IL 25 NOVEMBRE PER DUE GRANDI ITALIANI IN USA

Carmelo Fucarino*

Certe coincidenze del calendario sono strabilianti e il 25 novembre lo è senz’altro. In questo giorno fatidico ebbero la nascita due italiani, geniali e fortunati, legati dalla fama unica ed eccezionale che godettero in USA. Il primo nacque a Martinez, nel 1914 (morì ad Hollywood l’8 marzo 1999), da genitori partiti da Isola delle Femmine, borgata marinara di Palermo, e divenne l’idolo acclamato di uno sport, prettamente americano, il baseball statunitense, sconosciuto allora in Italia, caso raro assieme a altri due fratelli, con un medagliere unico nella storia dello sport, con il record di 56 partite consecutive con almeno una valida battuta (15 maggio-16 luglio 1941). Per tredici stagioni giocò nella Major League Baseball con i New York Yankees, vinse nove volte la World Series, partecipò a tredici All Star Game e fu nominato tre volte MVP. Nel 1955 fu iscritto nella National Baseball Hall of Fame. Nel 1969 fu allenatore degli Oakland Athletics nel centenario della nascita del baseball. Un sondaggio lo laureò “Miglior giocatore di baseball vivente”. La sua fama rifulse ancor di più per gli anni di matrimonio con la prima vera star e diva del cinema di tutti i tempi, la sventurata nelle travagliate vicende umane della sua infanzia e nella tragica morte oscura, la divina Marilyn Monroe. Di lui Isola delle Femmine celebra la nascita con una preziosa mostra che si terrà nel Museo a lui intitolato.

L’altro mito americano, “la leggenda di una voce” (film con Ermanno Randi e Gina Lollobrigida, 1951), nacque invece il 25 novembre a Napoli, ma anni prima, nel 1873, e a Napoli tornò per morire (Sorrento) il 2 agosto del 1921. È di Enrico Caruso che vogliamo qui dare dei semplici flash della sua vita avventurosa ed eccezionale, data la complessità e ricchezza delle sue mirabolanti vicende, il suo girovagare per il mondo, il numero delle sue presenze teatrali e dei suoi interventi canori, che comportano decine di pagine. I genitori da Piedimonte d’Alife nella Terra di Lavoro cercarono fortuna più modestamente a Napoli, il padre Marcellino come operaio metalmeccanico, la madre Anna Baldini come donna di pulizie. Già a dieci anni dopo le elementari nella fonderia assieme al padre, si predisse di lui un radioso futuro nel disegno e nell’officina ancor giovanetto progettò fontane. Ma il caso volle che due maestri di musica si incantassero della sua voce. Morta la madre nel 1888 di tisi, come di uso cominciò a cantare nel coro della chiesa e poi in piccoli spettacoli teatrali. Fu nell’estate 1891 che, durante il canto corale da contraltino in un funerale, per altri come posteggiatore allo stabilimento balneare Risorgimento, lo sentì cantare il baritono Eduardo Missiano, che lo presentò al maestro Guglielmo Vergine. Questi gli diede lezioni al compenso del 25% dei guadagni con un contratto quinquennale. Chiamato al servizio militare, ottenne il congedo per continuare a studiare. Esordì nel marzo 1895 con il compenso di 80 lire per quattro spettacoli. Così cominciò la sua carriera, prima esibizione estera al Cairo con 600 lire per un mese. A Livorno sposò la soprano Ada Giachetti, amore di undici anni con due figli, finito con la fuga di Ada con l’autista e la di lei condanna al carcere per estorsione. Il vero battesimo lo ebbe con L’Arlesiana di Cilea e l’acclamazione per il sentito lamento di Federico. E di seguito le recite in Russia, a Lisbona, al Covent Garden di Londra, a Buenos Aires.

Per Palermo l’occasione eccezionale, l’inaugurazione il 16 maggio 1897 del Teatro Massimo con il Falstaff. Poi La Scala fino alla sventurata recita nel 1901 di L’elisir d’amore al San Carlo di Napoli per tre mila lire a recita. Forse l’emozione, forse una campagna avversa, – sul quotidiano Il pungolo, fu accusato di non aver cantato al meglio e soprattutto di avere una voce più intonata al registro di baritono che di tenore. In effetti si dice che avesse una voce poco potente, “corta”, con incrinature negli acuti e difficoltà nel “la” naturale che lo avvicinava al baritono, ma il fascino stava nella particolare dolcezza di timbro e di vibrazioni intense, che purtroppo le registrazioni non sono riuscite a trascrivere le particolarità del timbro per difficoltà tecniche degli strumenti dell’epoca. Eppure pur con l’identica realtà di ambiguità di registro Placido Domingo non ha mostrato simili esasperate reazioni, né ha ricevuto alcuna critica. Ma altra era la tempra di Caruso, passionale nella vita quotidiana e sulle scene, dote che nonostante i difetti della voce e pur con i celebri acuti lo ha reso il divo per eccellenza di tutte le epoche della lirica, l’idolo delle platee osannanti in delirio. Fu tanto lacerante per lui la critica che giurò che non avrebbe più cantato a Napoli e in nessun altro teatro italiano. Dopo un passaggio alla Scala nello stesso 1901 con Le maschere di Mascagni, diretto da Toscanini e al Comunale di Bologna, già nel febbraio 1902 è al teatro del Casino di Montecarlo con la primitiva La vie de bohéme di Puccini. Nel novembre 1903 accetta il contratto al Metropolitan di New York e debutta con Rigoletto, che parte con il piede giusto, con la richiesta del celebre bis di La donna è mobile. Da allora e per un ventennio rimase l’idolo degli appassionati di lirica di America. In ricordo delle recite al Metropolitan, commissionò da Tiffany&Co. la medaglia in oro 24 carati col suo profilo, da regalare agli amici. E se lo poteva permettere dati i suoi faraonici ingaggi, tra invidie e congiure, non escluse però anche serate gratis per i suoi compaesani emigranti. La sua carriera fu inarrestabile ed eccelsa, la celebrità favorita dall’invenzione e del suo utilizzo dell’incisione su disco; registrò ben dieci dischi per l’inglese Gramophone. La versione registrata di Celeste Aida del 1908 fu premiata nel 1993 con il Grammy Hall of Fame Award. E poi l’incisione delle ventidue canzoni napoletane e il furore mistico dell’appassionato Core ‘grato. Soltanto Luciano Pavarotti avrebbe più di recente, nell’era del “popolare”, capito la portata divulgativa e sociale delle “canzonette” e gli show televisivi con la travolgente e memorabile serata al Caracalla con Placido Domingo e José Carreras. Gli ultimi anni tra una laringite ipertrofica e le recite per beneficenze durante la guerra, il ritorno in Europa, all’Opéra di Parigi, alla Wiener Staatsoper e a Montecarlo, quasi sempre diretto da Arturo Toscanini, l’eccelso duo del primo ventennio del Novecento. Nel 1918 il matrimonio con la ragazza statunitense Dorothy Benjamin e la nascita di Gloria, nel 1920 la lunga tournée in Nordamerica e i sintomi della malattia: tosse e dolori intercostali, emorragia alla gola e la sospensione della recita. Era la pleurite infetta troppo tardi diagnosticata: il 2 agosto spirò a soli 48 anni in un albergo di Sorrento, che avrebbe ispirato Lucio Dalla per la sua canzone Caruso. Recitò al Metropolitan per 863 interpretazioni. Aveva confessato: «La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non hanno mai provato niente, non possono cantare.».

*L.C. Palermo dei Vespri

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