STORIA DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI A POMPEI

Elsa Ippolito

L’imperatore romano Alessandro Severo appartenente alla dinastia dei Severi, durante il suo regno (222- 235 ) fece fare degli scavi  nella zona dove sorgeva l’antica Pompei.  Presto l’impresa venne abbandonata a causa della fitta coltre di ceneri  e lapilli, che ricopriva il terreno. Nel 1553 Muzio Tuttavilla, conte di Sarno,  acquistò il feudo di Torre  Annunziata e per poter alimentare i mulini del luogo, decise la costruzione di un canale per sfruttare le acque del fiume Sarno. L’architetto  Domenico Fontana, incaricato dei lavori   nel 1592  rinvenne  nello scavo monete e resti di edifici,  tuttavia non capì che si trattava dell’antica città romana. Il terremoto del 1631 interruppe gli scavi. Successivamente il principe d’Elboeuf  trovò  da un antiquario dei marmi antichi che erano stati rinvenuti da un contadino nel suo  campo, fiutando l’importanza dei ritrovamenti   decise di comprare il campo e scavare, venne così alla luce Ercolano. Altrettanto casualmente è stata ritrovata Pompei. È stato Carlo III di Borbone ad incaricare l’ingegnere Roque Joaquin de Alcubierre di aprire un cantiere di scavo nella zona di Civita. Furono trovati materiali ed oggetti preziosi, ma non si dette valore agli aspetti urbanistici e si credette che appartenessero a  Stabiae. I reperti furono inviati a Napoli e costituirono il primo  nucleo del Museo archeologico. I ritrovamenti resero famosa  Pompei  che divenne una meta obbligata del Grand Tour.  Nel 1787 giunse a Pompei J.W.Goethe che così descrive le rovine della città: « Con la sua piccolezza e angustia di spazio, Pompei è una sorpresa per qualunque visitatore:strade strette ma diritte e fiancheggiate da marciapiedi, casette senza finestre, stanze riceventi luce dai cortili e dai loggiati attraverso le porte che vi si aprono; gli stessi pubblici edifici, la panchina  presso la porta della città, il tempio e una villa nelle vicinanze, simili più a modellini e a case di bambola che a vere case. Ma tutto, stanze, corridoi, loggiati, è dipinto nei più vivaci colori: le pareti sono monocrome e hanno al centro una pittura eseguita alla perfezione, oggi però quasi sempre asportata; agli angoli e alle estremità, lievi e leggiadri arabeschi, da cui si svolgono graziose figure di bimbi e di ninfe, mentre in altri punti degli animali domestici sbucano da grandi viluppi di fiori». Carolina Bonaparte , sorella di Napoleone e moglie di Gioacchino Murat  re di Napoli tra il 1808 ed il 1815 dette impulso agli scavi e fece realizzare per la prima volta una descrizione dell’intera area in modo da continuare i lavori in modo sistematico. Il ritorno dei Borboni causò il fermo degli scavi ed un utilizzo meramente estetico e per il  prestigio regale  dell’area  archeologica. Il re Francesco I ed i suoi successori dettero  qualche impulso  alle ricerche, ma l’organizzazione scientifica dei lavori avvenne soltanto con l’Unità d’Italia. Giacomo Tascone curò la prima mappa dell’intera area ed un plastico 1:100. Nel 1875 il complesso delle rovine di Pompei fu affidato alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Regno.

 

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