirito di squadra e di leader visionari, capaci di coinvolgere gli altri in una mission di larghi orizzonti valorialmente forte. Questo, come sopra delineato, è l’identikit dell’auspicabile leadership per il lionismo del futuro, per un lionismo cioè che sia veramente protagonista, testimone e compartecipe di una società che si riappropri di quei valori che sono il fondamento del vivere civile e che danno centralità e dignità all’uomo, ad ogni uomo.

 

 

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