HISTORIA MAGISTRA VITAE? NUMQUAM

Carmelo Fucarino

Ossario della Crimea

Vorrei ritornare agli anni miei di insegnamento di italiano e storia, prima del mio passaggio a latino e greco, e delle mie narrazioni di un episodio decantato nel mito patriottico savoiardo come l’avvio della questione italiana, fino agli accordi segreti verbali di Plombiéres fra l’imperatore Napoleone III e la seconda guerra detta di Indipendenza. Così i libri di storia, ancora in epoca repubblicana, allevavano la mistica ottocentesca con padre Dante e il beato Manzoni e alzavano grandi encomi alla genialità del primo ministro del simpatico Vittorio Emanuele III al quale è dedicata la scuola in cui ripetevo la solfa della “entrata del Regno allora di Sardegna nel consesso europeo”. Così ancora si legge nel sito del MuseoTorino: «ll 10 gennaio 1855 il Regno di Sardegna accetta il trattato di alleanza franco-inglese per la guerra di Crimea contro la Russia. Il presidente del Consiglio Cavour considera l’intervento militare un’occasione per entrare a far parte del gioco politico europeo, e invia un corpo di spedizione di 15.000 soldati guidati dal generale Alfonso La Marmora.». Di europeo il “gioco politico” aveva solo Francia e Inghilterra che avevano dichiarato guerra il 27-28 marzo 1954 alla Russia. L’armata italiana è composta da 4 battaglioni della guarnigione di Torino. Così Cavour siede al Congresso per la pace a Parigi del 30 marzo 1856, e riesce a portare al centro dell’attenzione internazionale (?) la questione italiana. La Russia di Nicola I (peggior sorte a Nicola II con altra guerra e la rivoluzione di Lenin), aspirante all’egemonia sul Vecchio continente uscì sconfitta. Lo zar ebbe il tempo di morire e continuò la guerra Alessandro II. Perse comunque solo i distretti caucasici a favore, inconcepibile!, del nemico Impero turco, la Bessarabia passò al principato di Moldavia. La sconfitta peggiore fu la smilitarizzazione del Mar Nero. C’entravano come pretesto di Luigi Napoleone il controllo dei Luoghi Santi da parte dei cattolici. Anche allora  il 2 luglio 1853 l’esercito russo aveva attraversato il fiume Prut per occupare i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, udite, vassalli dell’Impero ottomano, che ripiegò senza combattere fino al Danubio, mettendo in allarme l’Austria. È una bella storia e invito a rileggerla per il mutamento degli equilibri europei, il massacro di Sinope di cinque mila turchi, la battaglia di Balaklava fino all’assedio di Sebastopoli, ed altre strabilianti similitudini. Nonostante per la prima volta l’impiego della Croce Rossa vi furono 256 mila morti, dai 30 ai 40 mila per colera e tifo, 128 mila per la guerra. Lo scrittore Iginio Ugo Tarchetti nel 1866 scrisse il romanzo antimilitarista Una nobile follia sul conflitto in Crimea. Nel cinema celebre il film americano del 1912 The Charge of the Light Brigade sulla battaglia di Balaklava, il fascismo nel 1936 lanciò La carica dei seicento e gli inglesi ancora nel 1968 si gloriavano di I seicento di Balaklava in concomitanza con l’attualità della guerra del Vietnam. Nel 1882 sul monte Hasford fu eretto un nostro ossario a forma piramidale, in località Kamari, distrutto dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale. I caduti, fra cui il La Marmora fondatore dei Bersaglieri furono due mila e cinquecento, la maggior parte per tifo e colera. Da Ivan IV Vasil’evič (1530-1584), noto come “Ivan il Terribile”, primo czar di tutte le Russie e Mosca Terza Roma, a Pietro Alekseevič Romanov, detto Pietro il Grande (1672-1725), con la campagna d’Azov e i tartari di Crimea e l’impero ottomano, siano czar, comunisti o dittatorelli il nemico dei paesi occidentali, ora degli USA soprattutto, è sempre la Santa o atea Russia. È la geopolitica per il governo del mondo e nulla c’entrano le ideologie, le formule di democrazia e libertà di decidere. Tutto ruota intorno al governo del cosmo, con vittime innocenti e pretesti inconsistenti da tutte le parti, nessuna esclusa. Meditate, genti, su quei confini maledetti, dalla campagna di Napoleone a quella di Hitler. E Palermo vi mostra ancora dal 1944 le rovine degli alleati, i ruderi ancora vergognosamente non rimossi e monito vivo per tutte le guerre. I nostri buoni palermitani fuggirono nei paesi dell’entroterra ospiti paganti di paesani arretrati, non avevano trolley e altri bagagli, forse le celebri valige di cartone degli emigranti. Non si parlava, vi assicuro, di traumi e di psicoanalisi freudiana, ma si ballava la sera con quel trombone con la scritta La voce del padrone. E gli aerei alleati sfrecciavano sopra le tegole di Prizzi. Sì, un contadino che si nascose sotto un albero, fu mitragliato da un liberatore, ma fu un caso di follia.

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